Archivio per febbraio 2010
Dal primo numero di Paese Sera – L’inchiesta, settimanale free press, dove tengo la rubrica delle lettere
“Madame nostalgie”, cantava Serge Reggiani. Madame nostalgie, viene da cantare ritrovando Paese Sera, anima di Roma rossa e popolare. Mario Papetti, uno dei giornalisti dell’antica testata, ce lo ricorda, coi suoi auguri. E così l’operaio e sindacalista della Fatme, Maurizio Elissandrini, che ricorda a Papetti e a tutti noi le battaglie operaie fatte sulla via Anagnina, come sulle altre consolari. Giuseppina e Lory raccontano come da bambine hanno imparato a leggere su Paese Sera. Con queste tre lettere, altre centinaia, visibili sull’edizione on-line, narrano una storia, un’amarezza per il presente, una speranza per domani. E’ un’operazione vintage, e non occorre vergognarsene. La sinistra, con troppa leggerezza, ha mandato al macero simboli e miti del proprio passato, senza interrogarsi sullo sradicamento e sulla crisi di senso che il nuovismo senza radici producevano nella società. (continua…)
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Da Epolis di oggi
L’uso politico strumentale del fattore sicurezza tocca a Milano, in queste ore, le vette dell’indecenza. I partiti che da quasi vent’anni sono responsabili di tutto nella città e nella Regione, gli stessi che dal 94 ad oggi hanno governato per nove anni abbondanti con lo stesso premier e che hanno scritto e voluto la legge sull’immigrazione (la cosiddetta Bossi-Fini) in vigore dal 2003, anziché assumersi le proprie responsabilità organizzano una fiaccolata di protesta in via Padova, dove gli agenti di polizia, sottopagati e senza straordinari, già faticano a tenere gli animi tranquilli. Una parte di questi irresponsabili, al grido “tolleranza zero”, annuncia: li prenderemo casa per casa, porta per porta! Le proposte di rallestramento dei moderni feldmarescialli leghisti (gli stessi della scomunica contro il cardinale Tettamanzi) sono state stoppate dal leghista Ministro dell’Interno e dallo stesso Bossi. (continua…)
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Da Epolis di oggi
Il terremoto morale che scuote dalla fondamenta la Protezione Civile e il suo simbolo, Guido Bertolaso, va affrontato con la stessa determinazione che si dimostra di fronte alle catastrofi naturali. Rischia infatti, dall’inchiesta di Firenze e dalla pubblicazione di intercettazioni sconcertanti sui vertici del settore, di essere infangata l’opera straordinaria e meritoria che uomini e donne della Protezione Civile hanno prestato e prestano, a cominciare dal terremoto dell’Aquila. Per questo – al di là di rilievi penali e di responsabilità di fronte alla giustizia- la scelta di Bertolaso di rassegnare le dimissioni era giusta e doverosa: per potersi meglio difendere nell’indagine in corso e dalle eventuali accuse che possono essere formulate, e anche perché i propri comportamenti privati (così come vengono raccontati nelle intercettazioni) non gettino discredito, se non debitamente confutati, su un’istituzione di cui gli italiani hanno fiducia. “Questa vicenda è un cazzotto allo stomaco” (Pezzopane, Presidente della Provincia dell’Aquila, centrosinistra); “sciacalli, fanno schifo” (Cialente, Sindaco dell’Aquila, centrosinistra); “si debbono usare le deroghe previste per l’emergenza?” (Chiodi, Presidente della Regione, centrodestra). (continua…)
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Da Epolis di oggi
“Il primo capitale da salvaguardare e valorizzare è l’uomo, la persona, nella sua integrità”. Lo ha scritto papa Benedetto XVI° nell’enciclica Caritas in veritate, i cui concetti ha ribadito domenica all’Angelus, davanti agli operai di Portovesme. Chissà Sergio Marra, operaio di 36 anni, suicida perché prostrato dopo aver perso il lavoro a Zingonia, in una piccola fabbrica chimica, se aveva letto di quest’enciclica. Certo è che il capitale la sua persona, la sua integrità non l’hanno rispettata. Il lavoro ridotto a merce, precarizzato all’estremo, prima vittima delle multinazionali (così per Termini Imerese, dove Marchionne paga il prezzo del suo shopping internazionale, così per l’Alcoa di Portovesme, dove gli americani chiudono dalla mattina alla sera), non più un valore – quello di cui parla l’art.1 della Costituzione –, oggi è frullato. Poche chiacchiere: solo la fine del credo liberista degli anni 90, che ha travolto tutte le culture politiche, potrà fermare questo massacro. Occorre un nuovo credo lavorista, o laburista: una vera e propria rivoluzione copernicana delle politiche economiche e sociali. Su queste colonne sosteniamo da tempo questa tesi, anche quando eravamo più soli. La compagnia oggi si è arricchita: il cardinale Tettamanzi (Milano), il cardinale Poletto (Torino), il cardinale Scola (Venezia), il cardinale Romeo (Palermo). La Chiesa – lo testimoniano anche gli operai a San Pietro – sembra uno dei pochi baluardi morali e sociali a difesa del lavoro. E così la CGIL, colpevolmente isolata dalle altre confederazioni sindacali.
E tuttavia all’appello mancano ancora i soggetti che più possono compiere la rottura col passato. Il primo sono gli imprenditori, o meglio la Confindustria, attardata a chiedere vecchie politiche liberali anziché un’azione volta a aumentare i sostegni pubblici alle aziende che danno lavoro stabile, duraturo, garantito. Il secondo è il Governo, che agisce come se fosse l’opposizione denunciando demagogicamente questa o quella impresa salvo poi non prendere iniziative forti e chiare: per trovare un investitore, anche internazionale a Termini, per sostenere costi quel che costi Portovesme, e per intraprendere un programma deciso di sostegno all’occupazione e di lotta alla precarietà – anticamera della disoccupazione – , decantata dal ministro del Lavoro come regno delle opportunità. E infine le opposizioni, a partire dal Pd. Anche dai carri del Carnevale, leggiamo oggi, è scomparsa la sinistra. Un’estinzione lunga e inesorabile. Più coraggio e più radicalità: questo ci si aspetta da Bersani. E’ l’ora della rinascita di una grande forza politica che tuteli e rappresenti il lavoro, e l’aspirazione a un lavoro vero e a un reddito sicuro.
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