Da oggi, con questo intervento, Terra di Nessuno approda a lettera43, nuovo quotidiano on-line.
Su La Padania, in prima pagina, campeggia un’ampia intervista a Bersani che apre alla Lega sul federalismo e sulle politiche dell’immigrazione. Le notizie sono due: una buona e una meno buona.
La prima notizia, buona, è che la Lega manda un segnale chiaro chiaro al premier. Non potendo più dissimulare l’imbarazzo per il caso Ruby, nel giorno in cui il Gip di Milano ha deciso sul rito immediato per Berlusconi sui reati di concussione e di prostituzione minorile, e constatando che, a fronte degli scandali, il federalismo nelle forme propugnate dalla Lega si trova in stallo, decide di sparare un Bersani in versione pro-Lega in prima pagina. Il premier deve riflettere bene. Non durerà una maggioranza che, numericamente, si sta persino espandendo dal 14 dicembre in poi, se la Lega non otterrà un successo politico visibile e indiscutibile. Tremonti è pronto, fa la sua campagna di immagine ( si pensi al viaggio dell’altro giorno in seconda classe coi sindacalisti per Reggio Calabria), e la crisi si avvicina.
La seconda notizia, meno buona, è che in nome di una finalità condivisibile – l’apertura della crisi, appunto, e le elezioni anticipate – Bersani fa una mossa tattica coraggiosa e persino spregiudicata (forse la prima della sua segreteria) ma, nel merito, confusa. Siamo due forze autonomiste, Lega e Pd, dice Bersani, e quindi possiamo davvero fare il federalismo. Ok. Ma quale? Il sacrosanto anche se tardivo no del Pd al federalismo comunale non può che alludere all’esplicita volontà di non distruggere l’Irpef e la sua progressività, già fortemente attenuata negli anni del neoliberismo. Un conto è l’autonomia territoriale, un altro la separazione tra territori creando disparità fiscali e di servizi inaccettabili. La scuola, la ricerca, le politiche per la maternità e per i servizi sociali e sanitari ed altri settori del welfare stanno già soffrendo oltre misura a causa del ridursi della sfera di spesa unitaria e nazionale.
E, aggiunge Bersani, sappiamo che la Lega non è razzista. Lo dice in una prima pagina aperta dal titolo “Travolti dall’orda”. L’orda sarebbero i disperati che arrivano a Lampedusa. L’orda chiama alla memoria gli unni o i selvaggi. Certo: la Lega non è razzista, ma tante volte i suoi dirigenti, o il suo giornale usano vocaboli dispregiativi se non razzisti. Se è giusto chiamare la UE alle sue responsabilità nell’emergenza di oggi, non si possono fare sconti alla fallimentare politica del centrodestra sull’immigrazione, cominciata con la Bossi-Fini, e portata avanti solo con l’obiettivo un po’ cinico di ottenere consensi sulla paura.
Ben venga il dialogo, allora. Ma non richiede né tatticismi né indifferenza sui contenuti. Richiederebbe al Pd e ai suoi alleati una fisionomia chiara e alternativa che purtroppo, nei giorni in cui il berlusconismo sembra all’epilogo, si stenta ad intravvedere.
15 febbraio 2011 alle 14:46
Se questo è quel che serve per far vincere nuovamente Berlusconi alle prossime elezioni, a meno che queste non si facciano col partito unico, è sicuramente un assist degno del miglior D’Alema. Non c’è niente da fare, questa nomenklatura stantia quando, come tu dici, è spregiudicata, cammina su terreni poco congeniali ed i risultati si vedono. Non riescono a far votare alle primarie neppure la propria base senza barare e con un altro paio di uscite come queste la via dell’astensionismo è garantita.
Vorrei proprio vedere con quale faccia Bersani direbbe a Borghezio: “mo te non sei mica rassista deh”. Beh, a dire il vero un’idea ce l’ho, sulla faccia intendo.
Marco