nullOggi il Riformista, il cui nuovo direttore Paolo Franchi ha aperto un meritorio dibattito su socialisti e partito democratico, ha pubblicato questo mi articolo.

Sebbene l’editoriale del direttore Paolo Franchi fosse rivolto alla “destra socialista” (a me è parso quasi un grido disperato all’indirizzo dello Sdi e del resto della diaspora socialista perché facciano qualcosa per rendere meno clericale il nascituro partito democratico), mi sento anche io tirato in ballo in quanto “socialista di sinistra”.
Dico subito che anche io, come Paolo Franchi, sono disposto a scommettere sulla nascita del partito democratico, “in un modo o nell’altro”. Mi pare che infine i modi siano due. Per banalizzare, il modello dei gazebo e il modello del matrimonio tra ceti politici. Il primo, sostenuto da Prodi, Parisi, Veltroni, mi pare più innovativo, non solo e non tanto per i suddetti gazebo, quanto per l’esplicito intento di fare una “cosa nuova”, mai vista prima in Italia, partendo da zero o quasi, e soprattutto perché vuol mettere alle spalle le vecchie culture (leggi: anche il ceto politico che le esprime) per crearne una nuova di zecca. Un grande partito liberal-progressista, sul modello dei migliori Democrats americani che negli ultimi tempi, grazie anche alla leadership del “radical” Howard Dean e all’esplicita critica alla guerra all’Iraq, sono riusciti ad impensierire il fino ad oggi imbattibile George W. Bush.
Il secondo modello, invece, mi sembra il tentativo di un ceto dirigente in affanno di mascherarsi e riciclarsi per non dover pagare il conto di un proprio fallimento. Molti dei sostenitori di questo secondo modello, almeno nei corridoi, teorizzano sull’inutilità degli stessi partiti che dirigono, ma forse farebbero meglio a riflettere sui propri errori piuttosto che attribuirli al “mondo che cambia”, un po’ come fanno certi imprenditori del Nord-Est sorpresi dalla globalizzazione dei mercati.
Mi pare che quest’ultimo modello sia ad oggi quello con migliori chances, sebbene non mi sfugga che proprio perché basato sulla sopravvivenza del ceto politico rischia di impantanarsi, come sembra accadere in questi giorni, nelle sue lotte intestine.
Fatta questa premessa, che prevalga l’uno o l’altro modello, ciò che manca sin d’ora alla politica italiana è quel che Franchi definisce “sinistra socialdemocratica”, alla Riccardo Lombardi. Franchi sa bene che in Europa il termine “socialdemocrazia” indica (o almeno indicava) una corrente del socialismo più a sinistra, e più lavorista, di quella propriamente “socialista”. Dico che manca sin d’ora perché è davvero difficile definire “socialdemocratica” la linea attuale dei Ds.
Invece davvero una “sinistra di trasformazione” (preferisco chiamarla così), radicale, socialista e libertaria (non liberale) è necessaria. Chi, altrimenti, rappresenterebbe i lavoratori, precari e non, che oggi sono all’ultimo posto dell’agenda politica del Paese? Chi potrebbe formulare proposte “di governo” per la deprecarizzazione del lavoro e della vita? Chi si farebbe carico della necessità di una politica estera basata sull’articolo 11 della Costituzione? Chi potrebbe allearsi anche con la sinistra laico-socialista per ottenere i Pacs, la liberalizzazione della fecondazione assistita, il divorzio breve, eguaglianza di diritti e dignità per le persone omosessuali?
Paolo Franchi mi sembra convenga su questo punto. Una sinistra del genere, a mio parere, non potrà non essere parte delle aggregazioni delle sinistre analoghe nel resto d’Europa e del mondo, quelle che oggi sono impegnate nel progetto della Sinistra Europea, ma anche avere strettissimi rapporti con le sinistre interne ai partiti socialisti, i partiti di sinistra latinoamericani impegnati nella definizione del “socialismo del secolo XXI”, i movimenti pacifisti e alterglobalisti, l’originale esperienza del socialismo spagnolo (per fatto personale: il Riformista, quand’era da altri diretto, scrisse (prima della vittoria del Psoe) che Prodi non era uno Zapatero italiano, ma che Zapatero era un Folena iberico; mai complimento, anche se evidentemente involontario, mi fu più gradito).
A Genova, l’11 dicembre, abbiamo iniziato questa interlocuzione con Tarso Genro, il “braccio sinistro” di Lula ed Henry Emmanuelli, leader della sinistra del Ps francese.
Questa nuova sinistra è lo scopo del documento che Uniti a sinistra, l’Associazione per il Rinnovamento della Sinistra e l’Associazione Rossoverde hanno stilato e che il 10 dicembre abbiamo discusso insieme ai compagni di Rifondazione Comunista, delle sinistre Ds e a tanti e tante militanti di una sinistra dispersa. Non in vista di un “rassemblement” elettorale (tutti i precedenti in tal senso sono falliti), quanto per fare davvero una sinistra nuova, che almeno negli intenti c’è già: non a caso il nostro documento e quello delle sinistre Ds convergono su molti punti, a partire dalla proposta di un nuovo soggetto unitario della sinistra.
Caro direttore, spero, come tu auspichi, che il nuovo partito democratico sia meno teodem e più social-liberale. Se così accadrà, l’incontro con la nostra sinistra sarà molto più proficuo.

10 Risposte a “Serve una “sinistra di trasformazione””
  1. maruzze' scrive:

    Qualsiasi partito democratico si vada a a fare dovrà nascere dalla pancia della sinistra storica, dei movimenti, di quella idealità che ci ha sempre contraddistinti!

  2. Ata scuola pubblica scrive:

    NO! IL PROBLEMA DEL PRECARIATO NELLA SCUOLA NON E’ STATO RISOLTO….!!!!

  3. adriana scrive:

    maruzzè… senza polemiche :) ma ti sento un po’ confuso…

  4. adriana scrive:

    maruzzè… senza polemiche :) ma ti sento un po’ confuso…

  5. Anonimo scrive:

    Pietro ai saputo dove erano destinati i soldi PUBBLICI per assumere i precari PUBBLICI della scuola PUBBLICA.
    Se non sei informato te lo dico io emendamento 603 e 604 alla finanziaria, 32 millioni l’anno nei prossimi tre anni agli atenei privati per lo più religiosi.
    Ma la vogliamo smettere le solite menate dello stato laico, tanto l’Italia la comanda il Papa

  6. naima scrive:

    Il problema dei precari ATA della scuola pubblica NON è stato risolto.
    che vergogna, dopo sette anni devo rischiare pure quel misero posto precario, magari per colpa di un ata di scuola privata assunto per nepotismo.
    e basta, però… ci avviamo verso i quarant’anni non pensate che sia sufficiente per un posticino di lavoro?

  7. ah folena mio scrive:

    Compagno Folena grazie per il bidone che ci hai fatto a Crovigno in provincia di Brindisi…
    … in campagna elettorale eri più puntuale…
    ma si sa come vanno queste cose !!!

  8. naima scrive:

    ce ne sarà un’altra di campagna elettorale..

  9. Gianni Dessanti scrive:

    Interessante l’ipotesi di un partito che debba nascere attraverso formule nuove. Tutta da affrontare in concreto, ovviamente, ma interessante.
    Il problema sarà come salvaguardare tutti senza lasciare indietro nessuno.

  10. Teresa scrive:

    On Folena, grazie per quello che ha fatto per noi docenti precari e Buon Natale!