Da Lettera43 di oggi

La senatrice Franca Chiaromonte, del Pd, da anni conduce una sua iniziativa per il ripristino dell’immunità parlamentare. La sua proposta – che fra l’altro, con il silenzio assenso del Parlamento, nel qual caso l’autorizzazione a procedere si intende concessa, renderebbe la norma trasparente – non è sospetta di strumentalità o di tatticismo nei confronti dell’offensiva scatenata sull’argomento dal premier in questi giorni, e quindi va rispettata. Non ho condiviso e non condivido questa proposta perché già oggi l’immunità tutela giustamente gli eletti per i reati di opinione commessi nell’esercizio della propria funzione. Tornare a prima del 93, per tutti i reati comuni, sarebbe un odioso e incomprensibile privilegio. Vale poco il richiamo di Cicchitto e di altri esponenti del Pdl alla Costituzione del 48: non solo perché quella norma nasceva in quel contesto storico -dopo il fascismo, i Tribunali speciali, la persecuzione politica degli oppositori del regime- ma anche perché la sua ratio fondamentale, come si spiega nei lavori preparatori della Costituente, era quella di tutelare la libera espressione politica e il pluralismo. Nella società di oggi, con una crisi della rappresentanza sempre più acuta -problema di tutte le democrazie-, privilegi non spiegabili per gli eletti non sono accettati socialmente. Vengono giustamente vissuti come presunzione di una casta che si sente legibus soluta.

Al contrario le posizioni favorevoli al ripristino dell’immunità da parte dei garantisti dell’ultima ora – da Violante a Fioroni a Sircana – appaiono dettate da una preoccupazione politica: quella di immaginare, in una situazione di crisi istituzionale senza precedenti in Italia e nell’Occidente (un capo del governo in carica a processo per prostituzione minorile e concussione), una soluzione politica. Se questi vent’anni berlusconiani in altre occasioni hanno dimostrato che una soluzione politica era una fantasia (basti pensare alla fine della Bicamerale proprio perché la sinistra non volle concedere a Berlusconi un pacchetto di leggi ad personam che egli chiedeva), oggi il solo pensiero è una sciocchezza. Berlusconi ha altri difetti -prima di tutto l’assenza di senso delle istituzioni- ma non quello di essere un pavido: oggi, nel suo momento più difficile e forse irreversibile, come i sondaggi raccontano, ha scelto di combattere con accanimento, se necessario anche contro l’evidenza, utilizzando una potenza di fuoco mediatico enorme e risorse finanziarie senza paragoni. L’offensiva verso Fini ha già prodotto risultati. Offrire una qualsiasi sponda a un Berlusconi con l’elmetto, in questo frangente è per le opposizioni suicida. Il rischio che il premier nella sua difesa possa compiere degli strappi istituzionali non lo si contrasta con proposte inaccettabili e indigeribili, come il ripristino dell’immunità, ma con una combattività altrettanto determinata, difendendo la Consulta, il Quirinale, l’autonomia della magistratura e gli equilibri tra i poteri dello Stato. E soprattutto facendo appello, con spirito patriottico, all’interesse nazionale e alla forza morale degli italiani e delle italiane.

Bene hanno fatto, anche se tardivamente, Bersani e Franceschini a sbarrare la strada alla proposta sull’immunità. Occorre però dare continuità a un’iniziativa che si occupi delle garanzie e dei diritti della gente comune, e non della casta. E che parli ai problemi concreti dei lavoratori, dei precari, dei giovani, preparando un’alternativa di qualità, e non un’ammucchiata unita solo dalla critica a Berlusconi.

Una Risposta a “Il Pd e l’immunità parlamentare”
  1. Leonardo scrive:

    Un’ analisi cristallina e necessaria, in tempi di compatibilismi ed equilibrismi. L’indicazione strategica per una Sinistra che rialza la testa e non offre scappatoie e time out all’avversario spero venga raccolta e diventi collante per un blocco politico (ed anche partitico) che operi, con la massima determinazione, per un progetto di governo del paese veramente alternativo.Grazie Folena.