

La Sinistra Europea, sezione italiana. Verso un nuovo soggetto politico
Scritto da: Pietro Folena in Politica nazionale
Da Liberazione di domenica 27 novembre. Appuntamento oggi alle 17.30 al Teatro Colosseo a Roma.
Bertinotti propone una nuova “casa” per la sinistra a cui non piace il mercato
Non ci mette molta enfasi, lo fa discendere dai ragionamenti che ha fatto fino a quel punto. Chi lo sta a sentire si accorge subito però che è un passaggio chiave. I giornalisti meno, sono tutti presi dalla ricerca della battuta polemica quotidiana. Sono attenti solo all’eventuale risposta che il segretario potrebbe dare a questo o quell’altro, siano indifferentemente Cossutta o Rutelli. O Ruini. Fausto Bertinotti concede invece pochissimo, quasi nulla, alle esigenze di chi fa i titoli sui giornali. Davanti al comitato politico nazionale del suo partito, parla della sinistra, parla della sinistra del futuro prossimo. parla della sinistra che ancora non c’è e che, invece, ci sarà da qui a quattro, cinque mesi. E dice – ecco il passaggio chiave – che secondo lui, può dirsi conclusa la fase della ricerca, della sperimentazione, dello studio sul campo. Ci sono le condizioni, insomma, per costruire qualcosa di nuovo. Un nuovo soggetto politico. Quello che in Italia dovrà dedicarsi a creare le condizioni per l’alternativa di sinistra. E in questa proposta-annuncio, Bertinotti non parte da zero. Alle spalle, c’è il lavoro fatto dalla Sinistra europea, l’organizzazione che mette assieme i partiti del vecchio continente ma che sempre più si sta aprendo a movimenti, associazioni, organismi di base. Singoli. Per ultima, “Respect” inglese. E allora, l’idea del segretario di Rifondazione è che l’alternativa nel nostro paese possa aggregarsi attorno alla Sinistra europea. Lui pensa, insomma, ad una vera e propria sezione italiana della partito della Sinistra europea.
Tempi? Rapidi, in questi mesi. Per cominciare proprio domani, a Roma, parte il confronto con quel «pezzo» dei diesse – ma anche del sindacato, dell’Arci – che s’è staccato dal proprio partito. E che insieme a Folena, a Martone e ad altri ha dato vita all’associazione «Uniti a sinistra». Altre iniziative ci saranno un po’ ovunque, le prime risposte sono arrivate già ieri mattina, pochi minuti dopo la relazione. Come quella di Alessandro Cardulli, storico dirigente dei diesse romani, che ha lasciato il partito, e che si riconosce pienamente nella proposta di Bertinotti.
Incrociare. E’ anche il termine che aveva scelto il segretario del Prc per parlare di cosa c’è dietro la proposta del nuovo soggetto politico. Lui l’ha descritta come l’incontro fra la cultura dei movimenti, quella che nasce a Genova e che ha segnato e che segna la stagione politica italiana e la cultura di Rifondazione. Quella di Venezia, per capire, quella che ha fatto sua l’idea della non violenza, come strumento per cambiare il mondo.
Si parte, allora, si è già partiti. Per arrivare magari a marzo già ad una prima assemblea che faccia il punto, costituente. Certo, di mezzo ci sono le elezioni. E questa scelta di apertura cosa comporterà per Rifondazione, le sue liste? Ad una domanda, nell’improvvisata conferenza stampa che ha concluso i lavori della mattinata, il segretario ha risposto senza lasciare dubbi: «Il simbolo, il nostro simbolo resterà nelle schede elettorali. Questo è fuori di dubbio. Le liste, invece, la composizione delle liste testimonierà di questo processo, di questa aggregazione a cui stiamo lavorando».
Un lavoro che andrà di pari passo con la battaglia per cacciare il governo delle destre nell’aprile del prossimo anno. A che punto siamo? Anche su questo si è soffermato a lungo il comitato politico. E sul piatto in queste ore c’è il lavoro fatto dalla dodici commissioni incaricate di stendere una prima bozza del programma della coalizione. Prima bozza perché naturalmente il programma dovrà passare al vaglio delle assemblee popolari, al vaglio della partecipazione. Ma un primo bilancio già si può fare. E quando arriva ad affrontare il tema, Bertinotti – anche in questo caso senza enfasi – dice che i risultati sono di gran lunga superiori, più importanti di quelli che ci si potrebbe aspettare leggendo le tante dichiarazioni dei leader del centrosinistra. Si sono raggiunti risultati importanti sul ritiro dall’Iraq, sulla riscrittura – completa – della legge Biagi, sull’abolizione della Bossi-Fini. Addirittura si profila un segnale anche sui Cpt. Risultati da consolidare, risultati che non esauriscono la battaglia per spostare a sinistra il programma dell’Unione, risultati non dati una volta per tutte, ma risultati che già cominciano ad essere scritti nero su bianco. Ma neanche questo tema sembra appassionare i giornalisti. Interessati solo a strappare una replica a Cossutta, che proprio ieri mattina aveva annunciato di essere diposto a rinunciare alla falce e martello pur di dar vita ad una coalizione coi verdi, e che attaccava il risultato al quale era arrivata la commissione sull’Iraq. Sostenendo che il ritiro, in quella formulazione, era subordinato ad una trattativa con l’eecutivo di Bagdad. Alla fine, i cronisti otterranno qualcosa, anche se forse non era quel che cercavano. Sul ritiro: «E’ scritto nel programma dell’Unione, lo si può leggere. E’ un punto molto importante che non permette nessuna contrattazione ma un rapporto con il governo iracheno che è cosa diversa rispetto ad intese con gli americani. Nessuno può andare via senza discutere con gli iracheni, non lo ha fatto neanche Zapatero». Non ci sarà alcuna trattativa, insomma, il prossimo governo italiano discuterà con Bagdad semplicemente come fare tecnicamente ad organizzare il ritiro. E su chi magari non si presenta nelle commissione e poi denuncia come «poco radicali» i risultati ottenuti, che replica? Bertinotti non cita nessuno ma si limita a dire che «il lavoro fatto nelle commissioni, al riparo dai riflettori, evita l’emergere di spiriti di bandiera. Per noi è decisivo l’impianto complessivo del programma e non la sua caratterizzazione di bottega». Manca la battuta sulla rinuncia da parte del Pdci della falce e martello. Ma quella non verrà. «Le forze politiche hanno la loro autonomia. L’Unione non è un soggetto politico ma una alleanza per governare». Ognuno, insomma, faccia quel che considera più conveniente. «Posso solo dirvi che noi manteniamo il nostro simbolo».
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Ancora sul programma. Dei risultati s’è detto, ma ci sono molte zone d’ombra. Inevitabili in un programma di coalizione. Con un punto fermo, però. Nella sua relazione, Bertinotti ha denunciato la «filosofia» che vede farsi strada fra le forze riformiste: la scelta dei due tempi. Prima l’aggiustamento dei conti, poi, semmai, la redistribuzione. Rifondazione non ci sta. Come? «Nei primi cento giorni del nuovo governo – dice – andranno varate misure che privilegino l’aspetto redistributivo rispetto al risanamento finanziario». Su questo, Rifondazione non transige. Ma basta? Rifondazione, il suo segretario, pensano che una situazione non è data per sempre, continuano a pensare che saranno i movimenti sociali, i conflitti la risorsa per spostare via via le cose scritte. Ma soprattutto pensano a qualcosa che vada più in là, nel tempo, dei prossimi cinque anni. Ed ecco perché, assieme all’idea di avviare la costruzione della sinistra d’alternativa, Bertinotti propone al partito di cominciare a discutere del suo programma fondamentale. Esattamente di quello strumento di cui si sono dotati i partiti operai e socialdemocratici nei loro momenti alti. Un programma di Rifondazione – è scontato ma il segretario l’ha ribadito: perché Rifondazione continuerà ad esistere, anche in un altro soggetto politico – che non si occupi delle leggi da varare o da abrogare oggi o domani. Ma che delinei che tipo di società, che tipo di convivenza, che paese e che continente, si immagina.
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E tutto il partito ci sta? Le posizioni delle minoranze non sono sembrate omogenee. Salvatore Cannavò, della Sinistra critica, è interessato al progetto del nuovo soggetto politico. Anzi, ha il timore che sia arrivato fuori tempo massimo. «Andava collocato fra Genova e il Social Forum di Firenze». Però ora c’è. E lui sembra disponibile. Ad alcune condizioni. La prima, la più rilevante: è che la sinistra d’alternativa sia alternativa davvero, fino in fondo. Anche all’Unione. Con la quale può avere rapporti elettorali ma non più di quelli. Marco Ferrando, di Progetto Comunista, è decisamente più tranchant nel giudizio da dare sulla sezione italiana della Sinistra europea. Per lui, il progetto è la logica conclusione di scelte sbagliate, e subordinate al liberismo temperato, avviate a Venezia. Alberto Burgio, uno dei leader di Essere Comunisti – che parlerà oggi – ha comunque spiegato che a suo parere, l’idea di un soggetto che nasce sull’asse Sinistra Europea-primarie è decisamente troppo escludente. Rischiano di restare fuori, parti importanti della sinistra che invece potrebbero riconoscersi su un programma definito. I cui capisaldi fossero la pace e la battaglia al neoliberismo.
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Rifondazione discute così sul suo futuro prossimo. Fuori da questa sala convegni – che una volta era la sede romana del Pci e oggi è l’elegante palazzina della Cgil pensionati – la discussione ha altri ritmi, altri tempi. Segnata da polemiche, interventi, «ingerenze». Battaglie. Le quote rosa, per esempio. Ancora Bertinotti: «Siamo contrarissimi a mettere mano alla legge elettorale e considero incongruo aprire un negoziato. Sulle quote rosa ci siamo battuti alla Camera per la parità tra i sessi con l’alternanza nell’ordine di lista, vedremo cosa accadrà». Sulla campagna oscurantista che punta ad eliminare la legge 194 (contro cui Salvatore Cannavò aveva esortato il partito a battersi, non lasciando la bandiera dell’anticlericalismo, dell’opposizione alle gerarche ecclesiastiche ai radicali): «C’è in Italia una ventata di integrismo e fondamentalismo da parte della Cei – dirà ancora il segretario – che però non si contrasta con forme vetuste di anticlericalismo, quanto piuttosto con una grande intransigenza nel difendere i diritti civili». Sulla Tav: «Per le popolazioni della Val di Susa è fondamentale sapere se il 30 novembre il governo, compiendo un atto di graveavvierà i lavori per l’opera, contrastati da tutta la comunità, o aprirà una trattativa. Solo questo conta, tutto il resto – compreso la falsa discussione se noi usciremo o no dalla giunta piemontese – sono giochini». Giochini di «una politica malata». Che forse si cura anche con riunioni come quella di questo comitato politico.
di Stefano Bocconetti (lunedì 28 novembre)
29 novembre 2005 alle 12:47
Se questo nuovo soggetto politico si farà io lo sosterrò. Propongo, modestamente anche un nome “Sinistra Altermondialista”. Continuate su questa strada. In bocca al lupo.
1 dicembre 2005 alle 11:46
Ormai ci siamo, la campagna elettroale sta entrando nella parte più importante, quella in cui dobbiamo agire con un obiettivo primario: liberare il paese dai banditi che lo governano.
Non basta lo so, ma è il primo passo, quello senza il quale tutto è inutile.Anche questo dibattito sul nuovo e spero grande partito della sinistra, che passa necessariamente per una guerra che va combattuta ai moderati che pretendono la leadership della coalizione.
Guarda quello che sta succedendo in Sicilia.
Dopo Berlusconi tutto cambierà. Tutto, e nulla sarà come prima,anche a sinistra,io spero.
13 dicembre 2005 alle 13:25
quanti bigliettini Voglio “la Linke italiana” ho scritto durante la campagna elettorale del 16 ottobre seminandoli sopratutto nelle feste di liberazione e vicino le sedi di RC…Pietro pure quelli che hai attaccato tu stanno dando frutti, eh?