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Qui di seguito le mie conclusioni al convegno “la Costituente delle idee” del 21 giugno scorso
Se dovessi dire quale è il tratto comune che mette insieme esperienze e storie diverse come quelle che hanno promosso questo incontro, questo tratto è una grande febbre: una preoccupazione gigantesca per il fatto che per la prima volta nella storia della Repubblica noi, che affondiamo le nostre radici nella lotta partigiana, nell’antifascismo, nella Costituzione della Repubblica italiana ( e Dio solo sa quanto va difesa), vediamo proprio il popolo, quel lavoro dell’art.1, che non ha rappresentanza, o non sente di essere pienamente rappresentato dalla politica così come è oggi; e soprattutto dalla forza dei democratici che lì ha la ragione della sua esistenza. Questo è il nostro comune grande cruccio.
Quando tu perdi nei quartieri popolari di tutte le città, quando in quegli stessi quartieri poi non si vota alle amministrative, quando lì l’astensionismo è di gran lunga il primo partito, si apre una ferita profonda nella democrazia. Non sono fatti nuovi, non sono fatti nati solo ora o da imputare solo a responsabilità degli ultimi anni: sono fatti molto profondi. Ma mai lo scollamento è diventato così acuto, così grande, con il rischio che la democrazia sia vissuta come un fatto negativo, con il rischio che il risentimento sociale nei confronti delle classi dirigenti e di chi fa politica e degli intellettuali, sia il tratto dominante di quel che noi poi, con scorciatoie che un po’ giustificano noi stessi, chiamiamo populismo. Dietro a questa parola consolatoria c’è altro: c’è solitudine, c’è disperazione, c’è povertà, c’è disoccupazione, ci sono gli esodati e chi si vede allontanare o sconvolgere all’improvviso tutte le proprie prospettive di vita. E così il mutuo, o il sostegno ai propri figli che devono affermarsi diventano impossibili. Ma andiamo al di là di questa narrazione. (continua…)
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