Da Epolis di oggi

Le polemiche nel Pdl delle ultime ore lasciano presagire un epilogo drammatico della vicenda che sta scuotendo il principale partito italiano negli ultimi mesi. Dal 19 luglio in poi -quando materialmente Fini, a Palermo, ha preso le distanze dagli uomini del suo partito sgraditi ai familiari di Borsellino e al complesso delle forze antimafia- la situazione è rapidamente degenerata, quasi fuori controllo. C’è un’opinione pubblica fortemente caratterizzata nella difesa della legalità a cui Fini e il suo gruppo hanno scelto di rispondere. Se così fosse davvero ancora nei prossimi giorni, la rottura finale sarebbe rapida e inevitabile.

Ora le dimissioni di Verdini dalla banca di cui è Presidente – non esattamente quelle che Fini e quell’opinione pubblica si aspettavano-, e l’incedere delle diverse inchieste in cui il coordinatore del PdL risulta indagato per fatti assai gravi, allargano il sisma della maggioranza. Scoperchiando la banca che i PM ritengono uno degli strumenti di un potere corruttivo, e rimanendo invece al Partito, Verdini – probabilmente mal consigliato da Berlusconi- fa un autogol clamoroso. Da un lato la crisi del Credito Cooperativo Fiorentino può avere conseguenze totalmente impreviste, dall’altro sarà impossibile resistere alla richiesta di dimissioni dal Partito. Dopo Scajola, Brancher e Cosentino si è fin troppo facili profeti a immaginare un esito analogo per Verdini. E anche la richiesta -reiterata con foga dagli ex AN passati con Berlusconi- di un intervento dei probiviri contro Granata (apertamente schierato coi magistrati antimafia) e contro lo stesso Fini appare un altro goffo autogol contro chi chiede più moralità e più trasparenza nel Partito.

Gli alleati del PdL, e cioè la Lega -sempre più padrona della situazione- non stanno a guardare: la polemica di Bossi contro Alemanno, proprio in un momento in cui il sindaco di Roma prova a partecipare alla difficile difesa degli uomini di Berlusconi, la dice lunga sulla protervia leghista e sul fatto che Bossi si sente come non mai il vento in poppa. Le sue dichiarazioni eversive sull’IVA e sull’Irpef ai Comuni, malgrado le smentite di Calderoli, confessano questo stato d’animo eccitato.

Ecco perché le opposizioni, attorno all’idea avanzata -pur in forme differenti- da D’Alema e da Casini, quella di un governo di transizione, devono muoversi con prudenza e con audacia: prudenza, perché in ogni momento si presentano fatti nuovi, e l’indirizzo delle inchieste in corso può subire rapide evoluzioni; audacia, perché per tornare a votare occorre che il paese abbia un’altra legge, si liberi da un bipartitismo coatto, e si realizzino alcuni interventi di redistribuzione e di giustizia sociale senza i quali l’Italia, davvero, finirebbe divisa, addirittura spaccata.


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