Oggi sull’Unità è uscito questo articolo del Laboratorio Politico a firma congiunta Folena,Gentili,Ghezzi

Abbiamo un grandissimo dovere, come sinistra e come democratici: quello di produrre speranza. Il mondo occidentale, l’Europa e l’Italia in particolare sono entrati in un lungo periodo di difficoltà. La sfiducia e la depressione rischiano di prendere piede.

Produrre speranza vuol dire prima di tutto chiarire le responsabilità della crisi. Il voto amministrativo ha detto che le destre non raccolgono più la fiducia di gran parte del proprio elettorato; che il PD, pur flettendo, rimane un punto di riferimento per il cambiamento e che la protesta e la sfiducia sono un fenomeno radicato ed in cerca di nuova rappresentanza politica, come ci segnala il successo del movimento 5stelle. Come è già successo in situazioni di transizione la parte più sporca del potere, fatta di forze occulte, mafiose e reazionarie, gioca la sua partita, anche in modo violento, per impedire uno sbocco democratico. La sfiducia contro i partiti e la politica è allarmante.

Il paese, quindi, è in forte sofferenza economica e sociale, è in fermento e nello stesso tempo riesce a dare prova di grande solidarietà e partecipazione di fronte al dramma del terremoto delle terre emiliane. Il paese è di fronte ad un bivio. Non si può aspettare il 2013 per agire sul terreno sociale e politico.

Nelle condizioni degli ultimi mesi, il Governo Monti ha esaurito la sua funzione. Vanno rivisti gli accordi europei, corrette le scelte più inique e vanno assunte celermente politiche per la ripresa perché il lavoro, i redditi, le crisi industriali, l’accessibilità al credito, la drastica riduzione del precariato giovanile, gli esodati, la tutela del territorio, la possibilità per gli enti locali di intervenire nell’economia locale, la crescita della domanda interna sono le prime e immediate misure da prendere contro la recessione. .Si può pensare di far durare la legislatura solo se le condizioni politiche cambiano, e se si crea una nuova maggioranza senza le destre e il blocco elettorale che esse rappresentano, che oggi appare frammentato, smarrito e indeciso sul che fare. Solo se, nello scorcio finale della legislatura, si avviano politiche di crescita, di coesione sociale, di concertazione, di ripresa del dialogo con le parti sociali. Così fu per i Governi tecnici degli anni ‘90, che prepararono le condizioni per l’aggancio dell’Italia all’Euro. Il Governo Monti, invece, ha ricercato in questi mesi, a più riprese, la rottura col sindacato e con le parti sociali nel nome dei mercati e della religione della Banca Centrale Europea.

Se queste condizioni di cambiamento invece non ci fossero, tenere il Partito Democratico in un limbo, nel quale paga i prezzi delle scelte del Governo, senza poter indirizzarne l’azione verso obiettivi di giustizia sociale e di eguaglianza, sarebbe un errore esiziale un danno per l’Italia. Candidarsi ad aprire anche in Italia una fase nuova, con François Hollande Presidente in Francia, è oggi più realistico di prima. Ma per farlo occorre che su un programma chiaro gli italiani siano allora chiamati a decidere, anche prima dell’inizio del periodo del semestre bianco.

Occorre leggere e interpretare il malessere e le ansie degli italiani, per offrire loro una alternativa realistica e radicale.

Il rapporto del PD con la società va cambiato profondamente. Va marcata, con i fatti, la nostra diversità dagli altri partiti in quanto luogo trasparente e di persone oneste, partito della partecipazione attiva sulle scelte politiche e che finalizza prioritariamente la sua azione alla definizione di un programma per la ricostruzione dell’Italia. Sui territori serve, non un’aggregazione di correnti, ma un partito unitario, gruppi dirigenti autorevoli in grado di interloquire, organizzare e partecipare, con il rispetto necessario, ai movimenti non violenti per il lavoro, i diritti, la ripresa economica.

Pensare che si possa risolvere il problema di conquistare la fiducia e la rappresentanza politica di milioni di persone e di conquistare al cambiamento degli orientamenti dei gruppi intermedi e delle forze dirigenti della società civile aspettando il 2013 e nel frattempo discutere di alleanze in astratto, di liste civiche (magari selezionate da qualche grande editore: è un film già visto), di candidati, di primarie/plebiscitarie e senza regole, ci pare semplicemente assurdo e dannoso. La prossima riunione della Direzione del PD dovrà dare risposte chiare e semplici sulla “road map” per uscire da questa situazione.

La nostra proposta, quindi, è chiara: o si cambia, spostando a sinistra l’asse del Governo, o è meglio votare. E il PD deve nell’estate dar vita ad un evento -un Congresso tematico, una grande Assemblea partecipata- sulla questione morale, sull’apertura ai movimenti e alla società, sul rinnovamento della politica.

Pietro Folena Sergio Gentili Carlo Ghezzi Laboratorio Politico

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