Archivio per marzo 2011
Bruno Gravagnuolo ha intervistato oggi Pietro Ingrao su l’Unità
Compleanno di Ingrao. Con tutto il rispetto per una vita ben altrimenti straordinaria, è un po’ come se fosse anche il nostro. E infatti, per questo suo novantaseiesimo anno, siamo di nuovo da lui a festeggiare, e a «ragionare». Assieme. La marionetta di Charlot è sempre là, con gli Omiccioli, i Vespignani, i disegni di Guttuso, le foto, i piccoli cimeli. E quella morbida luce meridiana, fattasi vespertina, che di solito accompagna i nostri incontri. Preliminari. Pietro compare inatteso, lieve. Mentre il nipote, Giovanni Lombardo Radice, ci racconta che a tennis Ingrao perdeva spesso con suo padre Lucio Lombardo Radice…. E noi scherzando glielo ripetiamo… «Mica vero – dice Pietro, materializzatosi d’incanto in soggiorno – Vincevo io! E poi che fai? Arrivi e mi prendi subito in giro? ». «No, Pietro – replichiamo – lo so che eri bravo e che invece con Aldo Natoli vincevi tu…». «No, Natoli era forte, con lui perdevo…».
E allora cominciamola anche noi questa partita-intervista. A tratti ostica. Con Ingrao che gioca di rimessa e non di rado contrattacca disarmante, mettendoti in imbarazzo: «Ma perché mi fai questa domanda? Mi sembra un po’ ovvia…». E noi a cercare un’altra strada, forzando il ritmo dei suoi dubbi. Chiacchierata fatta di tre «games: la guerra, l’idea di patria e la sinistra. Quanto al primo punto, Ingrao ci «spiazza» subito: non è affatto un pacifista radicale e assoluto. Come tanti lo descrivono. E dice: «certo la guerra è sempre un male, e tutto il miosecolo è statoun secolo di guerra. Amela pace non è stata consentita, benché la agognassi. Ora esplode l’Africa, e io sono contro le soluzioni belliche, però…». Però… Pietro? «Se sei costretto danemici feroci e infami, allora combatti. Ci sono guerre e guerre, e io ho combattuto contro il nazifascismo…». Scusami Pietro, se insisto: si può consentire interventi umanitari a difesa degli inermi, fuori di casa tua? «Guarda, non sono mai stato a guardare, ma voglio capire, ogni volta, di che si tratta. Personalmente ho sempre agito da resistente e da cospiratore. Mi chiedi della Libia, no? E ti rispondo: era giusto intervenire, nonsipuòrestare indifferenti. E questo è stato sempre il mio atteggiamento, fin dal 1936 anno della mia presa di coscienza antifranchista e antifascista. Perciò non dico “no alla guerra sempre”. Anche se si tratta di vedere, di volta in volta, se sia giusto intervenire, oppure no». Tuttavia caro Pietro, questa guerra, e di bel nuovo, divide la sinistra, e pure la destra al governo. Sicché, non ci vuole almeno un criterio generale, per dirimere il dilemma «intervento/ non intervento»? E poi, all’estrema sinistra, c’è chicomeGino Strada dissente comunque dall’intervento autorizzato dall’Onu in Libia… Insomma tu che dici? «Dico che tu sai bene quello che è stata la mia vita, e che sta lì il mio criterio di scelta. Ora è difficile parlare della guerra in astratto, “guerra giusta o non giusta”… ma se mi chiedi di Gheddafi, posso dirti: èunmascalzone.E perciòun modo per far fronte a uno come lui lo si doveva pur trovare. Con tutti i dubbi sui rischi imperiali euroccidentali che un intervento del genere può implicare in quell’area». Cambiamo argomento: la patria. Ingrao, la destra suole dire oggi alla sinistra: “siamo noi che vi abbiamo convertito alla patria e al tricolore”! Ma fa rabbia, non credi? «È totalmente falso! In Italia la guerra al nazifascismo è stata anche una guerra patriottica, vissuta, anche dal Pci, con un legame profondo con la nostra patria. Scusa, e metti nomee cognome:machi dice il contrario? ». Elenco lungo, caro Pietro: Vespa, La Russa, Ostellino, Della Loggia…«Non mi irrita più di tanto, sentire certe cose, sono posizioni diverse dalle nostre, ristrette. E i nomi che fai non mi impressionano granché…Permecerte cose sono assodate. In Europa e in Asia si sono condotte nel 900grandi lotte nazionali, gigantesche lotte di emancipazione sociali e nazionali. Se poi mi chiedi del Pci e della sua funzione nazionale, certe accuse ce le facevano i fascisti, e sono state confutate dal ruolo del Pci nella Resistenza. Nonché da ciò che i comunisti hanno fatto nel dopoguerra in Italia. Io poi lamia risposta a riguardo, materialmente, l’ho data nei fatti…». (continua…)
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Da Lettera43 di oggi
“Non è che non veda i problemi del Pd -dice ieri Bersani alla direzione del partito-. Certo che ci preoccupano le uscite sul territorio, ma vorrei dire che ci richiama ad avere attenzione (leggi Veltroni, Fioroni Tonini, ndr) dovrebbe dire anche che hanno torto quelli che se ne vanno”. Domando: può il più grande partito dell’opposizione, candidato all’alternativa a Berlusconi, dedicare in questo momento un’attenzione tanto eccessiva ai propri problemi interni? Il Pd guarda il suo ombelico. E intanto il mondo esplode. Esplode la centrale di Fukushima, con la fusione del nocciolo del reattore 2. E chiama la politica a scelte lungimiranti su tecnologie e modalità di sviluppo che siano governabili dall’uomo, compatibili con la salvaguardia della specie. Esplodono i prezzi delle materie prime, dal petrolio – e non solo per la Libia- al caffè, con ripercussioni sull’inflazione e sulla vita quotidiana della gente. La politica non si occupa dell’aumento dei prezzi. Esplode tutto il mondo arabo, in una rivoluzione democratica e civile senza precedenti, non prevista, e forse neppure auspicata dalla politica. Esplode la Libia, sotto i colpi incrociati dei mercenari di Gheddafi e degli insorti appoggiati dall’aviazione della Nato. Esplode Lampedusa, con gli abitanti esasperati e i rifugiati trattati come animali: frutto malato del cumulo di ipocrisie che da anni segnano l’approccio governativo alle questioni dell’immigrazione; e la voce del Pd su questi argomenti è flebile e imbarazzata. Cambia la geografia politica di Germania e Francia – dai Grunen tedeschi a Marine Le Pen- e in Italia, al punto più basso dei consensi di Berlusconi non si riesce ad andare a elezioni anticipate. (continua…)
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Da Lettera43 di oggi
In una parte della sinistra, in singolare sintonia con la Lega, è il momento dei documenti severi contro la guerra. Fino alla risoluzione dell’ONU, e all’intervento dei caccia francesi, i documenti erano rimasti nelle penne degli estensori. Ora invece scatta la campagna: né intervento militare né Gheddafi. Sinistra, ecologia e Libertà , e Nichi Vendola, si distinguono in questo impegno. Molte ragioni che si leggono nei documenti sono nobili, e in astratto giuste: la guerra non risolve i problemi, non bisogna aggiungere vittime civili a vittime civili, alla domanda di democrazia non si risponde con le bombe. Ma in concreto bisogna rispondere ad un’altra domanda, per chi è¨ contro la guerra: come faceva l’ONU a fermare l’ingresso, che stava per avvenire, delle truppe di Gheddafi dentro Bengasi? Con l’appello al cessate il fuoco? Con l’azione diplomatica? Tutti sanno che, com’era già successo in villaggi e piccole città riconquistate dalle truppe del dittatore, ci sarebbe stata una strage, in una grande città come il capoluogo della Cirenaica moltiplicata all’ennesima potenza. Dal 17 febbraio il regime, prima coi mercenari, poi riorganizzando l’esercito ha represso con una ferocia inaudita la ribellione democratica. Semmai l’Unione Europea, per le reticenze e le amicizie trasversali con Gheddafi, gli Usa, l’Onu hanno rinviato all’ultimo momento utile ogni decisione, lasciando che sul terreno, in un mese, si distruggesse una parte della gioventù che ha preso le armi in mano. (continua…)
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Da Lettera43 di oggi
Le prossime settimane si incaricheranno di dirci se l’uscita di Veltroni a favore di una candidatura di Renzi a premier è solo una boutade tattica, per pizzicare Bersani, o è un disegno strategico volto a ridisegnare i confini del Pd e del centrosinistra. Ad ascoltare Chiamparino viene in mente la seconda ipotesi. A vedere il comportamento di Veltroni, a partire dall’estate scorsa, con la fondazione del Movimento Democratico e un continuo stop and go nei rapporti con la segreteria, viene il dubbio di un uso tattico e di breve respiro.
Certo è che la tenuta sorprendente -non per chi scrive- di Berlusconi, ha scoperto le carte di chi aveva puntato tutto, nel centrosinistra, sulle elezioni immediate, a partire da Nichi Vendola. E se per Bersani non cambia molto -anche perché ha il passo del diesel, non della macchina sportiva-, ecco che prende quota una figura come Renzi. Giovane, ambizioso, grande comunicatore, molto moderato, sembra perfetto per il 2012 o per il 2013. E tuttavia, se davvero questa ipotesi fosse concreta -sicuramente lo è per il sindaco di Firenze- saremmo di fronte a una scelta che porta dritto dritto alla rottura del Pd e del centrosinistra. (continua…)
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Da Lettera43 di oggi
La settimana si apre all’insegna della “riforma epocale della giustizia”. In realtà a noi appare, a proposito di giustizia, l’ ennesimo scoppiettante annuncio di rivoluzione destinato a finire nel nulla. Cominciamo da qui: nei diciassette anni di berlusconismo si contano decine di annunci come quello di questi giorni. Forse arriviamo a quota cinquanta. Ogni volta si attendono separazione delle carriere tra Pm e giudici, revisione radicale del Csm, qualche volta -più raramente, per la verità, perché il tema è controverso nell’elettorato di centrodestra- revisione dell’obbligatorietà dell’azione penale, ripristino dell’immunità, limite alle intercettazioni, e così via. Alcune di queste norme richiedono revisioni costituzionali, altre leggi ordinarie: ma in fin dei conti non si sono fatte per diciassette anni e non si vede perché all’annuncio di ora dovrebbe seguire qualche atto concreto.
Le sole norme andate avanti sono quelle ad personam, rimesse in discussione dalla Corte Costituzionale, con l’obiettivo di frenare le azioni giudiziarie nei confronti di Berlusconi. (continua…)
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Da Lettera43 di oggi
La larghissima vittoria di Fassino, nelle primarie del centrosinistra a Torino, non era per nulla scontata. Non solo perché attorno al suo competitor Gariglio, giovane e brillante, si era raccolta una coalizione di personalità forti e elettoralmente assai radicate: un po’ come era successo a Firenze quando prevalse Renzi. Ma anche perché Fassino appariva come un uomo della nomenklatura del Pd, con una storia dal Pci in avanti assolutamente tradizionale, torinesissimo sì, ma rientrato nella sua città per candidarsi dopo quasi trent’anni. E del resto i timori della vigilia, forse un po’ esagerati con l’obiettivo di chiamare alla mobilitazione il massimo dell’elettorato storico della sinistra torinese, non erano infondati.
Il popolo di sinistra ha risposto, con una partecipazione al voto assolutamente imprevista, scegliendo Fassino. La divisione alla sinistra del Pd fra tre candidati ha favorito la forza dell’ex-segretario Ds.
E bravo, Piero! La tenacia e l’abnegazione nella sua capacità di lavorare, in una giornata che per lui è sempre superiore alle 24 ore, hanno fatto il resto. Insieme ad un atto di coraggio di chi ha contribuito in modo decisivo a compiere la discutibilissima scelta di fondare il Pd, e che per fare questo ha addirittura sacrificato il proprio ruolo di segretario politico dei Ds; e che ora, per rientrare nella politica nazionale, sa che deve passare per un’altra esperienza, quella di sindaco di una metropoli.
Lo schema politico secondo cui le primarie favoriscono solo Nichi Vendola sembra messo in discussione. All’indomani della vittoria di Pisapia a Milano, si era, del tutto impropriamente, parlato di effetto-Vendola. In verità, se si esamina il profilo e la credibilità di Fassino e di Pisapia, ci sono molti punti in comune: si tratta di persone di grande moralità e che appaiono sobrie, rispetto alla volgarità prevalente oggi nel ceto politico. Di uomini che non amano le urla e gli insulti, ma ascoltare e ragionare. Fassino oggi ha messo un’ipoteca importante sulla vittoria finale. Per Pisapia è più dura, e tuttavia i sondaggi lo accreditano di pecentuali importanti e in crescita. (continua…)
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