Da Epolis di oggi
“Ora l’iniziativa spetta ad Obama. Non tanto per fermare la falla – prima o poi ci si riuscirà-: ma per parlare alla sua gente, e al mondo di questo 11 settembre dell’ambiente, che richiede una risposta durissima e senza precedenti”. Lo scrivevamo su queste pagine lo scorso 31 maggio. Ora è il Presidente americano a proporre, come avevamo previsto, questa visione: «così come la nostra visione della politica estera si è rivelata vulnerabile ed è cambiata profondamente dopo l’11 settembre, penso che questo disastro cambierà il modo in cui penseremo all’ambiente e all’energia per molti anni a venire», ha detto Obama. Si sono scatenate polemiche, e il vice capo dei pompieri di New York, che ha perso un figlio nell’attentato alle Torri Gemelle, si è sentito offeso. Tuttavia non ci pare che il Presidente USA abbia dimostrato sottovalutazione del terrorismo: quello è stato un attacco deliberato, questo incidente non è stato voluto. Ma non si può non considerare un crimine contro l’umanità – pur di natura e di entità diversa rispetto a quello di chi mette una bomba o compie un massacro di civili – il comportamento di quelle compagnie private (petrolifere, ma non solo) che in nome del proprio profitto illimitato non hanno avuto senso della misura: hanno travolto ogni regola, infranto ogni legge (o con i propri potenti lobbisti fatto modificare leggi e cancellare vincoli che la politica aveva messo), e soprattutto non hanno pensato alle conseguenze delle proprie azioni. A come, per esempio, gestire un’emergenza come quella del Golfo del Messico. E’ lì che la politica ha fallito, lasciando tutto il potere ai grandi speculatori, spesso capaci di corrompere se non di comprare gli indirizzi di governo. Ecco perché il grido d’allarme, un po’ tardivo, di Obama è sacrosanto: ora si deve trasformare in un nuovo patto economico, sociale e ambientale che riduca quelle gigantesche rendite di posizione e dia forza alla transizione verso un modello meno inquinante e meno dispendioso di sviluppo e di civiltà. Ci piacerebbe sentire la voce del Governo italiano, e dell’Unione Europea – così silenti sulla catastrofe americana – al fianco del Presidente americano. Ma c’è purtroppo chi si attarda con pigrizia intellettuale e con scarso coraggio in una visione superata dell’economia e del mercato. Andrebbe invece ascoltata la voce di chi paga sulla propria pelle questi errori. E anche di chi, come Sally Regenhard, un figlio morto negli attentati, non si sente offesa da Obama perché «proprio come l’11 settembre, non c’erano piani per prevenire l’emergenza. Sono fallimenti del sistema di governo».
17 giugno 2010 alle 1:08
Ma non è l’Europa dimesso, rassegnazione, che non combattono l’egemonia della dresta (… Capitale, il Vaticano e il mercato azionario…) En mi Itañol, ¡Caro, Pietro!