Da Lettera43 di oggi
In una parte della sinistra, in singolare sintonia con la Lega, è il momento dei documenti severi contro la guerra. Fino alla risoluzione dell’ONU, e all’intervento dei caccia francesi, i documenti erano rimasti nelle penne degli estensori. Ora invece scatta la campagna: né intervento militare né Gheddafi. Sinistra, ecologia e Libertà , e Nichi Vendola, si distinguono in questo impegno. Molte ragioni che si leggono nei documenti sono nobili, e in astratto giuste: la guerra non risolve i problemi, non bisogna aggiungere vittime civili a vittime civili, alla domanda di democrazia non si risponde con le bombe. Ma in concreto bisogna rispondere ad un’altra domanda, per chi è¨ contro la guerra: come faceva l’ONU a fermare l’ingresso, che stava per avvenire, delle truppe di Gheddafi dentro Bengasi? Con l’appello al cessate il fuoco? Con l’azione diplomatica? Tutti sanno che, com’era già successo in villaggi e piccole città riconquistate dalle truppe del dittatore, ci sarebbe stata una strage, in una grande città come il capoluogo della Cirenaica moltiplicata all’ennesima potenza. Dal 17 febbraio il regime, prima coi mercenari, poi riorganizzando l’esercito ha represso con una ferocia inaudita la ribellione democratica. Semmai l’Unione Europea, per le reticenze e le amicizie trasversali con Gheddafi, gli Usa, l’Onu hanno rinviato all’ultimo momento utile ogni decisione, lasciando che sul terreno, in un mese, si distruggesse una parte della gioventù che ha preso le armi in mano.
Anche per un pacifista ci sono delle situazioni limite. A Srebrenica i caschi blu olandesi dell’Onu non ebbero il mandato ad intervenire, e si lascia sterminare la popolazione. La strage di Bengasi sarebbe stata una pagina nera per l’umanita , e avrebbe aggravato tutte le prospettive in Medio Oriente. Certo: occorre adoperarsi perché l’azione militare rimanga nei confini della risoluzione 1973 dell’Onu, perché impedisca il massacro dei civili, e perché non divenga altro. Non sarà facile, ma è¨ qui che gli sforzi vanno concentrati. E se Frattini per una volta dice una cosa giusta, e se l’Italia assume questa posizione, che è¨ nell’interesse nazionale, non si può che essere d’accordo.
All’epoca della guerra civile in Spagna, giovani da tutto il mondo si organizzarono per aiutare la Repubblica. La Società delle Nazioni era imbelle. Non c’erano altre vie. E se i giovani arabi, dal Cairo a Sanaa, da Tunisi a Damasco, dal Bahrein alla Libia prendono in mano il proprio avvenire, non sentiamo l’urgenza morale di fare qualcosa con loro, per loro? E all’ultimo, proprio nella città simbolo di questa resistenza , Bengasi, se sono dei jet francesi a impedire lo sterminio dei civili dobbiamo protestare? Se perfino lo sceicco Qaradawi, leader dei Fratelli Musulmani, sostiene che in Libia l’intervento internazionale è¨ da considerarsi necessario, chi è¨ di sinistra in Italia può arrivare a coltivare un sentimento di impotenza?
Proprio perché, all’epoca della guerra in Irak, siamo stati dalla parte giusta -come la storia ha dimostrato- oggi, con più forza, di fronte alla grande rivoluzione democratica araba, non possiamo stare dalla parte sbagliata.