

Argine sociale e argine politico
Scritto da: Pietro Folena in Diario, EuropeiGlobali, Politica nazionaleLa vera domanda che ogni persona di sinistra, ogni democratico e ogni europeista si deve fare è se esista la possibilità, a partire dalle prossime elezioni europee e amministrative, di erigere un argine politico alla degenerazione in atto e al rafforzamento di una destra radicale, xenofoba e illiberale.
Si tratta prima di tutto di ammettere, anche alla luce dello spettacolo un po’ triste fornito dall’opposizione parlamentare del Partito Democratico in aula nei giorni scorsi, che la rincorsa al populismo che ha segnato la stagione di Matteo Renzi dev’essere chiusa senza se e senza ma. La lotta in atto tra il populismo razzista della Lega e il populismo assistenzialista e peronista dei Cinque Stelle non può essere contrastata con efficacia da quello strano populismo liberista che è stato in questi anni il renzismo. Il Congresso del PD, con molta stanchezza, senza slanci e con procedure nel 2019 incomprensibili -come le primarie- sembrerebbe voler tenere aperto uno spiraglio a quell’impostazione. Spero di sbagliarmi.
Va imboccata un’altra strada. I segnali ci sono.
Il primo è venuto sabato 9 febbraio, in una bellissima giornata romana, quando CGIL, CISL e UIL hanno dato voce a un popolo di lavoratrici e di lavoratori, di precarie e di precari immenso e positivo. Non gilet gialli “de noantri”, ma tute blu, colletti bianchi, riders, migranti, pensionate e pensionati che hanno posto al centro la questione della dignità del lavoro, dell’universalità dei diritti, della parità di genere delle retribuzioni, del rapporto tra generazioni, e di altre importantissime questioni. In particolare la CGIL, grazie al Congresso, all’accordo tra Maurizio Landini e Vincenzo Colla, e alla forza comunicativa del nuovo Segretario Generale, sembra poter iniziare una nuova stagione, ad un tempo unitaria e radicale, fondata sulla civiltà dei lavori. Si può dire che un argine sociale alla deriva italiana si sta formando. Penso anche a quel diffuso associazionismo cattolico e cristiano, scoutistico, di volontari, laico che non ha una voce politica e che si pone esplicitamente il tema di una propria rappresentanza politica, e ai grandi movimenti, da Milano a Catania a Riace che hanno segnalato una forte resistenza alle politiche scioviniste del Governo giallo-verde.
Il secondo segnale è venuto dall’intelligente opera di Giovanni Legnini, in Abruzzo, che ha osato costruire una coalizione di forte impronta sociale, e poco partitica. Le liste che l’hanno sostenuto erano da un lato espressione del migliore associazionismo socio-culturale, e dall’altro dei sindaci e dei territori. Nelle elezioni abruzzesi, conclusesi col trionfo della destra radicale, il PD ha avuto un risultato negativo, ma le forze coalizzate con Legnini, sulla carta prive di consenso, hanno portato il nuovo centrosinistra a un risultato ragguardevole. Vedremo ora se Massimo Zedda, in Sardegna, saprà ripetere quest’operazione. Si può quindi dire che un argine territoriale all’involuzione della democrazia italiana è possibile.
Ciò che manca ancora è un argine politico. Come Massimo Cacciari ha spiegato lucidamente e spesso in solitudine da mesi, alle elezioni europee le forze antiscioviniste, europeiste e democratiche dovrebbero avere fra di loro un patto comune. E come Carlo Calenda ha proposto, c’è spazio per una grande lista unitaria, democratica, europeista, che unisca liberali e socialisti, moderati e progressisti. C’è, aggiungo però, ad alcune condizioni. La prima è che non sia un’operazione che guarda al centro, ma che sia plurale, che unisca forze dell’impresa e delle professioni e forze del lavoro, giovanili e dei movimenti. La seconda è che sia generosa. Generosità che va chiesta prima di tutto al PD, per accettare di non mettere il proprio simbolo e di avere una freschezza, un’apertura, un coinvolgimento di forze vive vero e appassionato. La terza è che sia una lista valorialmente esigente, capace di suscitare forze e idee, coraggiosa. Qualcuno ha paventato la grande alleanza antipopulista. Io invece credo al valore di una proposta che abbia questo segno positivo. E penso che quel che rimane della sinistra fuori dal PD, dopo una serie lunga di errori commessi per un’impostazione tatticista e tutta chiusa nella logica parlamentare, non dovrebbe avere paura di aggregare attorno a un’idea socialista -meglio, neosocialista- una posizione fortemente critica nei confronti degli errori degli anni passati, ma anche alternativa rispetto alle illusioni rosso-brune che immaginano in laboratorio di poter costruire la sinistra entro i confini nazionali; non dovrebbe avere paura, questa sinistra, di collocare, così come fanno Bernie Sanders e Alexandria Ocasio-Cortez, queste idee e queste esperienze in un contenitore ampio e unitario.
E così, anche alle elezioni amministrative, a partire da Firenze, è auspicabile che il metodo Legnini possa affermarsi, e che si evitino le tendenze suicide e masochiste che hanno segnato anche in un passato recente la sinistra italiana.