Da Epolis di oggi

Il sistema politico sembra essersi rimesso in movimento. L’elezione di Bersani, il passaggio di Rutelli con Casini, le tensioni acutissime tra la Lega e Tremonti da un lato, e Fini e la componente liberale del Pdl dall’altro, la nascita del Pdl siciliano e infine l’ipotesi della nomina di D’Alema a superministro degli Esteri dell’Unione Europea, col sostegno del Governo Berlusconi, sembrano chiudere l’ultima fase degenerativa del bipolarismo italiano, culminata nel racconto delle camere da letto dei potenti. Di quel bipolarismo, con buona pace degli ultrareferendari, non se ne può più. Urlato, in scena ogni sera – vuoi da Vespa, vuoi da Floris o Santoro -, carico di odio e di disprezzo verso il nemico da distruggere, indifferente in rapporto ai problemi più veri della vita di ogni giorno di milioni di persone. Questa politica che ha perduto ogni riferimento ideale ed etico, sembra dar ragione al qualunquistico detto popolare : “tanto, sono tutti uguali”.

I movimenti in corso nascono nei vertici delle forze politiche: e, seppur in modo non ancora nitido, sembrano disegnare un’evoluzione in senso multipolare del sistema italiano: di tipo “tedesco”, con quattro-cinque forze politiche, capaci di esprimere una dialettica che non può essere solo tra bianco e nero. Questi movimenti dei vertici sono in realtà l’espressione di quanto si muove nella società: del sentimento della lontananza tra politica e vita quotidiana; e quindi del bisogno di rappresentare quei problemi veri delle persone e delle famiglie, di dar voce alla condizione dei mestieri e delle professioni, di raccogliere la domanda di sicurezza e di protezione di tutti coloro che hanno un lavoro non stabile e un futuro totalmente precario.

Il problema è più acuto e urgente a sinistra, dove l’afasia e l’assenza di rappresentanza, a causa dei tragici errori commessi dalle loro guide in questi anni, sono clamorosi. La vittoria di Bersani era nelle cose: il suo Pd occupa uno spazio lasciato aperto, senza rinunciare alla sfida di un pensiero nuovo e della conquista di componenti lontane dalla sinistra e dal sindacato. Come è nelle cose – bisognerà poi vedere come funziona – l’accordo Casini-Rutelli: con possibilità di alleanze locali più fluide, e di rimettere su altre basi una strategia di centrosinistra, col nuovo Pd.

Ma esiste un problema anche a destra, dove i sondaggi danno ancora grande forza a Berlusconi e al Governo. Le tensioni tra posizioni liberali e posizioni stataliste, la posizione di predominio della Lega e infine la scissione siciliana, esprimono tendenze profonde di un’Italia corporativa e localistica; non possono più essere governate, com’è stato fino a ieri, dal carisma del premier. Ci sarebbe bisogno di un vero rimescolamento di carte. Se intanto, per una volta, nel nome dell’interesse nazionale, si giungesse alla nomina di D’Alema in Europa, il nuovo sistema politico ne uscirebbe più equilibrato e più maturo.

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