Da Epolis del 23 marzo 2010

Non ci siamo arresi al cinismo, alla sfiducia, alla paura. Abbiamo provato che restiamo un popolo capace di grandi cose”, ha detto Barack Obama nel discorso con cui ha commentato la storica vittoria democratica al Congresso. E’ stata vinta ben più di una piccola guerra: quella che ha ucciso o gravemente indedolito centinaia di migliaia di cittadini statunitensi privi di un sistema sanitario universalistico. La grande guerra contro la sanità privata viene combattuta dai democratici americani fin dall’epoca di Teodoro Roosevelt, all’inizio del 900. Nell’ultimo anno tutto è stato giocato con l’intento di logorare e spaventare Obama, e portarlo a rinunciare alla storica riforma. Alcuni effetti questa campagna li ha prodotti, come si è visto dall’astensionismo nelle elezioni del Massachussets e dalla vittoria repubblicana. E’ per questo che il voto di ieri – per una riforma non radicale, come ha detto il Presidente, ma vera – può finalmente segnare la svolta della presidenza in cui hanno riposto tante speranze milioni di donne e di uomini di tutto il pianeta. Gli applausi europei a Obama – persino del centrodestra italiano – non appaiono solo tattici, ma raccontano di quanto la favola liberistica e privatistica rappresenti oramai un incubo per i popoli del vecchio continente.

E’ anche per questo che il segnale forte che nelle stesse ore giunge dalla Francia, con un aumento della partecipazione al voto, e la vittoria delle sinistre unite in tutte le regioni salvo l’Alsazia, sembra dirci che finalmente il vento occidentale, che spira dagli USA, è arrivato nel cuore dell’Europa. Non penso che le forze socialiste siano già pronte a raccogliere questa sfida, né che già esista quel pensiero forte e nuovo, progressista e umanista, senza il quale il pendolo della politica può anche girare, ma per poco. Nel cuore dell’Europa, e della nostra Italia così “gelatinosa” si covano paure profonde, e sentimenti retrivi e persino pericolosi per la convivenza civile. Compito della politica, di una politica democratica, dovrebbe essere quello di fabbricare la speranza e la fiducia, non la paura e il disimpegno. Occuparsi, con un impegno etico riconoscibile e intransigente, un po’ meno solo delle inchieste e della lettura quotidiana delle (pur sconcertanti nei contenuti) intercettazioni, e di più di salute, di lavoro, di diritti, di cultura. Chissà se – malgrado una campagna elettorale non bella – questo sentimento di speranza, come in Francia, come negli USA, farà capolino anche da noi domenica prossima.

Questa sera – ha detto Obama- abbiamo risposto all’appello della storia come tanti americani hanno fatto prima di noi”. Anche noi, come loro, non possiamo sfuggire alle nostre responsabilità, le dobbiamo affrontare. Anche noi non possiamo avere timore del nostro futuro.


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