Dall’Unità di oggi
Il 90° anniversario della nascita di Enrico Berlinguer è l’occasione per tornare sulla questione morale e il rinnovamento della politica, che ho sempre considerato la più importante eredità che ci ha lasciato questo grandissimo leader del ‘900. Ne “I ragazzi di Berlinguer” (Dalai editore) ho cercato di ricostruire le ragioni per le quali un’intera generazione divenne comunista: perché Enrico Berlinguer era segretario, e incarnava, con la sua sobrietà, col suo stile di vita, con la sua accurata ricerca di parole sempre dense di significato, un’idea di politica alternativa rispetto a quella arrogante che trasmetteva il Potere, soprattutto quel Potere che agli inizi degli anni 80, col pentapartito, strinse una gabbia sulla società e sul suo bisogno di libertà e di protagonismo. Tutti ricordano la sua magistrale intervista a Eugenio Scalfari.
Non si può avere una visione edulcorata o buonista di Enrico Berlinguer. Egli fu osteggiato -dalla stessa definizione di “questione morale” alla proposta di un radicale rinnovamento del Partito e della politica fino alla linea dell’alternativa democratica, com’è documentato negli archivi della Direzione del PCI- da una parte del Partito, custode (sulla destra, la componente migliorista, e sulla sinistra, quella filosovietica) di un’idea più tradizionale del Partito, più diffidente rispetto all’interlocuzione coi movimenti -a partire da quello femminista fino al nuovo ambientalismo che allora cominciava a prendere forma- e con le tematiche innovative di cui essi erano portatori. La FGCI degli anni ‘80 accompagnò prima queste scelte di Enrico Berlinguer e poi, dopo l’84, raccolse l’eredità di questo suo lascito.
In realtà con questa parte del pensiero e dell’opera di Berlinguer non si sono fatti i conti. E’ passata l’idea, nella vulgata degli anni ‘90 e poi anche nel momento della fondazione del Partito Democratico, che l’unico Berlinguer da rivendicare fosse quello del compromesso storico e dell’incontro, mai compiuto, con Aldo Moro. Vorrei dire che si è un po’ abusato del vezzo tipico della sinistra italiana di tirare la storia alle proprie contingenti convenienze. Intendiamoci. Vedo una relazione tra il compromesso storico e la questione morale: non chiedo che si faccia un’operazione speculare a quella compiuta nell’ultimo ventennio. La relazione, tuttavia, non sta nella proposta di alleanze politiche; sta nei contenuti della politica e nei caratteri della società nuova per cui Berlinguer intendeva operare: un diverso modo di consumare e produrre (“perché, cosa, come produrre”), il rifiuto della violenza e della guerra come soluzione dei problemi, una nuova idea della libertà delle donne, un uso umano delle nuove tecnologie, un’idea diversa della politica. Su questi punti Berlinguer propose un riorientamento del programma fondamentale del PCI, che così faceva sue tante istanze provenienti dal pensiero religioso, soprattutto di quello cristiano sociale, e da una critica umanistica al capitalismo. Berlinguer, già nel corso del periodo in cui si venne logorando la stagione della solidarietà nazionale, cominciò a guardare con occhi nuovi a quello che si muoveva fuori dal Partito e dalla politica.
Proprio oggi, quando il PD è impegnato in una transizione politica, ed esplode una nuova questione morale che, goccia dopo goccia, è stata scavata trasversalmente nel ventennio berlusconiano del conflitto di interessi e della privatizzazione della politica, si tratta di riflettere sulla lezione di Berlinguer: sulla necessità di aprirsi alla società, al mondo del lavoro, e di connettere la transizione politica alla transizione sociale. Questa è l’epoca in cui un diverso modo di produrre e di consumare si impone come necessità non di un’élite, ma sentita a livello popolare, e soprattutto giovanile. Se in onestà si deve fare l’identikit di una parte dei militanti grillini, si trova soprattutto questa idea alternativa di organizzazione della società e della vita, e questo vale ancor più per i comitati e i movimenti che stanno ponendo all’ordine del giorno il tema dei beni comuni, a partire da quello dell’acqua.
Occorre un PD meno arrogante quando esercita il Potere, meno schiacciato sul Palazzo e più aperto e ricettivo nella società.
La lezione che ci lascia Enrico Berlinguer sulla questione morale e sul rinnovamento della politica può aiutarci davvero molto.