

Il nuovo che avanza è molto vecchio
Scritto da: Pietro Folena in Diario, EuropeiGlobali, Politica nazionaleQuando mi sono iscritto alla FGCI -non venivo da una famiglia comunista, e i miei fratelli erano più a sinistra del PCI-, ho cercato l’indirizzo sull’elenco telefonico e, col cuore in gola, ho suonato al campanello. Sono entrato in una comunità, una specie di famiglia, che ha accompagnato una parte importante della mia vita. Ci emozionava il Gramsci dell’Ordine Nuovo: “Agitatevi, perché avremo bisogno di tutto il vostro entusiasmo. Organizzatevi, perché avremo bisogno di tutta la vostra forza. Studiate, perché avremo bisogno di tutta la vostra intelligenza”.La mia è l’esperienza di tante di tanti: che sentivano e vivevano l’iscrizione come un atto importante della propria vita, una scelta libera, di parte, impegnativa. Ancora con dolore lacerante ho lasciato la tessera dei DS quando è stata fatta la scelta del PD; così come la tessera del PD, dopo anni vani di ricerca di strade nuove, l’ho fatta non a cuor leggero, pensando che -come oggi può succedere- questo debba diventare il nuovo grande partito della sinistra plurale.
Vedo già gli specialisti della “modernità” e del “nuovismo” alzare le spalle. Cose vecchie, ottocentesche. Michele Emiliano addirittura propone di abolire gli iscritti! Certamente: aver permesso l’iscrizione fino al momento della votazione, in un partito che elegge il suo segretario facendo votare chiunque passi per strada, in cambio di due euro, è già una scelta figlia della convinzione medesina che oggi esprime il simpatico sindaco di Bari, e che ha dominato in questi anni. A guardare la vergogna di alcuni spettacoli nelle ultime settimane, la voglia di abolire il tesseramento, questo tesseramento viene.
Ma dopo, domando, cos’è il Partito? Un tram affollato ai Congressi e deserto quando non si vota? Un popolo di teledipendenti che devono osannare il leader più “cool”, scelto e appoggiato da gruppi economici ed editoriali che fanno e disfano le scelte politiche? Un nuova Baronia mediatica, simile alle vecchie baronie in cui si era servi, prima delle grandi rivoluzioni democratiche che hanno aperto l’epoca contemporanea? Come in altri casi -penso alla distruzione del diritto del lavoro, propugnata dai tardo-blairiani nostrani, o all’orazione anti-pensionati e anti-sindacati fatta dal maitre à penser della finanza virtuale Davide Serra- la modernità che si propugna è in realtà molto arcaica e primitiva.
Non sarà che il problema è l’opposto? Quello di dare nuovo senso, nuovo potere, nuovi diritti e anche nuovi doveri a chi si iscrive al Partito, e quello di ricostruire una comunità di donne e uomini che faccia propri valori di gratuità, di amicizia, di comunità, e, perché no, di amore per l’Altro?
Si dice che bisogna fare come in Gran Bretagna, dove non ci si iscrive al Labour Party. Il Partito Laburista ha una struttura federale, che non prevede una forma di iscrizione personale dei suoi sostenitori al partito federale, ma l’adesione alle organizzazioni “affiliate”: i partiti laburisti locali, uno per circoscrizione elettorale (constituency Labour parties), i sindacati affiliati al partito, il Partito Parlamentare Laburista e le associazioni socialiste, come la Fabian Society, che hanno il diritto di inviare i propri rappresentanti ai congressi annuali del partito. Si vuole proporre questo modello? Sarebbe un’ipotesi seria, ben diversa dagli spettacoli visti in queste settimane, o dalla caricature del mondo anglosassone che i liberisti de noantri ci propongono un giorno sì e l’altro pure.
Ecco, vorrei che dalle polemiche recenti scaturisse non tanto una valanga di ricorsi sul tavolo di Luigi Berlinguer, che guida i garanti del PD, ma una seria riflessione sull’allarme suonato in questi giorni, e sul bisogno di scrivere in modo democratico e partecipato uno statuto degno del nome di questo partito. E, se è lecito, rispettoso della storia della partecipazione e della militanza politica di milioni di persone, che vengono dalle tante famiglie della sinistra italiana.
5 novembre 2013 alle 17:56
Caro Pietro, la mia storia è molto simile alla tua, ho lasciato i DS da segretario a un congresso dove ho visto entrare elettori tesserati nell’atrio del cinema dove stavamo tenendo il congresso, però se stiamo ancora qua a parlarne è perchè abbiamo abbandonato il contenitore ma non le idee condivise, le battaglie condotte per un ideale di mondo migliore, mentre quelli che vogliono abolire gli iscritti facevano carriera altrove, mentre il sistema che difende i nuovi leader ci dava addosso. Tu pensi ci sarà una ribellione che torni ai avlori? Io me lo auguro ma non sono così fiducioso. Ciao al prossimo post
5 novembre 2013 alle 18:26
Veramente nel Labour inglese c’è l’iscrizione personale. Per il resto ottimo articolo.
5 novembre 2013 alle 19:02
Caro Pietro, l’ultima mia tessera portava stampata la faccia di Enrico Berlinguer, perciò la mia storia di tessere si ferma al PCI. Non ho mai aderito ai DS e men che meno al PD, alle cui sorti mi interesso come si fa ai casi dei parenti stretti di cui però non si condivide nulla: ti fanno solo incazzare. Che dire? hai ragione su tutta la linea. A me piace molto il documento di Barca. Tu cosa ne pensi?
6 novembre 2013 alle 9:27
Caro Pietro,
la mia seconda tessera della FGCI portava la tua firma, sono stato attivista del Partito per molti anni, poi come Te, osservando il modo tutto siciliano di fare politica di sinistra, mi sono allontanato dalle sue strutture preferendo il ruolo di “libero pensatore di sinistra” .
Ebbene, dopo tanti anni di vedere solo sconfitte figlie di settarismi che ci hanno portato a dover scendere a patti perfino con il diavolo (B), MI SONO STANCATO DI PERDERE e alle prossime primarie voterò Renzi !
Nulla contro gli altri aspiranti, anzi ! , ma vogliamo prendere atto che da soli andiamo incontro tuttalpiù ad una mezza vittoria, dovendo poi fare i conti con chi ci ha rovinato ?
6 novembre 2013 alle 13:11
condivido in pieno quanto esprimi. Proprio stamane mi sono imbattuto in una conversazione su Fb in cui è intervenuto Stefano Ceccanti. Penso che questo tema sia il punto centrale del prossimo congresso: se chi “comanda” sarà chi vince oppure se gli iscritti e gli “organismi dirigenti” eserciteranno un ruolo di riequilibrio. L’idea di un soggetto spogliato di iscritti e privo di organismi dirigenti, senza precisi riferimenti sociali (per scelta), una specie di una lista civica indistinta, non solo non mi appartiene ma è opposto al pensiero e al modo di intendere la politica che ho praticato negli anni. Se si andrà in questa direzione …
6 novembre 2013 alle 19:21
Un pò tutti quelli che hanno militato nella sinistra democratica(PCI) hanno sostanzialmente una storia e una provenienza comune, anch’io mi sono stato iscritto giovanissimo alla Fgci , con passione, dedizione e voglia di cambiare la società e lo stato, anni di autentica passione politica e di onesta oltre che intellettuale anche materiale. Cosa possiamo dire oggi sinceramente del Pd, che dal mio punto di vista non è affatto l’evoluzione del Pci ?…..Il Pd oggi non è molto diverso dai partiti attuali così concepiti ed organizzati, esso non è neppure un partito autenticamente di sinistra, ha mescolato storie e provenienze lontane dalla tradizione non dico comunista che mi sembra evidente e palese ma di una moderna sinistra che fonda il suo divenire nella difesa della classi sociali meno ambienti e oppresse ed emarginate dalla mancanza di lavoro e dalla disumana emarginazione. Il Pd appare oggi quello che un tempo chiavavamo partito della borghesia, al servizio del capitale e oggi più che mai delle banche e della finanza. Se il Pd cambia la sua impostazione politica e direi persino culturale allora mi iscriverò di nuovo ad un partito. Pietro Folena è un’ottima persona con idee assai chiare e condivisibili, come quelle esposte in questo scritto, con persone come lui potrei ritornare a fare politica militante e attiva. Ma se il partito democratico va in mano a Matteo Renzi rimango dove sono.
7 novembre 2013 alle 11:32
Sono d’accordo interamente con il contenuto del post. Sono stato iscritto ai DS, e ora sono iscritto al PD. Voterò quasi sicuramente per Civati. Ma dopo queste primarie, io credo che quelli che la pensano come noi dovrebbero guardarsi negli occhi e chiedersi seriamente se varrà la pena continuare a stare nel PD, e se non sarebbe più utile portare il proprio impegno e la propria passione politica in un posto migliore, dove non siano continuamente umiliate. Per essere esplicito, io ho in mente SEL, ma non ho certo la ricetta pronta per tutti. So solo che, personalmente, in un partito che fosse il comitato elettorale di un candidato premier io non potrei stare; e a maggior ragione se il candidato corre dietro alle sirene liberiste come Renzi.