Oggi il Riformista ha pubblicato questo mio articolo.

Caro direttore, quando uscii dai Democratici di Sinistra avevo ben chiaro, mi si scusi l’immodestia, che sarebbe nato il partito democratico (allora si diceva “riformista”, poi s’è persa anche questa nobile parola della sinistra). E dissi quello che chiunque in buona fede poteva già allora prevedere: che sarebbe divenuto un fattore destabilizzante per l’allora costituenda Unione di centrosinistra. Si poteva già intravedere, infatti, nella formazione di un partito grande ma indefinito, una operazione di continuità della classe politica e, soprattutto, il tentativo, più volte esplicitato, di dare all’Unione un ponte di comando, prescindendo dalla semplice constatazione della presenza di un articolato pluralismo in quella coalizione. Appariva chiaro ciò che solo da ultimo Walter Veltroni ha esplicitato, e cioè che il Pd era destinato ad una vita solitaria. Si trattava, e si tratta, di una scelta legittima, che non condanno di per sé. Una scelta che non ho condiviso. Per tempo, lasciai i Ds prima che prendessero definitivamente quella strada.
Bisogna riconoscere che il Pd è stata una novità politica deflagrante. Quello che spiace è dover constatare come quella che si autodefinisce classe di governo, abbia decretato la sua fine così presto, con le sue proprie mani. Il partito democratico, invece di deflagrare il centrodestra, come qualcuno aveva ipotizzato, ha non solo distrutto l’Unione, ma anche forse se stesso, se, come pare, si aprirà nei prossimi giorni uno scontro interno che potrebbe sfociare in una scissione. In ogni caso, il Partito Democratico ha generato una maggiore frammentazione, di cui oggi è vittima.
Mastella e Dini erano i soci fondatori della Margherita nel 2001. Fisichella è una personalità corteggiata a lungo dai Dl che lo hanno poi eletto al parlamento. Si potrebbe parlare di una “congiura della palude”, di un governo che “cade al centro”. C’è del vero. Ma questo non basta a spiegare quello che è accaduto, a mio parere.
Se allontaniamo per un attimo lo sguardo dagli alberi e guardiamo la foresta, allora forse appariranno più chiari i contorni della vicenda. Il governo cade sulla legge elettorale o meglio cade perché l’illusione di un bipolarismo – o addirittura di un bipartitismo – coatto ha generato l’instabilità che conosciamo. Questa è l’ideologia dietro al referendum promosso anche dagli amici di Romano Prodi. L’idea di una politica ridotta ad un perenne scontro a due. I Mastella, i Dini, i Fisichella sono gli esecutori materiali di un suicidio inconsapevole della classe dirigente del Pd. Ed è oggi singolare leggere i retroscena sulle pagine dei giornali e non trovare nulla di tutto questo. Tra chi difende Prodi e attacca Veltroni, o viceversa, e chi indica traditori un po’ ovunque, la politica si sta nuovamente incartando.
Invece io credo fermamente nella necessità, per la sinistra e l’ex centrosinistra, di mettere fine alla stagione della riduzione ad uno, delle spallate contro il pluralismo politico. Non funziona, non ha funzionato in questi 15 anni né a destra né a sinistra.
L’unico modo per uscire dall’eterna transizione italiana è oggi una legge elettorale che favorisca la nascita di 4-5 grandi formazioni espressione dei grandi filoni politici, culturali, sociali che non siano costrette ad allearsi per poter sopravvivere, che non siano costrette a dire ai propri elettori di essere d’accordo quando non lo sono, di avere un programma comune che poi non viene attuato. Per quanto mi riguarda, voglio iscrivermi ad una grande Sinistra ecologista, pacifista, dei lavoratori, laica e partecipativa.
Il modello elettorale tedesco è quello che, a detta di molti, può garantire la fine di questa transizione. Se l’urgenza, prima di tornare al voto, è questa, allora che nasca un governo in grado di portare a termine in tempi brevi l’approvazione della riforma elettorale.
La Sinistra, io credo, ha tutto l’interesse a perseguire questa strada. Abbiamo commesso l’errore di non unirci per tempo. C’è chi ha proposto gruppi unitari, liste comuni, primarie per designare un leader e un programma. Tutto questo non si è visto. Oggi sarebbe servito. Oggi saremmo pronti. Ma è inutile rivangare il passato.
Una Sinistra di governo, una Sinistra che voglia avere una funzione nazionale, lo dico ai compagni e alle compagne delle forze che hanno promosso gli Stati generali di dicembre, oggi deve assumersi la responsabilità di indicare al Capo dello Stato l’esigenza di non arrivare al voto senza aver prima aver sperimentato tutte le strade possibili per far nascere un governo che metta in breve tempo la parola “fine” al bipolarismo coatto.

3 Risposte a “Mettiamo la parola ‘fine’ al bipolarismo coatto”
  1. michele scrive:

    Onorevole Folena,
    si è già aperta la campagna elettorale di destra, con i toni e la propaganda bugiarda che la contraddistingue. In questo senso veltroni credo saprà far meglio di Prodi, nel rintuzzare le stupdaggini populistiche che dovremo sopportare. Ma sarebbe sin da ora necessario dire agli italiani che la situazione attuale è FRUTTO DI UNA LEGGE ELETTORALE IDEATA E POSTA IN ESSERE DALLA DESTRA, al termine del suo mandato: se avessero perso (come accadde) alla sinistra sarebbe stato impossibile governare. Questo modo di procedere è inaccettabile, scorretto, osceno. Il nuovo PD faticherà molto a prendere quota, ma, mi spiace dirlo, se non saprà smascherare le propagande assurde (quelle che sempre sono disattese poi in fase esecutiva) di Berlusconi & c. allora sarà tutto perduto. Non abbiate paura di scendere sullo stesso terreno, è l’unica strada. E non abbiate timore di farlo perchè ormai allacciarsi alla cultura delle vecchie ideologie non paga più: Berlusconi ha imperniato due campagne elettorali sull’anticomunismo, e con dolore ho notato che le più oscene falsità storiche sono state assorbite pedissecuamente da molti elettori. Ci vuole forza, e pelo sullo stomaco, perche se Berlusconi non è un politico e mai sarà in grado di farlo, il propagandista, il pubblicitario e l’imprenditore di sè stesso lo sa fare benissimo. peccato non siate stati capaci di porre fine allo scandalo di rete4, che abusivamente occupa le onde di Europa7: avremmo oggi un problema in meno.
    Siate forti. L’Italia sta morendo.

  2. Anonimo scrive:

    Si facciamo il partito unico… così risolviamo d’un colpo anche questa buffonata della riforma elettorale: basta abbrogare le elezioni. Tanto con un solo partito, oltretto democratico in quanto di sinistra, che bisogno c’è di andare a votare?

  3. elenio scrive:

    Mi scusi signor Folena ma la chiave del suo articolo sta nella sua frase “Oggi saremmo pronti. Ma è inutile rivangare il passato.”. In realtà rivangare il passato per la sinistra è sempre difficile. La sensazione di noi cittadini di sinistra (o ex, oggi completamente sfiduciati rispetto alla politica)è che non rivangando voi continuate ad assicurarvi le vostre poltrone, alla maggioranza (poco) o all’opposizione (da sempre). La litigiosità è di sinistra, un male incurabile ma un’assicurazione per la vostra vita di politici.
    Mi scusi per lo sfogo, l’ho sempre stimata ed anch’io sono un transfuga dei DS, ma per noi cittadini comuni non ci sono sponde, ci alziamo e tutti i giorni andiamo a lavorare: ma il nostro guaio più grosso è che non riusciamo a non credere alla democrazia e quindi andiamo sempre, sempre a votare.
    Stavolta però sarà proprio difficile tornare alle urne!