Archivio per gennaio 2015

L’ultima settimana di gennaio sarà decisiva per il futuro del Paese. L’elezione del nuovo Presidente della Repubblica, in un quadro di crisi profonda e di incertezza acuta dell’intero sistema politico, si carica di molte aspettative, di qualche ansia, di alcune speranze.

Tutto questo ha a che fare con la cultura, e con il posto che la cultura occupa nel Paese. Lo stesso Quirinale -fin dal 21 dicembre del 1999, alla vigilia del nuovo millennio, quando furono inaugurate grazie al Capo dello Stato le Scuderie restaurate da Gae Aulenti- è protagonista e motore della conservazione e della valorizzazione del patrimonio culturale. Talvolta in modo ineccepibile, qualche altra con interventi più discutibili. Giorgio Napolitano a più riprese, soprattutto nella parte finale del suo primo settennato e negli ultimi due anni, si è posto quasi nella posizione di un “superministro” della cultura, sollecitando il Governo a fare una scelta di investimento, e non di tagli, in tutto il settore.

Trovo in queste ore indecente la propaganda governativa sotto l’imponente e sconvolgente nudità del David di Michelangelo: con una piccola catastrofe comunicativa fisicamente si percepisce il nanismo politico dell’attuale leadership tedesco-europea, ammalata di un atteggiamento contabile, e la posizione un po’ guascona di chi, come il nostro Presidente del Consiglio, pensa di poter iscrivere il David al nascente Partito della Nazione.

Ma credere nella cultura come bene universale, e come grande opportunità richiede qualcos’altro. La propaganda strumentale attorno ai capolavori dell’arte si esaurisce; ricordo, tempo addietro, quel Consorzio del Prosciutto Crudo che aveva pensato di legare la propria fortuna alla medesima immagine. Richiede un lavoro faticoso, come quello che, non senza limiti, ha cominciato a fare Dario Franceschini in questi mesi. E richiede un incoraggiamento a quanti, fuori e dentro le istituzioni, operosamente si danno da fare per difendere e promuovere la bellezza e la cultura. (continua…)

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L’11 gennaio, a Parigi, potrebbe essere davvero cominciata, sull’onda di un’imponente rivolta popolare, una nuova stagione democratica. Nel punto forse più basso di credibilità delle istituzioni europee, associate nell’immaginario collettivo a politiche di austerità insensate, di recessione e di disoccupazione, in un momento di fortissima delegittimazione della politica, e dei grandi partiti “storici” europei -a partire dalla sfiducia verso i socialisti in Francia-, le stragi jihadiste hanno svegliato da un lungo torpore la coscienza di milioni di persone. La politica, cominciando da François Hollande, ha saputo in queste ore interpretare con sentimento e umiltà le giornate drammatiche che ha vissuto la Francia e, con essa, l’Europa.

Perché e come questo sia successo è ancora presto per dirlo. Sicuramente l’attacco spietato alla cultura e all’arte -con la strage a Charlie Hebdo- e quello antisemita alla gente comune, all’Hyper Cosher di Porte de Vincennes hanno toccato corde profondissime nell’animo di milioni di persone. (continua…)

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Georges Wolinski era un artista, uno dei giganti delle “bandes dessinées”, e della satira libera contro ogni Potere e contro ogni intolleranza. Di questa prodigiosa, nuova, magica arte del grande fumetto d’autore. Dagli anni ‘70 era in Italia tra gli autori più conosciuti, grazie a Linus e all’affermazione in quegli anni di questo nuovo fenomeno creativo.

Cabu, Charb, Tignous erano altri artisti, come Wolinski. Sono stati mitragliati, fucilati, abbattuti dal totalitarismo fondamentalista, e con loro altri nomi meno noti, che credevano nella cultura libera. E’ stato ucciso -come in un mattatoio, come alle Fosse Ardeatine- un poliziotto già ferito a terra.

Non voglio commentare la barbarie e l’odio distruttivo di questi nuovi nazisti. Voglio solo tornare a dire che il primo obiettivo delle dittature e dei regimi totalitari è quello di mettere a tacere la cultura. Di bruciare i libri. Di distruggere le opere d’arte, come i Buddah di Bamiyan o gli antichi manoscritti di Timbuctù.

Difendere e promuovere la cultura è oggi l’unica risposta vincente a questo orrore. Bisogna ricordarlo soprattutto a chi ha le responsabilità politiche e di governo.

Di tutte le superstizioni”, scriveva Voltaire nel Trattato sulla Tolleranza, “la più pericolosa è quella di odiare il prossimo per le sue opinioni”.

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