(qui di seguito il mio intervento all’inaugurazione a Padova della piazzetta Gianfranco Folena)
E’ il tempo che regola tutti i conti. Che decide, a volte in modo implacabile, la differenza tra la cronaca e la storia. Che fa discernere tra le cose effimere e quelle davvero importanti.
Intitolare una piazza, creare questa piazza, scoprire questa lapide vuol dire essersi sottoposti, nei ventidue anni dopo la morte di nostro padre, al giudizio più decisivo: quello che regola il ciclo della vita, dal miracolo della nuova nascita al mistero della morte alla memoria come ri-nascimento.
Un omaggio dovuto ad una grande personalità -della cultura, della scienza, dell’economia, della politica, della nazione- è una via, magari in un anonimo nuovo quartiere. Qui, davanti a Palazzo Maldura, della cui istituzione universitaria nostro padre fu protagonista (quando lo storico Liviano non bastava più all’organizzazione della didattica e della ricerca dei saperi umanistici), una nuova piazzetta pedonale, un’epigrafe -per Gianfranco, che tanto amava leggerle ed interpretarle- sono il riconoscimento duraturo di cosa ha rappresentato Gianfranco Folena per l’Ateneo patavino, per la città e la cultura veneta e, da qui, per la cultura italiana ed europea. Nostro padre scelse di rimanere a Padova, anche quando noi giovanissimi figli, con nostra madre Lizbeth, avremmo gioito per un trasferimento a Firenze, o a Roma, a più riprese proposto.
Di questa scelta io, mia sorella Lucia e mia sorella Nora, mia moglie Andrea, e l’ultima generazione di folenotteri -Lucrezia e Gianfranco il Giovane, che sono qui, e Giampaolo e Camilla che sono all’Università di Roma impegnati negli studi-, rendiamo grazie al Comune di Padova e all’Ateneo, e in primo luogo a Flavio Zanonato che, allora Sindaco, accolse con passione e con amicizia (lui che, come ricordò alla Camera l’anno scorso, aveva frequentato casa Folena, quando anche tanta politica passava di lì; e aveva conosciuto Lizbeth, impegnata nei Cristiani per il Socialismo, e Gianfranco, socialista anch’egli) la proposta contenuta in una nostra lettera, e fortemente sostenuta da Michele Cortellazzo, Direttore del Dipartimento, e dall’Università.
Il luogo individuato, l’arredamento urbano, semplice ed amichevole, che rende l’uscita da Palazzo Maldura agli studenti e ai professori più sicura e più conviviale, il rigore filologico -direi più precisamente- che tanto sarebbe piaciuto a nonno Gianfranco, di questa operazione, raccontano davvero in tempi incerti cosa sia la Buona Amministrazione.
Se dovessi dire che cosa, fra dieci, venti, trent’anni, mi piacerebbe ricordasse all’inconsapevole passante, o al giovanissimo studente questa piazza, che cosa mi piacerebbe fosse essa divenuta, risponderei: “ la piazza della parola”. Non solo la piazza della memoria di un grande intellettuale italiano del ‘900 che per la parola nutriva un’autentica passione -come ha scritto di lui Giulio Ferroni-, ma la piazza della ricerca della parola -della sua origine e della sua scomparsa, la parola come la vita- e della lotta (di cui ricordando Gianfranco Folena abbiamo parlato alla Camera dei Deputati nel già citato convegno nel ventennale della sua scomparsa) per salvare le parole, per contrastare chi le stravolge, addirittura ne rovescia il significato o sistematicamente le sopprime -come Symi con la sua neolingua , in 1984 di George Orwell-: o semplicemente chi pensa che la ricchezza del linguaggio possa essere per sempre e obbligatoriamente compressa nei 160 caratteri di un twit.
Ci sarebbe piaciuto sentire le riflessioni di Gianfranco su Twitter, Facebook e la lingua dei network sociali…altri, partendo dal suo insegnamento e dalla ricerca che nostro padre aveva cominciato, lo stanno facendo.
La piazza della parola, quindi: anche della “ciacola” -come strumento di socializzazione, come network sociale d’altri tempi (Facebook è un luogo di “ciacole”), come piazza fisica, e non solo virtuale per la diversità culturale, per la difesa della lingua italiana, per l’Italiano in Europa, come lingua della cultura, dell’arte e del bello.
Un pensiero affettuoso e dolce va infine a chi oggi non è con noi, in questa piazza: a nostro fratello Andrea, e alla sua grande inquietudine nel vivere; e a nostra madre Lizbeth, pittrice, poetessa, intellettuale, di profonda cultura francese, che accompagnò la ricerca e il lavoro di Gianfranco, in questa città, con passione e dedizione.
Piace pensare lì, in qualche punto del non-finito, al volto di nonno Gianfranco, dipinto da Lizbeth, che con un sorriso toscano guarda la piccola folla riunita davanti al “suo” Palazzo Maldura; e che con orgoglio etrusco -perché era profondamente etrusco- saluta anch’egli la nuova piazzetta pedonale Gianfranco Folena.
Padova, 5 maggio 2014