Archivio per marzo 2009
Da Epolis di oggi
La montagna ha partorito il topolino. Le misure per i precari, presentate in pompa magna dal Ministro Sacconi, sono, come ha giustamente denunciato la CGIL, un’elemosina per pochi. Certo: chi, e sono fra questi, ha contestato fin dall’inizio la logica della parcellizzazione del mercato del lavoro, culminata nella legge 30 – che ha prodotto più di quaranta situazioni contrattuali differenti e frammentate -, e che allora appariva come un nostalgico di attrezzature ideologiche di altre epoche, trova, nel comune coro contro il precariato che oggi unisce tutti, soddisfazione alle denunce e alle preoccupazioni espresse allora. Il precariato è l’altra faccia della finanziarizzazione selvaggia. Per realizzare profitti stellari, si è risparmiato sul costo del lavoro, distruggendo garanzie, minando la contrattazione collettiva nazionale, provocando un degrado delle condizioni di sicurezza sul lavoro, abbassando per questa via le retribuzioni. La filosofia del contratto atipico è stata condivisa dalle destra e da larga parte del centrosinistra moderato, fino a pochi mesi addietro. Ma è ben magra la soddisfazione per il ripensamento di oggi, a fronte del fatto che milioni di persone, soprattutto di giovani, non hanno più alcuna garanzia e non godono di alcun diritto collettivo; e che, in questi mesi durissimi di crisi mondiale, con tante aziende che chiudono e lavoratori che rischiano il posto, l’enorme dimensione del precariato colloca direttamente in disoccupazione senza assegni e senza ammortizzatori tantissime donne e tantissimi uomini. Ben venga allora una convergenza di tutti, in Italia, in Europa, negli USA di Obama, per ridurre drasticamente il precariato, e ricostruire un sistema di certezze. Questo, contrariamente a quanto Confindustria ha predicato fino a ieri, è anche nell’interesse delle imprese: perché solo un lavoro stabile e ben retribuito – anche in forme diverse da quelle conosciute nel passato – è garanzia di sicurezza, di qualità, di futuro. (continua…)
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Da Epolis di oggi
Che ci siano jettatori e menagramo in tutti gli ambienti, e anche in politica, è difficile negarlo. Tant’è vero che, conoscendo il potere irresistibile di alcuni di loro, mi astengo dal farne i cognomi. Tutt’al più si può ricorrere a qualche pseudonimo o nomignolo, toccando un bel cornetto rosso – da Napoli in giù – o semplicemente toccando ferro. Anche chi è dotato di una razionalità cartesiana, ha del resto difficoltà a attraversare la strada dove è passato un gatto nero. Alitalia old style e Alitalia nuova gestione “privata” e francese hanno le stesse divise, gli stessi colori, e la medesima assenza della fila di sedili 13 e di quella 17 (per tutti i gusti e per tutte le origini (continua…)
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Da Epolis di oggi
Dario il Grande (colui che possiede il bene, in antico persiano) dette il meglio di sé nella politica interna, nelle grandi opere e nell’edilizia, nella tolleranza religiosa, e invece non riuscì nelle avventure militari contro gli sciti e contro i greci. Dario il ferrarese, con la sua aria per bene e disponibile, può prendere esempio dal suo illustre omonimo persiano. Diciamo la verità: con la proposta di assegno a chi rimane senza lavoro ha rovesciato l’impostazione moderata e liberale che aveva segnato il PD fin dalla sua nascita.
Con sapienza democristiana, con la stessa tolleranza che dimostrò Dario il Grande nel permettere agli ebrei di ricostruire il Tempio di Gerusalemme – e senza le asprezze di chi come me viene dalla scuola del PCI -, sembra aver messo fine, almeno temporaneamente, all’eterna diatriba tra Veltroni e D’Alema, e a quella guerra senza fine che da quindici anni investe il gruppo dirigente della sinistra. E se il giuramento sulla nostra splendida e mai abbastanza letta Costituzione poteva apparire come un eccesso, la prima proposta avanzata coglie nel segno. La maggioranza balbetta, l’UDC insorge, la destra liberale del PD protesta (“bisogna allora colpire le pensioni”, si sente dire addirittura: non preoccupatevi, ci pensa già il Governo, come emerge dalle indiscrezioni di queste ore): proprio perché Dario ha colto nel segno. Vai avanti su questa strada, segretario, non curandoti delle correnti e dei sofismi di qualche economista secondo il quale la sinistra non è mai abbastanza a destra (malgrado il fatto che negli anni passati ha abbandonato a sufficienza un pensiero di giustizia e di eguaglianza, senza il quale la sinistra non esiste). Interpreta i sentimenti dei lavoratori, delle loro famiglie, dei precari, e avanza proposte chiare, forti, visibili come la prima di questi giorni. Dai sponda alla CGIL e ai movimenti sociali che difendono il lavoro e che vogliono affermare una nuova stagione di diritti. Contrasta le derive giustizialiste e razziste che in molti territori stanno dilagando, a volte col beneplacito di amministratori locali irresponsabili. Spiega a Baricco, e non solo a Bondi, che è un’idiozia – non una provocazione – tagliare le risorse alla cultura, motore di un nuovo sviluppo, insieme alla terra e all’ambiente. (continua…)
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