Due interviste, sul Manifesto e su Repubblica, in merito all’assemblea di Uniti a sinistra che si è tenuta sabato 13 maggio a Roma.
Folena: «La sinistra è da fondare, non da rifondare»
Intervista di Cosimo Rossi – da il Manifesto del 14 maggio 2006
«Abbiamo costruito la volta del ponte tra la sinistra riformista e quella radicale». Un anno dopo l’addio ai Ds, Pietro Folena spiega così il lavoro realizzato da Uniti a sinistra, l’associazione (riunita ieri a Roma) che raccoglie diessini e non, nonché molti sindacalisti di spicco della Cgil, e che si propone come una delle gambe della Sinistra europea.
Il segretario di Rifondazione, Franco Giordano, propone alla vostra platea l’atto costitutivo dl un nuovo soggetto politico della sinistre entro quest’anno. Significa che Uniti a sinistra si prepara alla fusione con Rifondazione, nelle cui liste tra l’altro siete stati eletti come indipendenti?
Giordano oggi ha posto le cose in modo molto corretto. La Sinistra europea non significa un allargamento di Rifondazione, non avrebbe senso: è progetto politico per il quale il Prc si mette in gioco generosamente. Non è un nuovo partito, è un nuovo soggetto politico.
Qual è la differenza?
Diciamoci la verità, in questo momento in teoria non dovremmo rifondare alcunché bensì fondare un nuovo soggetto che faccia della partecipazione la sua modalità radicale di pratica politica e che si ridefinisca anche sul piano identitario in base a un programma fondamentale che corrisponda al tempo presente. Che a mio avviso è un po’ quello che viene riassunto nello slogan «un altro mondo è possibile» e nell’esperienza del movimento. Sono le ragioni per cui da qualche tempo ci troviamo spesso insieme: comunisti, socialisti e chi non si definisce nemmeno con queste vecchie categorie, Quindi la differenza è che Rifondazione rimarrà in vita come partito politico, con la sua storia e la sua identità, mentre la nuova soggettività nasce e funziona se ci sono altri soggetti che stabiliscono un rapporto strutturato e durevole. (continua…)
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Come pochi altri, Marley ha segnato un’intera epoca. E’ difficile trovare una musica che vive e si rinnova (penso allo strepitoso recente albun di Gilberto Gil, Kaya N’Gan Daya, che canta molte canzoni del giamaicano) come quella di Bob Marley. Tra l’elezione di Napolitano e l’incarico a Prodi, merita una riflessione su questo straordinario fenomeno culturale e di costume.
(da La Repubblica – 11 maggio 2006)
Manifestazioni ed eventi in tutta l’isola per ricordare
il re del reggae morto a 36 anni l’11 maggio di 25 anni fa
La Giamaica ricorda Bob Marley
i suoi brani alla radio per 24 ore
KINGSTON – Un tributo in musica per il re del reggae. Oggi per tutto il giorno le emittenti radio della Giamaica trasmettono solo brani di Bob Marley, l’artista che (continua…)
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(dal Corriere della Sera del 3 maggio 2006)
Una volta era soprattutto Hollywood, il mondo del cinema, il «nemico» artistico della Casa Bianca in chiave repubblicana. I big della canzone, invece, erano molto meno schierati. Ma negli ultimi anni le cose sono cambiate e i grandi del rock sembrano sempre più schierati contro Bush. Se Bruce Springsteen è ormai diventato l’icona stessa del «nemico», dopo l’adesione a «Vote for change» e ora con la scelta di portare su disco e in tour le canzoni simbolo della stagione dei diritti civili, anche altri hanno levato in questi anni espliciti «inni» musicali contro il presidente Usa: da Jackson Browne a Steve Earl molti hanno preso posizioni nette. Ma nessuno era arrivato finora a intitiolare una canzone «Let’s impeach the president», ovvero «mettiamo sotto accusa il presidente», con riferimento diretto a George W.Bush.

TESTI – Lo ha fatto Neil Young nel nuovo album che s’intitola «Living with war» ed è interamente un album «politico». In tutti i testi del cd del cantautore canadese, un pezzo di storia del pop fin dal supergruppo con Crosby, Stills e Nash, la politica e l’America di Bush e soprattutto la guerra in Iraq sono presenti in modo addirittura ossessivo, insieme a consumismo, corruzione politica e il fondamentalismo religioso. «Mettiamo sotto accusa il presidente – dice il testo della canzone – per aver mentito e aver portato il nostro paese in guerra, abusando del potere che gli abbiamo dato e gettando via il nostro denaro». Chi ama le (continua…)
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Epifani: “Andiamo al Sud, là dove ci sono tutti i simboli di quello che non va”
La crisi del sindacato a livello mondiale, il nuovo quadro politico italiano, la lotta alla precarietà e il significato del Primo Maggio che Cgil Cisl e Uil hanno deciso di celebrare a Locri. Sono questi alcuni dei temi che il segretario generale della Cgil Guglielmo Epifani affronta nell’intervista che ci ha concesso in occasione della Festa dei lavoratori.
Qual è il significato di questo Primo Maggio?
Abbiamo scelto di tornare al Sud a distanza di un anno dal primo maggio di Scampia, che fu una scommessa molto difficile. Volevamo segnare il bisogno di intervenire nella bonifica di situazioni lasciate a se stesse. Ci ha fatto molto piacere che l’amministrazione comunale di Napoli abbia deciso di portare lì una parte dell’Università. Locri, e la Locride, mi sembra una scelta giusta e obbligata, perché nella situazione della Locride ci sono tutti i simboli di quello che non va: una criminalità organizzata che punta a controllare sempre più il territorio e anche quando viene colpita e smantellata riorganizza la sua rete; un’assassinio di un esponente politico di primissimo piano, che ci riporta ai tempi bui del sangue siciliano; una terra che cerca lavoro, la Calabria, che oggi ha meno insediamenti produttivi di tutta Italia. In questa situazione il dato più importante è la reazione dei giovani. E’ davvero un richiamo forte alla forza dei giovani. I ragazzi di Locri, lo voglio ricordare, sono venuti allo sciopero dei metalmeccanici e a quello del pubblico impiego, al nostro congresso di Rimini a portare la loro fierezza e la loro forza. Sono diventati i destinatari della nostra impostazione congressuale. Devono essere i destinatari del nostro lavoro quotidiano. (continua…)
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