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          Da Epolis di oggi


Lo scrittore tedesco Heinrich Boll, interprete critico e appassionato della memoria del suo Paese in anni di grandi rimozioni, all’inizio degli anni 80 sentiva i giovani contemporanei segnati da un “eterno presente”. Privi di futuro e di speranza perché privi di radici e di memoria. Il 27 gennaio, giorno della liberazione ad Auschwitz-Birkenau, non può essere solo il giorno del dolore per l’olocausto in cui furono eliminati milioni di ebrei, e con loro di zingari, di omosessuali, di oppositori politici del nazifascismo. Ma quello della consapevolezza che quegli abissi immensi del “male assoluto” trovarono il loro codice nelle leggi razziali – in Italia nel 1938, con buona pace di coloro che minimizzano le responsabilità del fascismo rispetto a quelle del nazismo – e poi la loro applicazione nelle fabbriche dello sterminio sistematico e totale. Eppure la memoria è corta, cortissima, talvolta poco più di un piccolo punto in dissolvenza. E’ inutile incolpare solo i branchi, poco importa di quale etnia, che scimmiottano gli aguzzini di allora. Quando il Vaticano revoca la scomunica, tra quattro vescovi lefebvriani, di Willamson, noto e recidivo negazionista, non bastano le giuste parole di Bagnasco e le sacrosante riaffermazioni di mons.Fisichella. Si lacera, con una deriva reazionaria, un tessuto di dialogo che ha portato fuori il cattolicesimo dall’antisemitismo – poco dopo aver reintrodotto l’invocazione del rito tridentino per la conversione degli ebrei -. Quando alcuni estremisti di sinistra propongono il boicottaggio dei negozi ebrei a Roma, nei giorni del massacro a Gaza, o bruciano la bandiera della stella di David, agiscono come le camice brune negli anni della scalata di Hitler al potere. Un conto è il diritto sacrosanto alla critica del governo di Israele e delle politiche che conduce (come ha fatto Michele Santoro in televisione), un altro la manifestazione di intolleranze inaccettabili.

E’ per questo che, girando per alcune borgate di Roma, fa soffrire vedere i muri coperti da scritte di gruppi nazisti e fascisti che inneggiano all’olocausto, branchi di una generazione senza storia – come quelli italiani e rumeni che praticano lo stupro, atto feroce tipico della stessa concezione del mondo – : hanno i loro cattivi maestri, che li portano allo stadio e li armano; ma soprattutto non hanno nessuna speranza. Per questi che scrivono sui muri o su internet, che urlano slogans deliranti in curva o che propongono, come i modelli cui si ispirano, lo sterminio degli zingari, auspico una condanna a un viaggio a Auschwitz, o alla Risiera di San Sabba, e quindi a ripulire ciò che hanno sporcato: una condanna alla memoria per riconquistare un futuro.

Una Risposta a “la memoria corta”
  1. Claudio Pinatti scrive:

    Ho letto la tua dichiarazione di oggi su Vendola… che segue la tua decisione di ritirare la firma dall’appello del 7 novembre. Ti do un consiglio, caro Folena, io, che vendoliano non sono: l’unità della sinistra si fa se le prime donne come te, che in questo momento non hanno più seguito perchè la bandiera dell’unità a sinistra se l’è presa Vendola, si ritirano e lasciano il passo alle giovani generazioni. Che tristezza vederti sputare addosso a chi ti ha non solo candidato, ma addirittura richiesto delle deroghe per candidarti. Lavora per l’unità e non alzare i toni. E vedrai che forse la faremo, questa maledetta unità. Sparare a zero sugli altri per smarcarsi e occupare nicchie sui giornali è di una tristezza infinita che niente ha a che fare con la sinistra.
    Cari saluit,
    Claudio