Archivio per luglio 2008

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Chianciano chiude un ciclo. Non mi riferisco, per stare alle parole amare di Nichi Vendola, alla storia di Rifondazione Comunista. Ma piuttosto – ed è quello che mi aveva prima intrigato e poi coinvolto – alla stagione cominciata nel 2001, a Genova, e culminata col Congresso di Venezia del 2005. La stagione che aveva immaginato possibile una forza politica oltre la storia del comunismo (si aggiungeva, non so con quanta conoscenza e convinzione, oltre la storia del socialismo), muovendo, a differenza dalla vicenda che ha portato alla fondazione del PD, non da un adattamento rassegnato a questo mondo e a questa globalizzazione, ma da una critica moderna e radicale (“un altro mondo è possibile”). (continua…)

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Da Epolis di oggi

Nell’Italia in cui si prendono le impronte ai bimbi rom non si poteva realisticamente immaginare una conclusione diversa del processo di primo grado agli uomini delle forze dell’ordine responsabili di brutali pestaggi e torture alla scuola Diaz e alla caserma di Bolzaneto nei terribili giorni del G8 di Genova. Ingiustizia è fatta. Certo: un garantista aspetta di leggere le motivazioni della sentenza. Un liberale ha fiducia nel secondo grado. Un democratico non delegittima mai la magistratura, anche di fronte a sentenze che ricordano la Prima Repubblica, quando in galera andava chi scioperava e le violenze istituzionali erano totalmente impunite. (continua…)

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da Epolis di oggi

Come possono stupirsi – perfino indignarsi – Maroni e Frattini della risoluzione votata a larga maggioranza dal Parlamento Europeo che invita il Governo Italiano a non procedere al rilevamento delle impronte ai rom, e in particolare ai bimbi? Solo chi è a digiuno di storia del 900 o chi ha memoria corta, poteva pensare che le istituzioni europee non avrebbero reagito a una misura razzista. Addirittura il Ministro Ronchi ha parlato di una delle pagine più buie delle istituzioni europee. Ha ragione, perché il Governo di cui fa parte è un’istituzione dell’Ue. Il continente che ha conosciuto i pogrom e poi lo sterminio di massa degli ebrei, degli zingari, degli omosessuali e dei militanti della sinistra, il continente che ha conosciuto le dittature staliniste e in cui vivono milioni di cittadini Ue di etnie rom, sinti e altre nomadi non può accettare questa misura agghiacciante, accompagnata dal pogrom di Ponticelli organizzato dalla camorra. Lo stesso sindaco Alemanno avverte – forse perché alla guida di una grande metropoli non può fare propaganda – che le impronte non sono la strada giusta. È ora di lasciar perdere la demagogia. Se in Italia il 48% della popolazione dichiara – Eurobarometro – che non vuole vicino i rom, è perché altrove le politiche pubbliche hanno dato ai nomadi case e risolto i problemi materiali di scuola, salute, servizi; da noi invece i campi in cui vivono parte di questi popoli sono indegni di una nazione civile. L’Italia deve imboccare la stessa strada: valorizzare la cultura e le tradizioni di queste etnie, garantire servizi essenziali, a partire dall’istruzione, e contrastare la delinquenza non col marchio delle impronte ma con la forza della legge (e non certo bloccando i processi per una serie di reati). Maroni, Frattini, Ronchi: non fate l’errore di urlare al complotto europeo. Ascoltate i vostri colleghi, anche di centrodestra, di Romania e Ungheria. Rinunciate al bottino di qualche voto facile contro i rom e osate quello che in Italia non si è mai osato: pensare che nel 2008 non si può vivere in campi come quelli che con fatica tolleriamo, a condizione che siano lontani da casa nostra. L’Europa dei popoli – non quella delle burocrazie – vi applaudirebbe. Almeno, ora, date retta al sindaco di Roma. Fermate questa campagna. Non dite a chi sta male che la colpa è di chi sta peggio.

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 da Rossodisera di oggi

A leggere i giornali di questi giorni, pare che Piazza Navona sia stata una debacle per chi si oppone al berlusconismo e alla deriva autoritaria che il governo sta promuovendo. Si può criticare, anche aspramente, ciò che ha detto Grillo, si può – si deve, credo – difendere il capo dello Stato da accuse assolutamente ingiuste e gratuite. Ma ciò non toglie che a Piazza Navona è (speriamo) iniziato il cambiamento, così come accadde nel 2001. Non si può rovesciare la realtà.
La manifestazione a cui ho partecipato è molto diversa da quella che i media hanno descritto. Tantissimi giovani, animati dalla speranza di un paese migliore per loro, in cui la legge sia uguale per tutti. Tanti cittadini comuni, delusi dai partiti, soprattutto dal Pd che sembra essersi del tutto eclissato. Tanti militanti della sinistra sbandata, divisa, ancora incapace di riprendersi dalla botta elettorale. Ma erano lì. (continua…)

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scala-mobile.jpgDa Epolis di oggi

C’è da dubitare sull’effettiva corrispondenza tra il 3,8% di inflazione registrata a giugno (in Europa 4%) e l’aumento reale che i cittadini, a partire dai pensionati e dai redditi fissi medio-bassi, subiscono in queste settimane, ben superiore a quelle cifre. E’ noto infatti che il paniere di prodotti su cui viene registrata l’inflazione è inadeguato alla fotografia dei consumi effettivi delle famiglie italiane. Ma in ogni caso trovo intollerabile il fatalismo con cui si accettano questi aumenti –larghissimamente determinati dall’aumento del prezzo del petrolio e, più recentemente, da quello del grano-. Il dibattito, a destra come nel PD, è su quali aiuti fiscali, o su che detassazione praticare, come se quell’aumento fosse ineluttabile. Non starò qui a ricordare come l’impazzimento dei prezzi sia frutto di speculazioni gigantesche (i gruppi bancari nordamericani, gravemente colpiti dalla crisi dei mutui e dalla bolla edilizia, si sono rifatti speculando sulle materie prime) e di speculazioni nostrane (non puoi trovare un chilo di ciliegie, della stessa qualità, a tre euro di differenza tra due mercati rionali vicini del centro) rispetto alle quali siamo indifesi. Ma vorrei invece ricordare che negli anni 70 i salari e le retribuzioni italiane erano i più alti d’Europa, ed ora sono all’ultimo posto. Qual è la ricetta di Confindustria? Sterilizzare la contrattazione collettiva, e lasciare il lavoratore solo a difendere la propria posizione col datore di lavoro. So bene che anche il sindacato ha gravi colpe, si è burocratizzato e allontanato dal popolo. Ma il rimedio è peggiore del male.E allora, prima di discutere di contrattazione, occorre trovare il modo certo per non far pagare a chi lavora le speculazioni di ogni tipo. Quando il barile sarà arrivato a duecento dollari, quanto potranno costare le ciliegie o il pesce (aumentato per festeggiare il recente e giustificato sciopero dei pescatori contro il caro-gasolio)? E il pane, aiutato nella sua corsa nella Capitale dal cartello dei panificatori, a che prezzo arriverà? Le vittime diventano gli stessi commercianti, che vedono scendere gli incassi. La soluzione c’è: si chiama scala mobile, come negli anni 70. Alle imprese costa un po’, ma di meno della recessione. Rimette in circolo moneta, alimenta i consumi, fa crescere. Si può fare, senza nuovi meccanismi inflattivi (anzi, come si ama dire oggi: se po’ ffa! ), con una variazione annuale automatica, fuori dalla contrattazione, che adegui i salari ai prezzi.  

                                                         

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