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Le notizie che arrivano dal Tibet sono ogni giorno più inquietanti. Siamo forse sull’orlo di una guerra civile nel Paese che ha vocato se stesso alla nonviolenza. Il Dalai Lama si è detto disposto a incontrare i leader cinesi, si è detto disposto a dimettersi da leader politico in contrasto con le frazioni che vogliono usare la violenza in Tibet, ha rifiutato di proclamare il boicottaggio dei giochi olimpici. Eppure il governo cinese parla di “cricca del Dalai Lama”.

Quando non si accetta il dialogo con chi da anni ripete che l’obiettivo è l’autonomia e non l’indipendenza, quando non si vuole trattare con chi ha fatto della nonviolenza il suo credo irriducibile, inevitabilmente si è indirettamente alleati dell’altra parte, quella che non crede alla nonviolenza. Ecco l’errore strategico dei dirigenti cinesi. Lo abbiamo visto anche in altri contesti.

Certo il popolo tibetano ha mille ragioni per ribellarsi. Ma esiste una strada nonviolenta, quella indicata dal Dalai Lama, che i cinesi hanno scientemente rifiutato di perseguire. C’è da sperare che lo facciano adesso ma non sembrano intenzionati.

Per questo le pressioni internazionali devono essere fortissime. Bene ha fatto il nostro governo (che ancora deve farsi perdonare per non aver ricevuto il Dalai Lama) a chiedere osservatori internazionali (mentre il governo cinese ha espulso i giornalisti da Lhasa). Bene, anzi benissimo, fa Gordon Brown ad annunciare che riceverà il Dalai Lama. La Cina dev’essere accerchiata, pacificamente accerchiata, deve sentire che questa volta è l’ultima volta. Deve essere costretta a sedersi ad un tavolo e trattare.

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Il governo italiano deve immediatamente agire affinché cessino le violenze a Llhasa e in tutto il Tibet, non solo richiamando il governo cinese al rispetto dei diritti umani ma agendo insieme all’Unione Europea affinché questi fatti siano puniti a livello internazionale.

Quanto sta accadendo è assolutamente inaccettabile  e richiede la più ferma, decisa ed efficace azione internazionale. La Cina non può ancora sfruttare il suo ruolo di membro permanente del Consiglio di Sicurezza dell’ONU per rimanere impunita.

Va da sé che la bizzarra idea del PD di rimuovere l’embargo della vendita delle armi alla Cina, come propose Romano Prodi, dovrebbe essere abbandonata.

Saggie le parole del Dalai Lama:

Queste proteste  sono una manifestazione del radicato risentimento del popolo tibetano sotto l’attuale governo. Mi appello ai dirigenti cinesi perché smettano di usare la forza e affrontino tale risentimento attraverso il dialogo con il popolo tibetano. Come ho sempre detto, l’unità e la stabilità ottenuti dalla violenza bruta possono al massimo essere una soluzione temporanea. E’ irrealistico aspettarsi unità e stabilità sotto un simile governo e questo non contribuirà a trovare una soluzione pacifica e durevole.

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Segnalo questa notizia, ricordando che il 10 marzo ci sarà una giornata di protesta per i diritti umani in Tibet www.italiatibet.org

Bjork choc: in Cina inneggia al Tibet

Silenzio sui media ufficiali di Pechino dopo la performance dell’eccentrica cantante islandese

SHANGHAI - Bjork inneggia al Tibet e sui blog cinesi scatta la polemica. Silenzio sui media ufficiali. Difficile trovare informazioni sulla cantante islandese sui principali motori di ricerca del web del Celeste Impero, dopo la sua performance di domenica allo Shanghai International Gymnastics Centre. (continua…)

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