Non c’è dubbio alcuno sul fatto che la formazione del Governo presieduto da Mario Draghi rappresenti una doppia sconfitta, per la politica e per il Partito Democratico. Per la politica, perché la malattia del sistema italiano purtroppo si conferma molto grave, e per il PD che vede sgretolarsi la fragile strategia politicista imbastita con i grillini.
Recentemente ho cercato di esaminare (in Servirsi del Popolo, La nave di Teseo, 2020) le ragioni di questa malattia, da ricercare in una deriva verticistica, elitaria, in definitiva antidemocratica delle classi dirigenti del Paese, e non solo di quelle dei partiti. In questa legislatura molto strana, nella quale a livello popolare c’erano stati due vincitori (il centrodestra, a guida salviniana, e il M5S) e un perdente, il PD, il gioco delle alleanze a un certo punto, dopo lo schianto della maggioranza gialloverde, sembrava aver preso la strada della costruzione di un nuovo polo democratico e progressista, rappresentato dal Governo Conte bis. La crisi aperta da Matteo Renzi, strumento nelle mani dei poteri forti del Paese, ha frantumato questa ipotesi, creando un’assoluta anomalia nell’Europa, quella di un’alleanza tecnico-politica che vede insieme sovranisti, per l’occasione mascherati, e europeisti, a forte guida dei gruppi economico-finanziari dominanti. L’obiettivo di FCA, il cui core-business industriale dell’automobile è ormai assorbito dalla nuova guida a trazione francese di Stellantis, è quello di mettere le mani sui 209 miliardi di euro del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, insieme al gruppo Berlusconi, a Benetton, alle grandi banche e alle grandi aziende pubbliche, e ad altri partners della solita cordata di liberisti all’amatriciana, pronti a socializzare le perdite e a privatizzare i profitti.
Da questo punto di vista non ci vuole troppa fantasia a pensare che dalla fine della maggioranza giallorossa all’effetto della grande coalizione di Draghi, nuovo carburante alimenterà la sfiducia e la paura. Il Paese, paradossalmente, ancora tiene perché le preoccupazioni per la salute determinate dalla pandemia, alla faccia di chi le sbeffeggia, sono assolutamente dominanti. Ma quando, speriamo prima possibile con una vaccinazione massiccia, l’Italia potrà riprendere a muoversi e a vivere in modo più libero, questi umori scuri sono destinati, proprio come il magma di un vulcano, a fuoriuscire e a invadere la società.
Previsioni pessimistiche? La ragione porta a questo pessimismo.
Poi, evidentemente, c’è spazio per la volontà, per l’ottimismo che si porta dietro, e per provare a imboccare strade diverse.
Cosa occorrerebbe fare?
Semplicemente avere più fiducia nel “popolo”, non inteso come entità pura o suprema, ma, appunto, come luogo dei conflitti, delle sofferenze, delle speranze. E quindi riformare il PNRR dando ad esso il senso di un piano per le prossime generazioni, come ci chiede la tanto denigrata Europa, con una campagna promossa dal Governo e dalle forze che lo sostengono di raccolta di idee e proposte, nei territori, nei posti di lavoro, nelle scuole e nelle università, nei luoghi di cura, e così via.
E in secondo luogo approfittando della tregua politica che il governo Draghi impone per riformare i partiti, realizzando l’art.49 della Costituzione (“concorrere con metodo democratico”) rimasto largamente, soprattutto dopo l’89, lettera morta. I partiti sono di proprietà dei loro leaders (addirittura in senso letterale) oppure sono, è il caso del PD, una fragile federazione di correnti. Da questo punto di vista sarà interessante capire se Giuseppe Conte avrà la forza di usare il capitale di fiducia di cui dispone per aiutare questa riforma.
Infine occorre un sussulto sulla cultura. Non solo per impegnare tutte le forze a garantire l’effettivo esercizio del diritto allo studio, oggi negato dalla DAD e dalla condizione strutturale delle scuole, ma dando fin da subito un segnale di ripresa facendo ripartire il settore culturale (musei, teatri, cinema, nuove produzioni) in sicurezza, come è evidentemente possibile fare, a detta dello stesso Ministro competente.
Solo se i cittadini si sentiranno protagonisti e costruttori di una nuova fase, si potrà uscire da questa situazione, e sconfiggere non solo il virus, ma la malattia che rischia di consumare la Repubblica nata dalla Resistenza.