Archivio per dicembre 2011

Da Lettera43 di oggi

La prospettiva del Governo Monti, in queste ore, è cambiata. Se l’Italia ha recuperato credibilità in Europa, e se è uscita da un avvitamento che poteva essere pericoloso, tuttavia gli elementi di scarso coraggio che hanno caratterizzato la manovra -in cui il rapporto tra rigore e equità è due a uno, e quello tra rigore e crescita ancora più alto, malgrado le positive correzioni impresse dalle forze sociali e dal Parlamento, fino alle decisioni importanti per il Mezzogiorno del Ministro Fabrizio Barca- non rafforzano la prospettiva del Governo. Che Silvio Berlusconi tenti un’improbabile rincorsa della Lega, e sia già con un piede fuori dalla maggioranza, era nell’ordine delle cose prevedibile. Da questo punto di vista la rinuncia ad una vera patrimoniale, e i tentennamenti sull’asta delle frequenze, sono stati, per il Governo presieduto da Mario Monti, un regalo al Pdl non ricambiato. Ma a sinistra il prezzo di queste scelte, accompagnato da costi durissimi sulle pensioni, sul costo della vita e sui redditi medio-bassi, ha aperto una sofferenza che non si sa come e dove andrà a finire. (continua…)

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Da Lettera43 di oggi

La minestra è questa, e il PD deve mangiarla. L’alternativa di saltare dalla finestra non è nelle cose. Per un grande partito popolare che si candida ad aprire una nuova stagione italiana, il suicidio, o la fuga non sono ipotizzabili. Se la può permettere, questa scelta, l’Italia dei Valori, che il Governo Monti l’aveva sostenuto obtorto collo, e che conta di lucrare sulle difficoltà del PD. Se la può, e forse se la deve permettere, la scelta di non mangiare la minestra, Nichi Vendola: facilitato dal non avere rappresentanza parlamentare, e premuto dalla dura opposizione che Paolo Ferrero, nel recente Congresso di Rifondazione Comunista, ha annunciato.

Il Partito Democratico, invece, soffre. Ma tra il sostegno al Governo, e il portare la croce e cantare, c’è una bella differenza. Sarebbe stato necessario, come abbiamo scritto su queste pagine, che prima della manovra -come ha fatto sul versante opposto Silvio Berlusconi-, Pierluigi Bersani avesse piantato delle bandierine insuperabili. La CGIL lo aveva fatto, senza equivoci. Quelle poste dal PD, a causa delle diversità di opinioni, in alcuni casi di natura strategica sulla natura della crisi e sulle vie d’uscita, sono state poche e sostenute con voce troppo flebile. (continua…)

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Dall’Unità di oggi

Il cuore della transizione che si è aperta con la caduta di Silvio Berlusconi e la formazione del Governo Monti riguarda il destino dell’Europa, come grande progetto comune che, con fatica, ha attraversato il Vecchio Continente dalla fine del nazifascismo ad oggi. La profezia di Altiero Spinelli -che sognava da Ventotene al Parlamento Europeo gli Stati Uniti d’Europa- rischia di essere realizzata, come il negativo di una pellicola, al suo contrario. L’assenza di una struttura democratica e legittimata del Governo Europeo ci sta conducendo a una Germania Europea, dominatrice, attraverso il suo potere finanziario, dell’intero Continente.

Il Partito Democratico e la sinistra italiana, in questo momento, non avevano alternative. Ad una situazione oggettiva, si sono aggiunti gli errori di prospettiva commessi negli anni 90 e nel decennio successivo, quando è stata negata l’autonomia politica e culturale di un campo di forze socialdemocratico e riformista in Italia. Ma ora è da qui che occorre ripartire, guardando in faccia la realtà. Da 530 giorni il Regno del Belgio, fondatore dell’Europa, è senza Governo, polverizzando ogni altro primato nell’era contemporanea. Il direttorio franco-tedesco ha imposto tempi e contenuti di una politica di rientro dal debito alla Grecia, fino a determinare un nuovo Governo di unità nazionale. In Spagna la crisi ha travolto i socialisti, e Mariano Rajoy avrà una maggioranza per realizzare gli indirizzi imposti dall’Europa. In Francia, proprio alla vigilia di una possibile vittoria delle sinistre, si odono rumori di un forte attacco speculativo. E se la sinistra italiana avesse negato la fiducia a Mario Monti per andare alle elezioni, si sarebbe votato con uno spread totalmente fuori controllo, e col concreto rischio di un default nazionale.

Non serve essere dietrologi o complottisti. Succede semplicemente che i poteri che nel trentennio liberista sono diventati così giganteschi, e che hanno originato la crisi attuale del capitalismo, manovrano per imporre il proprio punto di vista, anche se si tratta di calpestare le democrazie. Le notizie di un piano riservato tedesco per commissariare i paesi in crisi riducendo al minimo la loro autonomia decisionale non possono essere lette in modo superficiale.

Anche nelle culture progressiste ha fatto strada quest’idea. Leggo un editoriale di Michele Salvati sul Corriere della Sera in cui, paragonando Mario Monti al dictator Cincinnato, lamenta tuttavia che egli sia ancora costretto a fare i conti col Parlamento. E Stefano Fassina, responsabile economico del PD, è sotto attacco per aver manifestato alcune di queste preoccupazioni. (continua…)

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