Archivio per maggio 2012
Dall’Unità di oggi
Il 90° anniversario della nascita di Enrico Berlinguer è l’occasione per tornare sulla questione morale e il rinnovamento della politica, che ho sempre considerato la più importante eredità che ci ha lasciato questo grandissimo leader del ‘900. Ne “I ragazzi di Berlinguer” (Dalai editore) ho cercato di ricostruire le ragioni per le quali un’intera generazione divenne comunista: perché Enrico Berlinguer era segretario, e incarnava, con la sua sobrietà, col suo stile di vita, con la sua accurata ricerca di parole sempre dense di significato, un’idea di politica alternativa rispetto a quella arrogante che trasmetteva il Potere, soprattutto quel Potere che agli inizi degli anni 80, col pentapartito, strinse una gabbia sulla società e sul suo bisogno di libertà e di protagonismo. Tutti ricordano la sua magistrale intervista a Eugenio Scalfari.
Non si può avere una visione edulcorata o buonista di Enrico Berlinguer. Egli fu osteggiato -dalla stessa definizione di “questione morale” alla proposta di un radicale rinnovamento del Partito e della politica fino alla linea dell’alternativa democratica, com’è documentato negli archivi della Direzione del PCI- da una parte del Partito, custode (sulla destra, la componente migliorista, e sulla sinistra, quella filosovietica) di un’idea più tradizionale del Partito, più diffidente rispetto all’interlocuzione coi movimenti -a partire da quello femminista fino al nuovo ambientalismo che allora cominciava a prendere forma- e con le tematiche innovative di cui essi erano portatori. La FGCI degli anni ‘80 accompagnò prima queste scelte di Enrico Berlinguer e poi, dopo l’84, raccolse l’eredità di questo suo lascito. (continua…)
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Da Lettera43 di oggi
Il ballottaggio conferma che questo turno amministrativo configura una vera e propria rivoluzione politica, destinata a chiudere la stagione, in verità assai poco esaltante, della Seconda Repubblica. Crolla il centrodestra, con la Lega; perde il Partito Democratico a Parma, col trionfo trasversale del Movimento di Beppe Grillo; vince il PD e il centrosinistra quasi ovunque -anche in roccaforti di destra e della Lega- e a Palermo si ripete, grosso modo, l’esito già visto un anno fa a Napoli con la vittoria di Luigi De Magistris.
Ma il voto, col crollo più accentuato che non nel recente passato della partecipazione ai ballotaggi, segnala -nei giorni neri dell’attentato di Brindisi e del terremoto in Emilia- la gravissima e crescente disaffezione degli italiani per la politica, per tutta la politica, compresa quella dei “tecnici” tanto celebrati del Governo presieduto da Mario Monti.
In particolare per il PD il materiale di riflessione è importante. Se la forza diretta da Pierluigi Bersani, oggetto di una campagna di demolizione, da destra a sinistra per finire coi nuovi video-re delle trasmissioni cult, può festeggiare il suo essere la sola prospettiva politica solida nel Paese, tuttavia non può stappare bottiglie né dormire sugli allori per tre ragioni.
La prima è che il vuoto pauroso che si è aperto a destra e nel centrodestra nei prossimi mesi verrà riempito. In politica i vuoti non esistono, e anche la prospettiva del Terzo Polo ha dimostrato di non avere un futuro. I moderati italiani, e i grandi e piccoli interessi che si sentono minacciati da una vittoria del PD non rimarranno certo con le mani in mano. Nel 93 i progressisti vinsero a man bassa le elezioni amministrative, e nella primavera dell’anno successivo trionfò Silvio Berlusconi con Forza Italia. (continua…)
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Da Dazebao di oggi
Il successo di Frau Forza -Kraft, in tedesco- in Nord-Reno Westfalia è la prima vera grande sconfitta politica di Angela Merkel, e conferma che il vento, dopo il trionfo francese di François Hollande, è girato.
La linea rigoristica imposta dalla Merkel all’Europa non ha convinto i tedeschi: i quali non sono andati a destra, ma chiedono di fatto una politica più attenta alla crescita e all’equità, e una politica più europea. Invocavano una svolta in Europa, e piano piano questa si sta delineando.
La strada in Germania, per il cambiamento, è ancora lunga. E tuttavia la più antica e la più forte socialdemocrazia europea, quella tedesca, che nelle sue vittorie e nelle sue sconfitte ha segnato l’intero corso politico continentale, soprattutto nel secondo dopoguerra, torna prepotentemente alla ribalta. E’ come se francesi e tedeschi, le cui guerre hanno insanguinato per secoli le grandi pianure e colline europee, e che nel ‘900 sono stati protagonisti dei due più tragici conflitti contemporanei, dimostrassero insieme la consapevolezza che Nicolas Sarkozy e Angela Merkel avevano finito, blandendo gli interessi forti dei mercati e della finanza (che come dimostra l’osceno scandalo di JP Morgan hanno continuato a truffare e speculare sulle spalle dei popoli europei), col minare alla base l’intera costruzione comune. Fino al grande sogno di Altiero Spinelli e del Manifesto di Ventotene, di costruire un giorno, prima possibile, gli Stati Uniti d’Europa. (continua…)
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Da Lettera 43 di oggi
Per il Partito Democratico si impone una riflessione non sbrigativa sul voto del 6 e 7 maggio. La si può e la si deve aprire proprio in quanto dal parziale turno delle amministrative viene fuori un terremoto politico, nel quale dei partiti rimane in piedi, pur con qualche ammaccatura, la casa PD. E inoltre perché negli stessi giorni si è votato in diversi paesi europei, a partire dalla Francia. In tutta Europa la crisi elettorale delle forze liberiste e moderate è clamorosa, e si aprono due strade: quella dell’affermazione, alle estreme, di componenti antieuropee e talvolta antidemocratiche, e quella di un nuovo ciclo socialista e laburista, di cui François Hollande è l’alfiere.
La crisi drammatica del vecchio centro-destra, sia nella componente leghista, sia, in forma più accentuata, in quella PDL ( su 95 amministrazioni uscenti di centro-destra, in 45 il PDL è già completamente fuori e in 29 è al ballottaggio in seconda posizione), apre un vuoto il cui unico precedente è il 93-94, quando scomparve il pentapartito. Al momento in direzione dell’astensionismo, ma presto quest’area chiederà di essere rappresentata. Da questo punto di vista, i movimenti di Pierferdinando Casini -la constatazione che il terzo polo non ha funzionato- e quelli di Silvio Berlusconi che, liquidando Angelo Alfano, ipotizza una federazione dei moderati, sembrano andare nella direzione di un Partito Popolare Europeo in Italia. E trovo che in questa prospettiva ci sia qualcosa di salutare e di auspicabile. Come si apre uno spazio di destra radicale, che può essere occupato dagli ex-AN e in generale dagli eredi del vecchio MSI. (continua…)
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Da Dazebao del 7 maggio
I timori della vigilia si sono ben presto liquefatti. Ho votato, da cittadino francese, poco dopo le 9 a Piazza Farnese, e dall’affluenza si capiva che il momento era storico.
Il 6 maggio la Francia ha svoltato a sinistra, e per la prima volta dopo una lunghissima stagione, per l’Europa si apre un’opportunità nuova. Ha perso Nicolas Sarkozy: e cioè chi agli occhi dell’opinione pubblica, pur sostenuto da un imponente apparato finanziario, non solo non ha protetto la Francia dalla crisi, ma in modo arrogante e prepotente ha imposto, in accordo con Angela Merkel, una visione ottusa e ristretta dell’Europa, e ha tragicamente aggravato la crisi. C’è una relazione tra la sconfitta di Sarkò e l’avanzata delle forze più radicali e antieuropee in Grecia. Da Atene viene un risultato -con l’ingresso con percentuali elevatissime dei neonazisti in Parlamento- che racconta di cosa può produrre una gestione tecnocratica, algida e mercatista della crisi. (continua…)
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Da Dazebao del 6 maggio
Il 6 maggio 2012 può diventare una data importante nella vicenda europea degli ultimi anni.
Era nell’ordine delle cose che, nelle battute finali prima del voto francese, tutto si facesse più incerto. La polarizzazione estrema dello scontro tra Nicolas Sarkozy e François Hollande sta mobilitando -vedremo fino a quale punto e con quali esiti- le zone più grigie dell’elettorato, più abituate o propense all’astensionismo. Rimango convinto che la vittoria socialista ci sarà, ma tutti gli interessi minacciati dalla forte caratterizzazione contro gli interessi finanziari che Hollande ha voluto dare alla sua sfida, e che hanno ridato vigore ed entusiasmo a un popolo disperso e diviso della sinistra, si stanno coalizzando. Con Hollande cambierebbe il corso della vicenda europea. E Barack Obama, che da solo ha dovuto affrontare la crisi mondiale, a fronte di di un’Europa ancorata a vecchie ricette liberiste e monetariste, avrebbe col Presidente socialista francese un autorevole leader col quale costruire un disegno comune. (continua…)
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Dall’Unità del 30 aprile
Il bel voto francese per Hollande incoraggia tutte le forze che in Europa sono alternative alle destre liberiste, che con i tagli e la recessione hanno acutizzato la crisi.
In Francia la politica e i partiti non si sono tirati indietro di fronte alla crisi ma hanno aperto un salutare confronto democratico, mentre l’antipolitica ha rafforzato le destre.
In Italia, dopo circa sei mesi di governo tecnico, siamo invece sempre più impantanati, con politiche rigoriste e senza crescita, che dividono gli italiani, impoveriscono i lavoratori e i piccoli imprenditori e con un sistema politico fortemente discreditato. L’emergenza si è trasformata in pericolosa confusione caratterizzata dalla dannosa e non veritiera alleanza ABC, che mescola i responsabili della crisi e con chi si è battuto contro e ne vuole uscire con il cambiamento democratico. È il morto che afferra il vivo.
Per stare con credibilità nella fase politica è necessario rimarcare la nostra diversità anche con una risposta eccezionale del Partito Democratico di fronte all’emergere in forme drammatiche di una nuova questione morale. Siamo di fronte a una nuova crisi di regime, più grave di quella del biennio 92-94. Si saldano in un miscuglio potenzialmente esplosivo crisi sociale e crisi politica, con rischi seri per la democrazia. (continua…)
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