Archivio per luglio 2009
Da Epolis di oggi
Non si possono alzare le spalle di fronte alla potente fronda siciliana e meridionale del centrodestra. Lasciamo stare gli aspetti tattici e la cucina interna alle forze politiche. Dopo anni di politiche nordiste, e con un Governo nazionale di impronta fortissimamente lombarda – ne sono un segno preoccupante le recenti proposte della Lega sull’obbligo della conoscenza del dialetto per gli insegnanti, e la disponibilità manifestata dal Ministro bresciano Gelmini -, il Mezzogiorno, a partire dalle aree in cui Berlusconi è egemone indiscusso da anni, è in gravissima difficoltà. La crisi di questi mesi ha accentuato questa difficoltà. E così nasce su basi reali e su fondamenta che solo uno stolto potrebbe sottovalutare l’illusione di un populismo sudista. (continua…)
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Da Epolis di oggi
La storia dell’Afghanistan non ha proprio insegnato nulla ai politici e ai generali. In quelle valli, e da quei popoli – in lotta fra di loro, ma fieri e orgogliosi – hanno conosciuto sconfitte dolorose le truppe coloniali inglesi e l’Armata Rossa sovietica. Ora per ragioni politiche – Obama che agli occhi dell’opinione pubblica americana deve compensare il disimpegno dall’Irak, in un momento in cui la sua nuova politica di apertura all’Islam si è fermata a Teheran, e l’Italia che per accattivarsi l’amministrazione USA alla vigilia del G8 ha accettato, pur senza un mandato dl Parlamento, di cambiare natura alla missione militare, trasformandola in missione offensiva e di combattimento -, l’errore degli inglesi e dei sovietici viene ripetuto dall’Occidente, e in primis dal nostro Paese.
E’ inutile nascondersi il fatto che i talebani non sono uno sparuto gruppo di terroristi, ma una fazione potente e armata che gode di un vasto consenso e di un importante retroterra in Pakistan. La scorciatoia militare non risolverà la crisi afghana. Sarà solo la politica, la capacità di aprire una trattativa con tutti, l’avvio di un vero processo di pacificazione col ritiro delle truppe occidentali – insomma, quella che viene chiamata un’ exit strategy – , a impedire un’involuzione ulteriore, con costi umani elevatissimi per le popolazioni civili, e costi crescenti per le forze impegnate, tra cui quelle italiane. La stessa strada che in altri momenti è stata imboccata con successo altrove: negli anni più recenti in Irlanda, per sconfiggere la deriva terroristica. (continua…)
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Da Epolis di oggi
Viene da pensare: Di Pietro e la marcia dei quaranta hanno sbagliato destinazione. Logica vorrebbe, in qualsiasi democrazia, che una forza d’opposizione protestasse contro il Governo, le sue leggi, le sue norme. No: nell’ossessione demolitoria contro gli eredi della sinistra storica – curiosamente non molto dissimile dall’ossessione del cavalier Berlusconi – Antonio Di Pietro, guidato dal sen.Pedica, manifesta contro Napolitano. Anzi, in uno stile da pubblica accusa, con una lettera aperta lancia un durissimo attacco al Capo dello Stato. Il fatto che a quest’appello rispondano quattro gatti dovrebbe far riflettere il tenace ex pm molisano.
L’attacco a Napolitano muove da un impulso presidenzialista. Si vorrebbe un Presidente che comanda, bel lontano da quella figura di garante disegnata dalla Costituzione: e da Pertini in poi, per giungere all’attuale inquilino del Quirinale, interpretata in forma attiva e partecipe. Un garante che dice la sua, che cerca di evitare lacerazioni istituzionali, che rinvia alle Camere leggi palesemente incostituzionali o che richiama il Governo a correggere errori in testi che non può respingere. In questo senso l’Italia dei Valori è figlia del quindicennio berlusconiano, ne ha assorbito un modo di pensare, ed è lontana anni luce dalla cultura istituzionale e costituzionale della Repubblica.
Giorgio Napolitano non ha bisogno, per la sua storia e per la sua opera, di avvocati difensori. Di lui ha fatto uno degli elogi più emozionanti Barack Obama, in occasione della recente visita al Quirinale durante il G8. E anche nelle circostanze citate da Di Pietro, fermo restando il diritto sacrosanto di critica, e i dubbi che possono sorgere di fronte a decisioni che spettano solo a lui, e che non possono essere oggetto di condizionamenti o di pressioni, il Presidente è stato fermo e rigoroso. Soprattutto, agli occhi di larga parte dell’opinione pubblica, e non solo di quella antiberlusconiana, rappresenta il baluardo di una concezione democratica contro ogni avventura.
Certo: non si possono liquidare milioni di elettori che hanno votato Di Pietro, e occorre percepire la radicalità di una domanda di pulizia e di cambiamento. Ma questo giovane partito deve ora scegliere cosa diventare: lo specchio del berlusconismo, o una forza aperta e unitaria che aiuti il rinnovamento del centrosinistra e della politica. Il triste corteo contro Napolitano non fa ben sperare.
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Da Epolis di oggi
Sarà un caso, ma nelle ore in cui il Quirinale ha messo per iscritto le proprie perplessità sulla legge sulla sicurezza, e in particolare sul reato di clandestinità – suscitando il plauso di Fini e un atteggiamento prudente di Berlusconi -, Giorgio Napolitano ha fatto un duro monito ai governi (non solo a quello attuale) a commento dei tragici dati dell’emigrazione dal Sud resi noti dallo Svimez. E’ una sorta di paradosso, le cui ragioni affondano nella tormentata storia dell’unità dell’Italia: breve, fragile, attraverso una rivoluzione passiva – come fu il Risorgimento – subita, e non agita in prima persona, da una parte larga dei futuri italiani. E la Resistenza, con la successiva costruzione Costituzionale, hanno suscitato aspettative di riequilibrio territoriale e sociale in parte deluse nella storia repubblicana, e soprattutto in questa sgangherata seconda Repubblica. DC, PCI, PSI hanno fatto – nella diversità delle collocazioni e delle posizioni – assai di più per il Mezzogiorno di quanto non abbiano fatto le forze senz’anima di questa nuova stagione politica. (continua…)
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Da Epolis del 14 luglio
L’autolesionismo dell’opposizione non sembra avere limiti. Un paragone sì: l’autolesionismo del Presidente del Consiglio, oramai vero oppositore di sé stesso. Nel momento di massima difficoltà di Berlusconi – il quale ha sfoderato il meglio di sé nei giorni del G8 -, e di auto-dissoluzione della sinistra-sinistra, polverizzata in tanti partitini, il PD ha avviato procedure arzigogolate e incomprensibili per un Congresso decisivo e per la scelta del suo leader. Tutto è cominciato con l’autoproclamazione nuovista dell’onorevole Serracchiani, cooptata nel gotha dirigente dalla leadership del partito, e con la piuttosto confusa assemblea di giovani che, in nome di un discorso anagrafico ma senza un percepibile progetto culturale e politico hanno dichiarato la loro volontà di fare piazza pulita di chi c’era prima di loro. E’ stato imboccato un terreno scivoloso: se Obama, per fare un parallelo, avesse detto che voleva vincere perché era nero e giovane, avrebbe perso; ha vinto un nero giovane perché ha detto cosa voleva fare sulla guerra in Irak, sulla disoccupazione, sull’ambiente, sui diritti civili. Imboccata quella strada sdrucciolevole, prima è scivolato Franceschini, proclamando che era costretto a candidarsi per impedire che “tornassero quelli di prima” (!). E’ poi rovinosamente caduto Ignazio Marino, ottima persona e stimabile senatore, talmente nuovo da essere sponsorizzato dai più radicati esponenti dell’apparatnik romano (protagonisti della consegna ad Alemanno delle chiavi del Campidoglio), che – muovendo incredibilmente dalla tragica notizia di cronaca che raccontava dell’iscrizione al PD del sospetto stupratore seriale della capitale – ha dichiarato che nel suo partito “c’è una questione morale gigantesca”. In un sussulto di dignità il PD, infine, ha detto di no alla logica conclusione dell’ossessione nuovista, con la candidatura-beffa di Grillo. (continua…)
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Aderisco, pubblicando il banner qui accanto, allo sciopero dei blog contro il ddl Alfano che vuole imbavagliare il diritto all’informazione libera e autoprodotta. Stasera saremo alle 19 a Piazza Navona. E’ uno sciopero per il diritto alla rete, contro il folle proibizionismo imposto da alcuni governi europei, dalle majors e dalla multinazionali che vogliono privatizzare la cultura e la conoscenza. Più si definiscono per la libertà e più uccidono le libertà . dietro c’è un grande e inarrestabile movimento, che conquista artisti e autori fino a ieri prigionieri dei potentati economici per lo scambio libero di cultura e di informazione. Grazie a chi ha avuto quest’idea e ha promosso quest’azione concreta.
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Da Epolis di oggi
L’assenza vera o presunta di un’agenda stringente da parte italiana per il prossimo G8, e le polemiche interne e internazionali sul nostro premier, non mettono in ombra le quattro grandi novità che, nell’era Obama, accompagnano il vertice de L’Aquila. La prima novità, addirittura sconvolgente per la portata che riveste, è l’accordo sul disarmo nucleare tra Usa e Russia. Viene ripreso e accelerato potentemente un cammino che per quasi vent’anni si era frenato e persino congelato, fino a ipotizzare in tempi recenti la ripresa della guerra fredda. Di fronte al nanismo politico dell’Europa, che ha avuto margini tattici di inziativa solo di fronte allo spirito guerrafondaio di Bush, Usa e Russia gettano le basi di un nuovo sistema di relazioni multipolare. La seconda (continua…)
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Per cause tecniche il mio blog è rimasto bloccato quasi due mesi. Me ne scuso. Oggi Epolis esce con questo mio editoriale
Nel luglio di otto anni fa, il G8 che si stava per aprire a Genova annunciava un periodo nuovo e drammatico. Nel settembre di quell’anno venivano colpite dai terroristi le Torri Gemelle, e nel 2003, dopo l’invasione dell’Afghanistan, veniva scatenata una guerra pretestuosa e perdente in Irak. Se in Europa sembrava prevalere una sinistra moderata in corsa verso il centro – simboleggiata da Blair e Schroeder -, e se in Italia, tanto per cambiare, aveva appena vinto Berlusconi, il mondo sembrava dominato dalla destra al governo dell’Impero americano e da Bush, divenuto Presidente per decisione dei giudici dell’Alta Corte. (continua…)
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