Archivio per febbraio 2011

Da Lettera43 di oggi

La senatrice Franca Chiaromonte, del Pd, da anni conduce una sua iniziativa per il ripristino dell’immunità parlamentare. La sua proposta – che fra l’altro, con il silenzio assenso del Parlamento, nel qual caso l’autorizzazione a procedere si intende concessa, renderebbe la norma trasparente – non è sospetta di strumentalità o di tatticismo nei confronti dell’offensiva scatenata sull’argomento dal premier in questi giorni, e quindi va rispettata. Non ho condiviso e non condivido questa proposta perché già oggi l’immunità tutela giustamente gli eletti per i reati di opinione commessi nell’esercizio della propria funzione. Tornare a prima del 93, per tutti i reati comuni, sarebbe un odioso e incomprensibile privilegio. Vale poco il richiamo di Cicchitto e di altri esponenti del Pdl alla Costituzione del 48: non solo perché quella norma nasceva in quel contesto storico -dopo il fascismo, i Tribunali speciali, la persecuzione politica degli oppositori del regime- ma anche perché la sua ratio fondamentale, come si spiega nei lavori preparatori della Costituente, era quella di tutelare la libera espressione politica e il pluralismo. Nella società di oggi, con una crisi della rappresentanza sempre più acuta -problema di tutte le democrazie-, privilegi non spiegabili per gli eletti non sono accettati socialmente. Vengono giustamente vissuti come presunzione di una casta che si sente legibus soluta. (continua…)

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Da oggi, con questo intervento, Terra di Nessuno approda a lettera43, nuovo quotidiano on-line.

Su La Padania, in prima pagina, campeggia un’ampia intervista a Bersani che apre alla Lega sul federalismo e sulle politiche dell’immigrazione. Le notizie sono due: una buona e una meno buona.

La prima notizia, buona, è che la Lega manda un segnale chiaro chiaro al premier. Non potendo più dissimulare l’imbarazzo per il caso Ruby, nel giorno in cui il Gip di Milano ha deciso sul rito immediato per Berlusconi sui reati di concussione e di prostituzione minorile, e constatando che, a fronte degli scandali, il federalismo nelle forme propugnate dalla Lega si trova in stallo, decide di sparare un Bersani in versione pro-Lega in prima pagina. Il premier deve riflettere bene. Non durerà una maggioranza che, numericamente, si sta persino espandendo dal 14 dicembre in poi, se la Lega non otterrà un successo politico visibile e indiscutibile. Tremonti è pronto, fa la sua campagna di immagine ( si pensi al viaggio dell’altro giorno in seconda classe coi sindacalisti per Reggio Calabria), e la crisi si avvicina.

La seconda notizia, meno buona, è che in nome di una finalità condivisibile – l’apertura della crisi, appunto, e le elezioni anticipate – Bersani fa una mossa tattica coraggiosa e persino spregiudicata (forse la prima della sua segreteria) ma, nel merito, confusa. Siamo due forze autonomiste, Lega e Pd, dice Bersani, e quindi possiamo davvero fare il federalismo. Ok. Ma quale? Il sacrosanto anche se tardivo no del Pd al federalismo comunale non può che alludere all’esplicita volontà di non distruggere l’Irpef e la sua progressività, già fortemente attenuata negli anni del neoliberismo. Un conto è l’autonomia territoriale, un altro la separazione tra territori creando disparità fiscali e di servizi inaccettabili. La scuola, la ricerca, le politiche per la maternità e per i servizi sociali e sanitari ed altri settori del welfare stanno già soffrendo oltre misura a causa del ridursi della sfera di spesa unitaria e nazionale.

E, aggiunge Bersani, sappiamo che la Lega non è razzista. Lo dice in una prima pagina aperta dal titolo “Travolti dall’orda”. L’orda sarebbero i disperati che arrivano a Lampedusa. L’orda chiama alla memoria gli unni o i selvaggi. Certo: la Lega non è razzista, ma tante volte i suoi dirigenti, o il suo giornale usano vocaboli dispregiativi se non razzisti. Se è giusto chiamare la UE alle sue responsabilità nell’emergenza di oggi, non si possono fare sconti alla fallimentare politica del centrodestra sull’immigrazione, cominciata con la Bossi-Fini, e portata avanti solo con l’obiettivo un po’ cinico di ottenere consensi sulla paura.

Ben venga il dialogo, allora. Ma non richiede né tatticismi né indifferenza sui contenuti. Richiederebbe al Pd e ai suoi alleati una fisionomia chiara e alternativa che purtroppo, nei giorni in cui il berlusconismo sembra all’epilogo, si stenta ad intravvedere.

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In occasione della mostra su Beccaria, con l’esposizione del manoscritto originale del Trattato dei delitti e delle pene, che si svolge alla Camera dei Deputati, organizzata da MetaMorfosi, ho svolto ieriquesto intervento

Sale, anche nel mondo di oggi, dal profondo delle coscienze -come fu nel 44 e nel 45- la domanda spasimante che sempre risorge di fronte all’inutilità del dolore: “perché?”. Hannah Arendt ha scritto che “quando l’impossibile è stato reso possibile, è diventato il male assoluto, impunibile e imperdonabile”. Il cuore del 900, tra le dittature nazifasciste e il totalitarismo sovietico, ha consegnato all’umanità una tragedia infinita che avrebbe forse, per il suo orrore, annichilito anche i grandi padri dell’illuminismo e della libertà.

Anche noi, dedicando a Cesare Beccaria – troppo trascurato nella sua patria ancora oggi – questo evento, fuori da ogni retorica celebrativa, dobbiamo porci due perché.

Perché nel 2011, nell’epoca in cui il digitale ha reso la comunicazione tanto veloce e la conoscenza tanto prossima, e quindi l’ignoranza più facile da contrastare, la pena di morte e la tortura -due delle barbarie contro cui il Trattato dei delitti e delle pene ha scritto duecentocinquanta anni fa parole così emozionanti- rimangono sistemi così diffusi? Perché, poi, la giovane nazione, l’Italia unita, che dopo l’unica vera rivoluzione politica che ha conosciuto il nostro Paese, il Risorgimento, abolisce nel 1889, grazie al contributo decisivo di Giuseppe Zanardelli, la pena di morte, centocinquanta anni dopo appare inquieta e incerta, e perché ancora oggi il principio di legalità, come prima condizione della libertà (non operare, come scrive Beccaria, “con leggi arbitrarie e non stabilite da un codice che giri fra le mani di tutti i cittadini”) sembra vacillare? (continua…)

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