Da Epolis di oggi
Il terremoto morale che scuote dalla fondamenta la Protezione Civile e il suo simbolo, Guido Bertolaso, va affrontato con la stessa determinazione che si dimostra di fronte alle catastrofi naturali. Rischia infatti, dall’inchiesta di Firenze e dalla pubblicazione di intercettazioni sconcertanti sui vertici del settore, di essere infangata l’opera straordinaria e meritoria che uomini e donne della Protezione Civile hanno prestato e prestano, a cominciare dal terremoto dell’Aquila. Per questo – al di là di rilievi penali e di responsabilità di fronte alla giustizia- la scelta di Bertolaso di rassegnare le dimissioni era giusta e doverosa: per potersi meglio difendere nell’indagine in corso e dalle eventuali accuse che possono essere formulate, e anche perché i propri comportamenti privati (così come vengono raccontati nelle intercettazioni) non gettino discredito, se non debitamente confutati, su un’istituzione di cui gli italiani hanno fiducia. “Questa vicenda è un cazzotto allo stomaco” (Pezzopane, Presidente della Provincia dell’Aquila, centrosinistra); “sciacalli, fanno schifo” (Cialente, Sindaco dell’Aquila, centrosinistra); “si debbono usare le deroghe previste per l’emergenza?” (Chiodi, Presidente della Regione, centrodestra).
Al fondo del problema, sta l’enorme potere discrezionale che da anni è stato concentrato nelle mani di un solo uomo e del suo staff non solo per gestire le emergenze, ma tutti gli eventi di rilievo. Anni addietro, senza scandalismi e insinuazioni, quando Bertolaso aveva molti sponsor anche nel centrosinistra, era stato già posto da qualcuno con chiarezza il problema di quest’anomalia: grandi opere senza appalti, imprese amiche e di fiducia, fine di ogni procedura certa. Oggi ci si può domandare – criticando la burocrazia che spesso frena tutto – che cosa sia davvero la “bertolasocrazia”, di cui lo zar dell’emergenza ha parlato in Senato per difendere la Spa in formazione: è rapidità ed efficacia, o sistema di potere assetato di soldi ? Quel “partire in quarta, non c’è ne mica uno al giorno”, pronunciato la notte del sisma abruzzese da alcuni degli indagati getta una luce sinistra sulla Spa in formazione. La riconferma dell’atto di chiarezza di Bertolaso – come in vicende del tutto diverse ma forse non più gravi lo sono stati gli atti di Marrazzo e di Delbono – e la correzione della trita linea urlata data dal premier in queste ore, dimostrerebbe grande senso delle istituzioni, aiuterebbe a circoscrivere e colpire eventuali responsabilità penali, permetterebbe di ricostruire senza ombre i comportamenti privati di un uomo pubblico, e forse aiuterebbe a correggere le scelte legislative in atto, sposando efficienza e trasparenza, tempestività e controlli democratici.