da epolis di oggi

E’ difficile, penso per chiunque, non appassionarsi alle prossime elezioni americane. Per me, che vengo da una storia in cui grandi idee e grandi passioni avevano il coraggio di esprimersi e di contrapporsi – e che mi sento in questa politica italiana, tutta molto simile a sé stessa, un po’ un pesce fuor d’acqua –, il duello Obama-Mac Cain è in questo inizio di settembre entusiasmante. Gli USA, comunque andranno le cose, non saranno più quelli che abbiamo conosciuto negli ultimi decenni. La notizia della Convention Repubblicana è che Mac Cain non ha voluto la presente ingombrante e imbarazzante di Bush. Una stagione volge al termine, segnata dalla guerra e dalla sospensione di antiche garanzie costituzionali dopo l’11 settembre. Si confrontano due impostazioni assai poco centriste, molto radicali. Negli USA di Mac Cain e della Palin, c’è il dominio di un’America bianca, conservatrice, chiusa, impaurita dal mondo. E’ vero che porta molte contraddizioni con sé, come dimostra la gravidanza non voluta della giovane figlia della governatrice dell’Alaska e l’imbarazzante genero della provincia profonda. Non si sa quale politica economica, quale politica estera questo ticket proponga. Si conoscono solo la retorica militare e quella sulla famiglia: possono servire a vincere, non bastano per governare.Dall’altra parte Obama –ben più di quanto non fece Clinton dopo Bush senior- incarna un’ America consapevole della molteplicità del mondo, e della necessità che gli Stati Uniti, ritirandosi dall’Irak, vi stiano consapevoli della propria forza ma aperti e rispettosi degli altri, grandi e piccoli. Incarna un’America multietnica, bisognosa di trovare nuove fondamenta culturali e etiche, consapevole delle ingiustizie e dei drammi sociali e ambientali del tempo presente. Incarna un rapporto con l’Africa. La scelta di Biden si è dimostrata non un atto di debolezza, come superficialmente si è scritto in Italia, ma di forza, scegliendo il rapporto col meglio di un’altra generazione che ha fatto il proprio tempo. La vittoria di Obama riporterebbe, un secolo dopo le grandi sconfitte del movimento operaio americano, il centro mondiale di una sinistra di tipo nuovo in quel continente. C’è solo da sperare che la folta delegazione del neonato PD italiano abbia imparato qualcosa, e dia una scossa a una situazione grigia e sbiadita. 

                                         

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