Da Epolis di oggi

L’uso politico strumentale del fattore sicurezza tocca a Milano, in queste ore, le vette dell’indecenza. I partiti che da quasi vent’anni sono responsabili di tutto nella città e nella Regione, gli stessi che dal 94 ad oggi hanno governato per nove anni abbondanti con lo stesso premier e che hanno scritto e voluto la legge sull’immigrazione (la cosiddetta Bossi-Fini) in vigore dal 2003, anziché assumersi le proprie responsabilità organizzano una fiaccolata di protesta in via Padova, dove gli agenti di polizia, sottopagati e senza straordinari, già faticano a tenere gli animi tranquilli. Una parte di questi irresponsabili, al grido “tolleranza zero”, annuncia: li prenderemo casa per casa, porta per porta! Le proposte di rallestramento dei moderni feldmarescialli leghisti (gli stessi della scomunica contro il cardinale Tettamanzi) sono state stoppate dal leghista Ministro dell’Interno e dallo stesso Bossi.

Ma dove eravate, cari Signori del Governo, leghisti e non, in tutti questi anni finché via Padova degradava, e con via Padova tutte le vie, i rioni e i quartieri che, non conoscendo politiche di integrazione e di servizi, sono diventati ghetti, né più né meno di quelli delle grandi realtà urbane americane? Era più forte l’interesse per i nuovi grattacieli da costruire con l’Expo 2015, con la torta di appalti e di affari da spartirsi (magari, perché no, con la legge per i grandi eventi e la protezione civile, capace di garantire gli amici), che non la capacità di sporcarsi le mani difendendo la legalità dei tanti imprenditori, commercianti, lavoratori stranieri che onestamente si sono già costruiti un posto di rispetto nel PIL milanese e nazionale. Si è lasciato, sul modello americano e liberista (il cosiddetto melting pot) che gli egiziani vivessero solo con gli egiziani, e i peruviani solo coi peruviani, e i cinesi solo coi cinesi. Gli italiani non se ne occupavano, fino a che interi quartieri cambiavano etnia e cultura, e si accendevano i primi conflitti interetnici o religiosi. Si è parlato, in questi anni, tanto male della Francia, delle sue banlieues, luoghi di disperazione giovanile. Ma non c’è dubbio che l’obiettivo della Repubblica francese, di far diventare cittadini tutti quelli che lavorano, di chiedere loro una comune base culturale e identitaria, e di educare nuove generazioni di francesi originari di tante parti del mondo, è un obiettivo sacrosanto e nobile, da perseguire però con politiche sociali e culturali molto più forti. In Italia invece negli stadi si canta contro Balotelli “non esistono negri italiani”, e intanto si continuamo a tagliare i fondi per i servizi e per la cultura. Via Padova ci racconta di un fallimento e del bisogno di cambiare strada con decisione.

Una Risposta a “Storia di un fallimento”
  1. red libertario scrive:

    chiedilo a de luca in campania,forse troverai similitufini con i leghisti del nord,unica differenza che de luca e’ del pd,spero abbia qualcosa da dire oltre che fare i sermoni.