Archivio per giugno 2011
Da Lettera43 di oggi
Che la spinta propulsiva dell’Antonio Di Pietro di sinistra, talvolta di estrema sinistra, si fosse esaurita, era chiaro da tempo. Prima Nichi Vendola, con la sua nuova formazione politica, e poi, lentamente ma inesorabilmente Pierluigi Bersani, hanno progressivamente occupato lo spazio di sinistra. Quello squisitamente giustizialista, contro tutti i politici, Di Pietro compreso, è stato di recente (regionali del 2010 e amministrative di quest’anno) occupato dal Movimento Cinque Stelle e da Beppe Grillo. Una ricollocazione in senso più moderato dell’Italia dei Valori – partito che ha pochi anni di vita, ma nel quale si sono ricollocati e talvolta riciclati esponenti del vecchio ceto politico di ogni parte- era prevedibile e persino auspicabile, ed obiettivamente aiuta il difficile compito di Bersani di costruire una coalizione equilibrata, salda, vincente.
Quello che tuttavia non si poteva immaginare, è il fotogramma del colloquio tra il premier e Di Pietro, sui banchi della Camera. E poi ancora, quell’intervista delll’ex PM di Mani Pulite, già carica di compassione umana per l’antico avversario “sconfitto”. (continua…)
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In Sardegna è nato in questi giorni un nuovo quotidiano, Sardegna Quotidiano, a cui collaboro. Oggi è uscito questo mio commento
L’ipocrisia della manovra annunciata dal Governo dà il segno di quale prezzo il Paese rischi di pagare a causa della debolezza politica drammatica della maggioranza. 47 miliardi, di cui 2 quest’anno, cinque il prossimo -ultimo anno di legislatura, se non finisce prima- e venti per ciascuno dei due successivi -quando probabilmente governerà il centrosinistra-, raccontano questa situazione. Nell’ipocrisia, dietro la coperta corta della sospensione dello stipendio ai ministri (rimarrà loro solo quello di parlamentari), torna l’odiato ticket sulle prestazioni sanitarie -una delle misure di raccolta di risorse più inique, perché colpisce i più deboli, e più inumane, perché colpisce i malati- cancellato qualche anno fa dall’attuale opposizione. Ma rimane il fatto che se la manovra dovesse essere questa, i rischi per l’Italia di una deriva greca si farebbero più concreti. L’Italia ora avrebbe bisogno di una scossa, di un largo consenso, di una manovra ispirata a inequivocabili criteri di giustizia sociale e capace di rilanciare la crescita. Per il centrosinistra e per il Pd in particolare il compito è davvero arduo: chiudere al più presto una legislatura che sta aggravando la situazione economica e sociale, e proporre un grande piano di rinascita. (continua…)
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Da Lettera43 di oggi
Ora che anche Sergio Chiamparino sostiene l’alleanza con Nichi Vendola e Antonio Di Pietro, si può proprio dire che Pierluigi Bersani ha tutte le condizioni per vincere la sua sfida. Certo, si può osservare che una tale strategia non potrebbe avere vita facile definendo gli interlocutori in modo caricaturale, a partire dall’etichetta di “sinistra populista” data dall’ex-sindaco di Torino a Di Pietro. Anche perché quest’etichetta non dà conto della recente svolta del leader di Italia dei Valori, responsabile, moderata, a sostegno di Bersani. Dettagli. Ma che la componente liberal del Pd modifichi il suo indirizzo è il segno del vento nuovo che spira nell’opposizione. (continua…)
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Da Lettera43 di oggi
Pierluigi Bersani, con Antonio Di Pietro -che di questa campagna referendaria è stato il primo promotore- e con gli altri esponenti del centrosinistra, può gioire davvero per l’esito referendario. E’ un momento in cui al leader PD tutto riesce bene. Se a Di Pietro, e ai Comitati per l’acqua pubblica, va riconosciuto il merito di aver rivitalizzato, dopo ventiquattro flop successivi del quorum, l’istituto referendario, a Bersani va riconosciuto il merito -a fronte delle posizioni fortemente favorevoli al privato nei servizi presenti nel suo partito- di aver assecondato la grande onda che ha visto i giovani protagonisti, e di cui la base e l’elettorato del Pd sono stati partecipi. Un’onda talmente forte da investire anche un elettore su due del centrodestra.
E’ opportuno tuttavia che il segretario del Pd, e i massimi dirigenti di questo partito, soprattutto i teorici di un riformismo liberale – in cui tutto andrebbe liberalizzato o messo in competizione- riflettano bene sul significato di questo voto. In primo luogo c’è una domanda di partecipazione e di protagonismo -la stessa che ha fatto vincere chi non ti aspetti prima alle primarie per le amministrative e poi alle elezioni stesse-, che non delega in bianco i partiti e gli eletti, e che pretende di condizionare le scelte che possono incidere sulla vita delle persone. Così per il nucleare -che riguarda la salute delle persone (e aggiungiamo che il voto referendario ha un valore europeo e internazionale, e ridà prestigio al nostro Paese tanto malandato)- e così per l’acqua, in cui vince un principio, un’idea morale, il convincimento che su un bene vitale e essenziale, che va gestito meglio e non sprecato, non è accettabile che vi siano speculazioni. Oggi c’è un vento profondamente democratico, dopo una lunghissima stagione in cui, anche a sinistra, prevaleva la cultura del capo e della delega al leader. (continua…)
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Per il Pd, senza dubbio, si apre una fase nuova. Ciò che è davvero si è esaurito, col voto delle amministrative, è il progetto originario del Partito Democratico. Aveva suscitato interesse e passione – al punto che nelle riunioni di partito, gli iscritti, per lo più giovani, al Pd senza una storia comunista, democristiana, socialista o simile alle spalle, si autodefinivano “nativi”-, aveva drenato e svuotato voti a sinistra, fino a quel 33% del 2008 (con l’eccezione di Di Pietro, cui Veltroni aveva concesso l’alleanza), aveva creato l’illusione che un modello bipartitico americano fosse alle porte anche in Italia. Il particolare che Veltroni e i suoi non avevano valutato nella sua portata era il sistema elettorale, che non premia il partito che ha la maggioranza relativa (che poi neppure il Pd ha avuto, perché nel frattempo è nato il Pdl), ma la coalizione di forze, comunque aggregata, che prevale.
Al fondo della scommessa di Veltroni – su questo punto senza sostanziali differenze con D’Alema, all’epoca con lo stesso Bersani e con Fassino, per non parlare di Marini e di Fioroni- c’era la convinzione che l’ex-sinistra, divenuta centro, o centro che guarda a sinistra, dovesse tagliare i ponti con la storia, le idee, i valori della sinistra storica della Repubblica, e troncare ogni rapporto con la sinistra “radicale”, considerata la responsabile unica della crisi del Governo Prodi. L’ideologia liberale -depurata dalle sue estremizzazioni liberiste- era l’approdo di quel progetto. (continua…)
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Da Lettera43 del 3 giugno 2011
La sconfitta di Berlusconi e Bossi ha proporzioni tali da costituire per Bersani e per il centrosinistra un’occasione senza precedenti. La decisione della Cassazione sul nucleare -che giudica insufficienti le modifiche strumentali apportate all’ultimo momento dalla maggioranza e che conferma il quesito sull’argomento- può dare l’abbrivio, sulle ali dell’entusiasmo per le amministrative, per il superamento del quorum al referendum, anche sui temi dell’acqua e della giustizia. Un esito di questo tipo per il centrosinistra sarebbe una nuova e ulteriore spinta verso l’apertura di un nuovo ciclo politico. (continua…)
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