Archivio per febbraio 2009
Da Epolis di oggi
La rincorsa demagogica a conquistare il consenso sulla sicurezza sta assumendo proporzioni paradossali. Roma è sempre più insicura – o viene percepita come tale, ed è questo che conta – , e così Milano, Torino, Napoli ed altre città, la polizia non ha i soldi per la benzina e gli agenti lavorano in condizioni retributive e di servizio intollerabili: e via, le nostre facce di bronzo al governo emanano il decreto sulle ronde. E finché imperversa il balletto sull’ultima trovata pubblicitaria, intanto un cinquantenne dipendente comunale a Napoli violenta un ragazzino dodicenne. L’anno scorso fu il centrosinistra a criminalizzare con un decreto poi decaduto l’intera popolazione romena immigrata in Italia, fatta per la grande maggioranza di persone oneste e laboriose. Ora è la volta delle ronde. Se si voleva chiamare l’opinione pubblica al volontariato e alla presa di coscienza, si doveva usare un altro strumento: aiutare e sostenere organizzazioni no-profit della terza età, parrocchiali, delle donne, di giovani che svolgono azioni positive davanti alle scuole, negli stadi, nelle realtà periferiche più degradate, nel territorio per contribuire a tenerlo pulito, illuminato, frequentato, ricco di iniziative culturali e ricreative. Avrei applaudito un intervento che incentivi un nuovo civismo sociale. Ma pensare di organizzare corpi paramilitari, fatti da ex-agenti, privi di poteri e di funzioni, è un’iniziativa grottesca e pericolosa. Leggiamo di organizzazioni neofasciste – le stesse che organizzano la violenza negli stadi – che si candidano in certe realtà a farsi riconoscere come ronde. Fattori di insicurezza e di illegalità codificati dalla legge! Non credo che un nuovo fascismo sia alle porte. Credo però che così si faccia confusione e si semini paura. La speranza di chi pensa che la lotta al crimine vada condotta senza tregua, e che le nostre strade – assai più sicure, come dicono tutte le statistiche, di quelle delle altre città europee e statunitensi – vadano rese più tranquille, più accoglienti, perché no, più belle, è che, in sede di conversione del decreto, si decida, a destra come a sinistra, di smetterla con l’uso politico della paura: e di aiutare per davvero chi, in modo volontario, vuole rendere meno cariche di tensione, di rancore e di preoccupazione le nostre città.
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Sulle dimissioni di Veltroni ho rilasciato un’intervista al Riformista e ho scritto su Epolis di oggi
Bisogna dare atto a Walter Veltroni di aver fatto una scelta giusta e dignitosa. Il crollo del PD in Sardegna ha avuto dimensioni tali da non poter essere circoscritto a un fatto territoriale o contingente. Da mesi covava questo esito, e la decisione di Soru di anticipare le elezioni sarde ha probabilmente evitato una disfatta rovinosa del PD alle europee. Sono stato per anni uomo di partito, ho sofferto talvolta ingiustamente in condizioni analoghe e ho quindi il massimo rispetto per la crisi del PD. Decideranno loro, nei prossimi giorni, cosa fare. Ma la domanda che un osservatore si deve porre è se Veltroni è stato travolto da una crisi di leadership, o se invece si sta proponendo una crisi del progetto del PD. Penso che al PD non basti un nuovo leader: Veltroni, allora Sindaco di Roma, fu chiamato a salvare un progetto che stava morendo nella culla. E, col suo stile e con le sue idee, che nessuno ignorava, ha costruito un partito presidenzialista a sua immagine e somiglianza. Questo partito non è una sinistra che guarda al centro, ma una forza moderata in cui la base è di sinistra. Una forza che è stata travolta dal crollo dei mercati,m e che non ha saputo, a differenza dal ciclone Obama, comprendere la fase nuova in cui sui era entrati: che chiedeva più radicalità, meno moderatismo, una centralità delle questioni concrete (lavoro, salario, salute, sicurezza). La leadership del PD – tutta, anche chi ha criticato Veltroni – si è affannata invece tra un convegno della Confindustria e (continua…)
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Da Epolis di oggi
I partigiani che liberarono l’Italia dal fascismo e i costituenti che redassero la Carta non potevano certo immaginare che, sessantacinque anni dopo, a difesa dei valori che loro avevano conquistato si sarebbe levato il leader della formazione politica erede del fascismo. Ma succede anche questo, nell’Italia in cui è scomparsa dal Parlamento la sinistra, e gli eredi della tradizione costituzionale appaiono impacciati e senza identità, come dimostra il pessimo compromesso tra il PD e il Governo sulla legge elettorale europea. A Berlusconi non si può rimproverare l’assenza di chiarezza: anche a lui forse , come ha detto Fini per l’irruento Gasparri, scappa talvolta la frizione. Ma il premier da anni aspira al Quirinale, non ne fa un mistero, e per arrivarci sogna l’investitura popolare e una nuova forma dello Stato, di tipo iperpresidenzialista. Niente di male: non faccio parte della schiera (continua…)
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Da Aprile on line, 30 gennaio 2009
Carlo Patrignani, 31 gennaio 2009, 19:01
L’intervista Il primo atto è riscoprire la “vita”, i sentimenti, gli affetti, l’umano, ricollegandosi a un filone caldo della storia del socialismo: al riformismo rivoluzionario di Riccardo Lombardi e al comunismo libertario e critico che in Antonio Gramsci ha avuto il suo ispiratore. L’ex-coordinatore dei Ds, poi leader di “Uniti a Sinistra”, formazione dell’arcipelago bertinottiano “Sinistra Europea”, di fronte all’ennesima scissione di Vendola e compagni da Rifondazione Comunista è categorico e netto (continua…)
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