Da Lettera43 di oggi

Non è che non veda i problemi del Pd -dice ieri Bersani alla direzione del partito-. Certo che ci preoccupano le uscite sul territorio, ma vorrei dire che ci richiama ad avere attenzione (leggi Veltroni, Fioroni Tonini, ndr) dovrebbe dire anche che hanno torto quelli che se ne vanno”. Domando: può il più grande partito dell’opposizione, candidato all’alternativa a Berlusconi, dedicare in questo momento un’attenzione tanto eccessiva ai propri problemi interni? Il Pd guarda il suo ombelico. E intanto il mondo esplode. Esplode la centrale di Fukushima, con la fusione del nocciolo del reattore 2. E chiama la politica a scelte lungimiranti su tecnologie e modalità di sviluppo che siano governabili dall’uomo, compatibili con la salvaguardia della specie. Esplodono i prezzi delle materie prime, dal petrolio – e non solo per la Libia- al caffè, con ripercussioni sull’inflazione e sulla vita quotidiana della gente. La politica non si occupa dell’aumento dei prezzi. Esplode tutto il mondo arabo, in una rivoluzione democratica e civile senza precedenti, non prevista, e forse neppure auspicata dalla politica. Esplode la Libia, sotto i colpi incrociati dei mercenari di Gheddafi e degli insorti appoggiati dall’aviazione della Nato. Esplode Lampedusa, con gli abitanti esasperati e i rifugiati trattati come animali: frutto malato del cumulo di ipocrisie che da anni segnano l’approccio governativo alle questioni dell’immigrazione; e la voce del Pd su questi argomenti è flebile e imbarazzata. Cambia la geografia politica di Germania e Francia – dai Grunen tedeschi a Marine Le Pen- e in Italia, al punto più basso dei consensi di Berlusconi non si riesce ad andare a elezioni anticipate.

Tutto questo, ed altro ancora, è solo un pallido panorama di fondo della direzione di ieri del Pd. Cosa dirà Tonini, come commenterà Sassoli, come si distingueranno Gero Grassi e Lucio D’Ubaldo. C’è poi Franco Marini, saggio, che non sopporta più il suo ex-sodale Fioroni. E potremmo continuare. La questione politica più rilevante, su cui si è aperta una discussione identitaria, è quella del rapporto con la Lega, come avevamo segnalato su queste pagine in occasione di una recente sorprendente apertura, su La Padania, di Bersani al Carroccio. Ora il segretario Bersani giura di stare dalla parte di Rosi Bindi, contraria giustamente ad ogni apertura in quella direzione. Ma il vicesegretario Letta invita Calderoli al Nord Camp organizzato da lui, con una definizione davvero originale e alternativa al nordismo chiuso della Lega, e il suo fido Boccia si pronuncia per un’alleanza strategica col partito di Bossi. Intanto il federalismo fiscale, col rischio di un definitivo scardinamento della progressività dell’imposizione fiscale, base della democrazia, è passato con l’astensione decisiva del partito di Bersani.

Di tatticismo si può morire: lentamente, per asfissia. Il Pd e l’opposizione avrebbero bisogno di grandi idee, di grandi valori, di aria pura, di ossigeno: non di queste manovre, condite da polemiche interne spesso prive di qualsiasi contenuto. Il Pd dovrebbe rappresentare un’ansia di una nuova generazione per un cambiamento fondato sui diritti, sul merito, sull’onestà. Oggi ci si accontenta di una scuola-quadri in cui si farà lo yoga in divisa. Nei vecchi partiti della sinistra della Prima Repubblica si studiava, ma non in divisa: quando però si apriva una competizione con gli avversari – come dall’altra parte Berlusconi ora insegna- si dimostravano combattività, personalità, senso di appartenenza. Tutte caratteristiche molto scarse, oggi. Ma, come recita un’imponente e incomprensibile campagna di comunicazione del Pd, bisogna andare “oltre”. Attenzione a non precipitare.

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