Da Lettera43 di oggi

La minestra è questa, e il PD deve mangiarla. L’alternativa di saltare dalla finestra non è nelle cose. Per un grande partito popolare che si candida ad aprire una nuova stagione italiana, il suicidio, o la fuga non sono ipotizzabili. Se la può permettere, questa scelta, l’Italia dei Valori, che il Governo Monti l’aveva sostenuto obtorto collo, e che conta di lucrare sulle difficoltà del PD. Se la può, e forse se la deve permettere, la scelta di non mangiare la minestra, Nichi Vendola: facilitato dal non avere rappresentanza parlamentare, e premuto dalla dura opposizione che Paolo Ferrero, nel recente Congresso di Rifondazione Comunista, ha annunciato.

Il Partito Democratico, invece, soffre. Ma tra il sostegno al Governo, e il portare la croce e cantare, c’è una bella differenza. Sarebbe stato necessario, come abbiamo scritto su queste pagine, che prima della manovra -come ha fatto sul versante opposto Silvio Berlusconi-, Pierluigi Bersani avesse piantato delle bandierine insuperabili. La CGIL lo aveva fatto, senza equivoci. Quelle poste dal PD, a causa delle diversità di opinioni, in alcuni casi di natura strategica sulla natura della crisi e sulle vie d’uscita, sono state poche e sostenute con voce troppo flebile.

Se qualcosina si è ottenuto, dal troppo piccolo prelievo sui capitali scudati al bollo su prodotti e servizi finanziari, tuttavia si è ancora lontani dalla patrimoniale che molti ambienti, anche moderati, avevano suggerito. Per ciò che riguarda il patrimonio immobiliare, la prima casa per i redditi medio-bassi, o per chi sostiene il costo di mutui importanti -con le abitazioni di fatto di proprietà delle banche-, andava tutelata, e colpita in modo più significativo la grande rendita immobiliare. Così sulle pensioni, l’intervento tanto draconiano, che non distingue le tipologie di lavoro per il futuro delle pensioni di anzianità, e l’indicizzazione totale rimasta solo per le pensioni fino a 1000 euro -ora corretta, confidiamo anche nel decreto che sarà votato dall’aula, per quelle fino a 1400 euro-, l’impatto è enorme. E potremo proseguire, parlando della lotta ai privilegi e della riduzione dei costi della politica. Si annuncia infine un secondo tempo, di riforma del mercato del lavoro, che inquieta tutti, specie a fronte di annunci di queste ore, come quello di Fincantieri che annuncia la cassa integrazione generalizzata.

Ma, al di là dei singoli aspetti, ora il problema è -come ha sostenuto Stefano Fassina, responsabile economico del PD- come questo partito saprà rappresentare la voce che anima lo sciopero unitario indetto da CGIL, CISL e UIL per lunedì prossimo, e tante espressioni sociali che in questi giorni si sono fatte sentire.

Il Governo Monti è un governo liberale-conservatore che ha bisogno dei voti del PD e della sinistra. La dialettica, misurata e non estremista, che va animata, riguarda proprio la possibilità di rappresentare il mondo del lavoro in modo fermo. Tutto questo ha a che fare con la natura e l’identità del PD: il quale, senza rinnegare il proprio meticciato -tra culture socialiste, comuniste, cattoliche e laiche-, deve divenire compiutamente una grande forza progressista. Altrimenti la memoria torna al 76: quando, in pochi mesi, sostenendo con l’astensione un Governo di cui non faceva parte, la sinistra di allora bruciò la propria credibilità e vide sorgere un grande movimento di giovani in conflitto con la sua politica. Enrico Berlinguer, dopo quel movimento, iniziò a cambiare. Oggi, senza dei nuovi Berlinguer a disposizione, bisognerebbe cominciare a farlo prima, e non dopo, una rottura di fiducia.

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