(da Liberazione della domenica.19 luglio 2005)
Senza Tom. E’assurdo scriverlo, dirlo, pensarlo. Dodici mesi senza Tom. Quante volte, guidando la notte di ritorno dalla Puglia, mi sono detto: quanto sei stato stronzo! Ti dici le occasioni che hai perso, gli appuntamenti che hai rinviato, compresa l’ultima telefonata sabato 19 giugno. Ero a Tremiti, con mia figlia, un week-end al mare. Tom mi chiamava per parlare del nuovo soggetto della sinistra. I miei doveri di padre mi hanno spinto a dirgli: sentiamoci dopo, quando avrai finito il dibattito. Era il suo ultimo dibattito. Chissà se lassù esiste un telefono a cui poterlo richiamare.
E’ normale, certo, sentirsi in colpa. Perdere un fratello è incredibilmente più atroce che perdere un padre o una madre. Tom era fratello: brother, come i neri americani che amava tanto (e di cui scrive nella splendida monografia su Martin Luther King, uscita postuma). Fratello di terra, non di sangue. La terra di mamma Italia, la nebbia tagliata col motorino, l’eskimo e la fiaschetta di grappa (no:forse di brandy). Incollare i manifesti, impaginare il giornale, cantare Dylan e i Rolling tradotti in padovano, e discutere per ore e ore, giorni e giorni. La terra divisa in tre settori –FGCI, autonomia operaia, Fronte della Gioventù- nella Padova maledetta della violenza. La terra di Comiso, denuclearizzata contro il potere che la armava. La terra dei palestinesi (?) e quella degli israeliani, a Time for peace. La terra dei campi di solidarietà con gli immigrati del pomodoro, tra Caserta e Foggia. La terra di Sarajevo, di là e di qua dal fiume. E quella tra il Tigri e l’Eufrate.
“Nostra patria è il mondo intero, nostra terra è la libertà”. Tom era questa canzone. Si è detto e scritto, dopo la sua morte: era buono, metteva d’accordo tutti, univa. Doti vere, e un po’ lo invidiavo per la sua seraficità. Ma non era ecumenico. Era uomo di strada, di lotta, di parte. Sapeva mangiare la polvere, ne conosceva il sapore e l’impasto. Sulla strada, nella lotta, dalla parte. Così è stata la sua esistenza.
Ma ci ha lasciato un problema grandissimo: l’intento di provare a riempire quel grande vuoto che, dopo Genova, si era spalancato, soprattutto per una giovane generazione. Non mi esercito a pensare cosa Tom avrebbe detto, scritto, sentito di quest’Italia fragile di mezzo 2005. Del referendum fallito, degli assurdi e indecenti agguati nel centrosinistra, e soprattutto di tanti uomini e donne che, dopo la stagione più alta dei movimenti, si sentono di nuovo più soli. Mi sono domandato, da quel giorno dell’anno scorso, cosa dico io, cosa scrivo io, cosa sento io. Ho trovato la forza per liberarmi da antichi riflessi, e per riflettere meglio oggi. In tanti e in tante dobbiamo provare a mettere su la casa che anche Tom voleva, nella quale sentirci bene, sentirsi cioè sé stessi proprio perché si è fratelli degli altri. Gabriele, Camilla e tanti altri bambini hanno diritto che lasciamo loro –a parziale risarcimento del futuro che abbiamo sottratto, delle ingiustizie, dello smog, dei diritti negati, delle guerre- una casa in cui sentirsi fratelli e cittadini.
Pietro Folena
20 giugno 2005 alle 14:39
Anche a me manca Tom ed ogni giorno la colomba di Staino appesa nel mio ufficio perde una lacrima
21 giugno 2005 alle 6:44
Un anno dalla morte di Tom Benetollo.
Dieci anni dalla morte diversa, per quanto può essere diversa una morte, di Alexander Langer.
Questo Paese, il paese della selezione al ribasso della classe politica, è più povero e solo.
Un grazie a Pietro Folena per avermi fatto fermare a riflettere.
Francesco Lauria
28 giugno 2005 alle 11:15
Grazie per queste parole, davvero toccanti.
Il nostro impegno parte proprio da questi bambini, ad agosto nascerà il mio secondo figlio.
Ho intenzione di raddoppiare quindi le ragioni del mio impegno per una sinistra grande forte e soprattutto capace di realizzare un mondo più giusto.
In questo mio impegno le idee che sai esprimere te e che esprimeva Tom Benetollo sono luci che illuminano la nostra strada verso un nuovo futuro.
28 giugno 2005 alle 16:06
Ci manca un grande compagno, amico e cultore della pace.
Un abbraccio a Tom da un Compagno di Santa Fiora GR a lui tanto cara…
Riccardo ciaffarafà
6 luglio 2005 alle 12:06
Segnerà sicuramente molte vite, da noi arrivò come il Presidente dell’ARCI e noi eravamo intimoriti. Se ne andò come il compagno Tom, questo è quello che sognamo…ciao Tom