di Pietro Folena – da “La Rinascita della Sinistra” del 18 gennaio 2005

In questo fine settimana è accaduto qualcosa che avrà importanti conseguenze sul dibattito interno al centrosinistra e sul profilo dell’Alleanza democratica.
Parto dall’ultimo, la vittoria di Nichi Vendola alle primarie pugliesi, per leggere a ritroso anche gli altri. L’affermazione di un candidato radicale (di più, comunista, anche se di una specie un po’ eretica) in un contesto in cui tutto il ceto politico era schierato per l’altro candidato, Francesco Boccia, un contesto nel quale vi sono state forti pressioni per indurre gli iscritti dei partiti a seguire le indicazioni delle segreterie, ha qualcosa di straordinario. Faccio una ipotesi di analisi del voto. Da un lato Vendola ha vinto perché ha saputo mobilitare gli elettori “senza partito”, le associazioni, i movimenti che si sono facilmente riconosciuti in lui sia per i contenuti sia perché Nichi, pur essendo fino in fondo uomo di partito, è fino in fondo anche uomo dei movimenti e della primavera pugliese. Dall’altro lato (e sarà interessante andare a scavare sezione per sezione) si può dire che una larga parte di elettori e iscritti ai Ds non hanno seguito le indicazioni del partito. Su questo credo che sarebbe ingeneroso trovare un capro espiatorio nella leadership locale. Il popolo del centrosinistra, e in particolare gli elettori della Quercia, hanno voluto bocciare una gestione scellerata della vicenda delle candidature che ha visto i Ds in prima fila come genio guastatore. Di più: ciò che è stata bocciata è l’idea che in una regione come la Puglia (“la regione di Aldo Moro”, ripetevano i vertici diessini, dimentichi che la Puglia è anche la regione di Di Vittorio) non potesse esserci spazio per un candidato non dico comunista, ma neppure della sinistra. Fesserie: Vendola sarà pure uno che non sfonda al centro (se esiste) ma sicuramente è ben capace di sfondare nell’elettorato di destra stufo di vedersi tagliare i servizi pubblici e attento alla questione morale.
Da qui parto per dire qualcosa sull’assemblea del Manifesto e su quella delle riviste (Aprile, Carta, Ecoradio, Quaderni Labour) tenutasi domenica. Due eventi diversi, nei linguaggi e nei propositi, ma uniti al fondo su un nodo: la necessità che la sinistra e le culture critiche trovino dei momenti non saltuari ed estemporanei di confronto e azione comune. Ma la seconda assemblea, credo, aveva una marcia in più: quella di pensare la sinistra radicale non solo come i partiti e il ceto politico ma soprattutto come movimenti, sindacati, associazioni. Abbiamo cercato di fare qualcosa di molto diverso da un’assemblea di partito e credo che ci siamo riusciti. E qui arrivo ad un nodo che abbiamo ancora tutt’intero davanti e che solo il tempo e l’azione politica potranno sciogliere. Sono del parere che limitarsi a raccogliere quelli che non stanno nel listone sia una idea del tutto insufficiente. Credo che se qualcuno volesse partire con l’idea di una lista del 12-13%, condannerebbe la sinistra a rimanere nana. L’ambizione, a mio parere, deve essere più alta: portare le nostre idee cardine (pace, uguaglianza, beni comuni, giustizia uguale per tutti…) ad essere maggioritarie nel centrosinistra. Credo, per usare un linguaggio antico, che sia il tempo di una battaglia per l’egemonia, non di una scelta di testimonianza e di retroguardia. Le forme vengono dopo, perché non basta che il ceto politico si accordi su una Fed rossa speculare a quella arancione. E’ una battaglia che è possibile vincere, come il caso della Puglia a dimostrato. Per questo, lo vorrei dire chiaramente, trovo sbagliate le parole di Oliviero Diliberto riguardo le primarie: quelle in Puglia hanno registrato, eccome, i rapporti di forza dentro il centrosinistra. Le idee della sinistra sono potenzialmente maggioritarie. Su questo occorre lavorare, anche a livello nazionale, dicendo sì alle primarie che Prodi stesso vuole e alle quali Bertinotti, come chiunque lo desideri, ha tutto il diritto di candidarsi. Non ci sono passi indietro da fare, semmai passi in avanti, per superare inutili gelosie che interessano la storia di pochi.

Commenti chiusi.