Archivio per dicembre 2009

Da Epolis di oggi

Né pessimismo, né ottimismo, ma realismo: questa
l’interpretazione del discorso di Napolitano sulle riforme
così largamente apprezzato. E questo realismo appare, come
minimo, di buon senso. Non si passa facilmente dal clima
barricadiero, da guerra civile a parole – con gravi
fenomeni di violenza vera che sfuggono ad ogni controllo –
a quell’idilliaca prospettiva di riforme che da più di
quindici anni è diventata, per l’Italia, come l’Araba
Fenice. E questo non tanto per il tempo: la storia ci ha
insegnato che, specie quando ci sono leadership illuminate e
generose (di cui in verità oggi siamo largamente privi),
grandi intese si fanno anche in poche settimane. Ma (continua…)

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Da Epolis di oggi

Al di là di qualche umanamente comprensibile ottava di troppo, la battuta di Berlusconi (“il mio dolore non sarà stato inutile se sarà servito ad abbassare i toni”) racconta di un’opportunità importante, auspicata da Napolitano, che oggi è di fronte a tutto il sistema politico, maggioranza e opposizione. Da un tempo troppo lungo – l’abbiamo scritto su queste pagine fino alla noia – il clima guelfi/ghibellini, di guerra civile faticosamente e non sempre tenuta a parole avvelena la società italiana. E dall’inizio della vicenda Noemi ed escort (vero e proprio cavallo di battaglia editoriale de La Repubblica), preceduto e seguito dalle campagne ad personam – contro oppositori o esponenti della maggioranza in odore di eresia o contro l’allora direttore di Avvenire– da parte de il Giornale e di Libero (culminate nelle dimissioni di Marrazzo),  questo scontro frontale si è spostato sul massacro delle persone e delle loro garanzie individuali. (continua…)

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Da Epolis di oggi

Il colore viola. Il fatto più rilevante della grande manifestazione di sabato a Roma è l’immensa partecipazione giovanile. Una sorta di continuazione – su un terreno più generale – dell’Onda studentesca dell’anno scorso: la generazione figlia dei reality show mette in scena il proprio show, contro Berlusconi. Non c’è generazione di giovani – vale per me come vale per un coetaneo di destra – che non sia giunto all’impegno ribellandosi contro qualcosa e contro qualcuno, dai carri armati sovietici a Praga, nel 68, a quelli di Pinochet a Santiago, nel 73. La generazione che ha sfilato col colore viola oggi critica un’idea della politica prepotente e strafottente, che ha la convinzione che a sé stessi e a chi sta dalla parte del Potere tuttosia lecito. Né si può chiedere di più ai sedicenni di fine 2009. Qualcosina di più è lecito invece chiederla a chi si fa un bel bucato viola delle proprie coscienze: a partiti e partitini che dalla domenica al venerdì sono in guerra fra di loro (anziché unirsi in una grande alleanza), e il sabato sfilano, oggi col viola, ieri con un’altro colore e domani con un’altro ancora non fanno il loro mestiere: rappresentare quella generazione e quella parte della società italiana che non ha bisogno solo di no, ma anche di una convincente e maggioritaria proposta di alternativa. E qualcosa di più si può chiederlo anche al tricolore PD che di viola non si tinge, ma che tra chi partecipa e chi non partecipa, tra chi applaude non partecipando e chi critica sfilando fa capire ben poco che cosa voglia. Bersani ha poco tempo, per farlo, prima che il viola diventi un colore più scuro, contro tutti. (continua…)

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Da Epolis di oggi

Il mondo vive una fase di transizione e di incertezza. E’ in momenti come questi – la storia ce lo insegna – che, con folate improvvise, si possono appiccare incendi enormi. Fu così prima delle due guerre mondiali del secolo scorso. Ed ora, proprio quando la più grande potenza planetaria sta cercando di uscire, con Barack Obama, dalla logica di dominio (da vero e proprio impero), che l’ha contrassegnata nel decennio precedente – quando cioè gli USA scommettono sulla democrazia delle relazioni internazionali e sul multilateralismo, e tuttavia le istituzioni globali non sono ancora dotate di strumenti e di poteri effettivi – le folate incendiarie diventano più pericolose. Non c’è alcuna relazione diretta tra la strage che ha decimato il governo somalo a Mogadiscio,opera dei fondamentalisti islamici locali, si dice collegati ad Al Qaeda (ma poi, cosa sia Al Qaeda non è ancora chiaro), e il referendum contro i minareti che ha vinto l’altro giorno in Svizzera: se non nell’ideologia trionfante in questi anni dello scontro tra civiltà e nella nuova guerra di religione. Da una parte e dall’altra –creando grande imbarazzo, se non aperto dissenso nelle gerarchie religiose- prevalgono la xenofobia e l’odio. Episodi di questa natura, se ripetuti o propagandati, possono innescare reazioni imprevedibili. (continua…)

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