Da Dazebao di oggi
La passione militante con la quale molti dirigenti del Partito Democratico si dedicano alla vigilia di un’importante Direzione del partito a occuparsi di primarie, di liste civiche, di assetti lascia davvero senza parole. Che lo facciano i rappresentanti di una generazione che è in sella, ai posti di comando, col bel tempo e con la tempesta, da più di venti anni è un fatto fisiologico. Ma che a questa attività si dedichi una generazione più giovane, che dovrebbe costituire il naturale ricambio, racconta del perché questo ricambio stenti ad affermarsi. L’autismo politico attraversa tutto il sistema, e coinvolge un’intera classe dirigente.
Qui c’è il frutto più malato dell’intero ventennio berlusconiano. L’idea che si è fatta strada -e che è divenuta una vera e propria ideologia- è che non contano quello che proponi, le idee che sostieni, i valori che intendi affermare: ma che conta solo chi, non che cosa e non perché: chi comanda, chi ha le leve del potere. L’indifferenza per i contenuti è totale. Si parlò, in un’altra stagione politica, della necessità di una rivoluzione copernicana che rimettesse al centro -rispetto al dominio partitocratico- i programmi e i contenuti. Oggi, al termine di un ciclo politico (e in questo senso siamo davvero in una crisi di regime e di sistema), il tema torna prepotentemente. (continua…)