Archivio per la Categoria “EuropeiGlobali”

L’Europa e il mondo… la mia attività internazionale

Ciak. La prima non era buona. Il confuso stop and go di Matteo Renzi e dei ragazzi del suo staff sull’articolo 18 e sul lavoro non fa presagire nulla di buono. Ora Renzi frena gli ardori del suo staff, che forse non ha ancora capito quale responsabilità ha di fronte a milioni di persone, sentendo il rischio di prendere una dura musata. Rimane il fatto che, ad una settimana dall’elezione del nuovo segretario, il Partito Democratico sembra aver sposato, nel suo gruppo dirigente, l’ideologia su cui liberali e liberisti, di diversa gradazione, avevano martellato in questi anni. Peccato che Renzi non avesse chiesto il plebiscito su questa linea. Forse i risultati sarebbero stati diversi. (continua…)

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Comunque vadano le cose, in questi giorni si produrrà una svolta politica. Non mi riferisco solo alle conseguenze del voto, previsto per stasera, relativo alla decadenza da senatore della Repubblica di Silvio Berlusconi, e del previsto passaggio di Forza Italia all’opposizione. Mi riferisco soprattutto a cosa si produrrà nel Partito Democratico col voto dell’8 dicembre.

Il “finish” pronunciato da Matteo Renzi, a metà tra una pubblicità della Dixan e un anatema di Beppe Grillo, racconta più di ogni ragionamento la determinazione di andare a votare nella prossima primavera. Ma quello che è certo è che la svolta di cui c’è bisogno riguarda il lavoro e l’eguaglianza. Il PD dovrebbe fare, né più né meno, quello che la SPD ha fatto in queste ore in Germania. Angela Merkel è stata costretta a delle concessioni di grande rilievo, per poter varare la Grosse Koalition. La prima riguarda l’istituzione del salario minimo, novità assoluta per la Germania e cavallo di battaglia della sinistra in campagna elettorale, che viene fissato a 8,50 euro l’ora a partire dal 2015. L’obiettivo è sostenere i redditi da lavoro più bassi e stimolare i consumi interni, come chiesto a Berlino dalla Commissione europea e da diversi governi Ue, e anche dall’Ocse e dal Fmi. In Germania 5,6 milioni di persone, pari al 17% dei lavoratori dipendenti, guadagna attualmente meno di 8,50 euro l’ora. La seconda vittoria socialdemocratica riguarda i miglioramenti nel trattamento pensionistico dei lavoratori a più basso reddito e la possibilità di andare in pensione a 63 anni anziché a 67 per chi abbia già 45 anni di contributi. Esattamente la direzione di marcia opposta rispetto a quella della legge Fornero, difesa a spada tratta da Matteo Renzi. (continua…)

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E alla fine, come in una favola, il buon Matteo tornò democristiano. Lo scrivo senza spocchia, e con grande rispetto per la storia di un grande partito popolare. L’innovatore, il rivoluzionario, il rottamatore nel voto dei circoli del PD non conquista i ceti urbani e le aree dinamiche: ma ottiene risultati bulgari in aree più tradizionali, accompagnati da un massiccio schieramento di pezzi dei vecchi sistemi di potere per lui. Non parlo solo delle tessere fatte a pacchetti nelle settimane passate: ma di un profumo di anticomunismo, inconfondibile, che fu la leva fondamentale della vittoria del centrodestra nel 94, e che oggi viene agitato nel PD. (continua…)

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Tutto ci si poteva aspettare, ma non l’ondata di polemiche, da Beppe Fioroni a Pierluigi Castagnetti a Enrico Gasbarra, per l’enfasi con cui da Guglielmo Epifani è stato annunciato il prossimo Congresso del Partito del Socialismo Europeo a Roma, nella prossima primavera. Sinceramente il percorso segnato prima dalla costituzione del Gruppo al Parlamento Europeo dei Socialisti e dei Democratici, e poi dall’apertura operata dalla più antica forza della sinistra europea, la SPD, verso un’alleanza dei progressisti, sembravano rendere del tutto naturale -anche se tardivo e un po’ obtorto collo- l’ingresso a pieno titolo del Partito Democratico nel PSE. Centinaia di circoli si sono espressi ancora in questi giorni, malgrado le ingessature correntizie del Congresso, in questo senso, come proposto da un ordine del giorno presentato dal Laboratorio Politico per la Sinistra e come suggerito dalla Costituente delle Idee che abbiamo promosso con Vannino Chiti, Cesare Damiano, Mimmo Lucà. (continua…)

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Quando mi sono iscritto alla FGCI -non venivo da una famiglia comunista, e i miei fratelli erano più a sinistra del PCI-, ho cercato l’indirizzo sull’elenco telefonico e, col cuore in gola, ho suonato al campanello. Sono entrato in una comunità, una specie di famiglia, che ha accompagnato una parte importante della mia vita. Ci emozionava il Gramsci dell’Ordine Nuovo: “Agitatevi, perché avremo bisogno di tutto il vostro entusiasmo. Organizzatevi, perché avremo bisogno di tutta la vostra forza. Studiate, perché avremo bisogno di tutta la vostra intelligenza”.La mia è l’esperienza di tante di tanti: che sentivano e vivevano l’iscrizione come un atto importante della propria vita, una scelta libera, di parte, impegnativa. Ancora con dolore lacerante ho lasciato la tessera dei DS quando è stata fatta la scelta del PD; così come la tessera del PD, dopo anni vani di ricerca di strade nuove, l’ho fatta non a cuor leggero, pensando che -come oggi può succedere- questo debba diventare il nuovo grande partito della sinistra plurale. (continua…)

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Qui di seguito le mie conclusioni al convegno “la Costituente delle idee” del 21 giugno scorso

Se dovessi dire quale è il tratto comune che mette insieme esperienze e storie diverse come quelle che hanno promosso questo incontro, questo tratto è una grande febbre: una preoccupazione gigantesca per il fatto che per la prima volta nella storia della Repubblica noi, che affondiamo le nostre radici nella lotta partigiana, nell’antifascismo, nella Costituzione della Repubblica italiana ( e Dio solo sa quanto va difesa), vediamo proprio il popolo, quel lavoro dell’art.1, che non ha rappresentanza, o non sente di essere pienamente rappresentato dalla politica così come è oggi; e soprattutto dalla forza dei democratici che lì ha la ragione della sua esistenza. Questo è il nostro comune grande cruccio.

Quando tu perdi nei quartieri popolari di tutte le città, quando in quegli stessi quartieri poi non si vota alle amministrative, quando lì l’astensionismo è di gran lunga il primo partito, si apre una ferita profonda nella democrazia. Non sono fatti nuovi, non sono fatti nati solo ora o da imputare solo a responsabilità degli ultimi anni: sono fatti molto profondi. Ma mai lo scollamento è diventato così acuto, così grande, con il rischio che la democrazia sia vissuta come un fatto negativo, con il rischio che il risentimento sociale nei confronti delle classi dirigenti e di chi fa politica e degli intellettuali, sia il tratto dominante di quel che noi poi, con scorciatoie che un po’ giustificano noi stessi, chiamiamo populismo. Dietro a questa parola consolatoria c’è altro: c’è solitudine, c’è disperazione, c’è povertà, c’è disoccupazione, ci sono gli esodati e chi si vede allontanare o sconvolgere all’improvviso tutte le proprie prospettive di vita. E così il mutuo, o il sostegno ai propri figli che devono affermarsi diventano impossibili. Ma andiamo al di là di questa narrazione. (continua…)

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La navigazione a vista del Governo Letta prosegue, fra mille ostacoli. Il topolino partorito sul lavoro, forse senza alternative, in assenza di risorse, si accompagna con la sospensione dell’aumento dell’IVA, per tre mesi, nelle ore in cui il Partito Democratico, e poi la maggioranza, sospendono anche l’autorizzazione all’acquisto degli F35. Questo oggi passa il convento.

E’ evidente la sproporzione tra Piazza San Giovanni, sabato scorso, e il vuoto di rappresentanza politica che oggi ha il lavoro nelle sue diverse forme, con le brucianti domande di sicurezza e di garanzie che propone. Così come sono sotto gli occhi di tutti gli strettissimi margini europei e interni di azione della “strana” maggioranza e del Governo. Sui margini europei, vedremo se il vertice europeo produrrà qualche risultato più consistente del previsto. Non nascondo un certo scetticismo. Mi permetto di suggerire ad Enrico Letta di avviare contestualmente una forte iniziativa coordinata dell’Europa meridionale e mediterranea, che ponga il problema alla Germania e ai paesi del Nord Europa di fare nel Mediterraneo un’operazione analoga a quella che dopo l’89 si fece verso l’Est europeo. Un altro ciclo economico italiano di crescita sostenibile è infatti ipotizzabile solo se il motore dello sviluppo in questa parte del mondo sarà a cavallo tra l’Europa, l’Africa e l’Asia. Si tratta di liberare risorse europee e nazionali, oltre i vincoli dell’austerità, per questo progetto che è anche un interesse tedesco e nordeuropeo. (continua…)

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Di seguito la mia relazione al seminario di ieri presso la Direzione del Pd, promosso dal Laboratorio Politico per la Sinistra, da Lavoro e Welfare, da Politica e Società, dai Cristiano Sociali e dalla Fondazione Bruno Buozzi

Con il ballottaggio a Roma e in tutte le altre città non solo si è giocato il destino di comunità territoriali, ma si è verificata la vitalità di un’idea di centrosinistra, in un quadro bipolare, che ha profondamente segnato l’Italia, non solo negli ultimi vent’anni, e che oggi si misura col governo “strano” col centrodestra.
Avviamo oggi una discussione che coinvolge associazioni espressioni di un pluralismo di idee. Già questa è una buona notizia, in un periodo in cui la frammentazione correntizia e micro-correntizia è divenuta patologica. La presentazione di un ordine del giorno all’ultima Direzione, sottoscritto da esponenti di aree diverse, che proponeva prima della scelta del segretario una Costituente delle idee, è un fatto importante. Non abbiamo una visione negativa di una forza plurale, in cui si organizzano tendenze e correnti di pensiero, in forme democratiche e trasparenti. Chi promuove questa discussione, e propone che nei prossimi giorni la proseguiamo in forma pubblica -l’idea è il 21 giugno-, ha sostenuto candidati diversi all’ultimo Congresso e fatto parte di aree differenti, oppure -come chi parla- solo più recentemente si è avvicinato al Partito Democratico, o ancora come tanta sinistra diffusa che, senza essere entrata nel Pd,ma avendolo votato, vorrebbe ora contribuire in prima persona a un corso nuovo.
Vogliamo verificare se esistano le condizioni perché, attorno alle idee di una rottura col paradigma neo-liberista che ha dominato negli ultimi vent’anni, condizionando e talvolta plasmando l’azione delle forze progressiste, e a quelle della centralità del lavoro, di idealità socialiste, ambientaliste e dei beni comuni, di ispirazione cristiano sociale, si possa pensare a un “programma fondamentale” del Partito Democratico, che ne ridefinisca natura, missione, forma organizzata.
Un programma fondamentale e due no
Il riferimento al Congresso rifondativo della SPD a Bad Godesberg non è casuale. Allora la socialdemocrazia tedesca abbandonava dogmi marxisti, ed elaborava una strategia riformistica che la avrebbe portato a grandi successi. Oggi l’operazione che va fatta è rovescia, e non riguarda solo il PD, ma anche le forze politiche progressiste che hanno contribuito alla sua fondazione. Si tratta di abbandonare i dogmi neo-liberisti e la religione del Mercato Assoluto, non per tornare a vecchi orizzonti novecenteschi, ma per immaginare quello che alcuni di noi hanno chiamato un “neo-riformismo”, distinto e distante dal riformismo dell’età neo-liberista. Il tema cruciale che ora si apre è quello del Partito, di cosa sia, nell’era digitale, un grande partito popolare di sinistra nella società.
Il tema oggi è quindi quello del “programma fondamentale” del PD, a partire dalla nostra aggettivazione, democratico, e dal suo contenuto semantico, dalla potenzialità inespressa, in tutti i i campi, di un’idea pienamente democratica, di socializzazione del kratos e della politica. (continua…)

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Mi ha scritto su Facebook Pietro Masina, giovane professore universitario all’Orientale di Napoli, e antico militante della FGCI, a proposito di un mio recente post sul blog.

CaroPietro
un commento sul tuo articolo sull’Unità del 4 maggio. Sta emergendo con forza la necessità di riunificare la sinistra all’interno di un unico partito, mettendo al centro le cose che uniscono e imparando ad affrontare in modo costruttivo le differenze. Tuttavia rischiamo di dividerci inutilmente sulle due ipotesi in campo: dare battaglia nel PD o spendersi subito nella costruzione di una nuova forza che superi PD e SEL. Ci sono serie motivazioni a favore dell’una o dell’altra strada e non serve richiamarle qui.
Nel frattempo, però, sta già succedendo una cosa straordinaria. Te ne sarai accorto anche tu. In tutta Italia stanno nascendo gruppi in cui il popolo della sinistra ha ripreso a lavorare insieme, a prescindere dal fatto che alcuni siano iscritti al PD, a SEL, o siano semplici elettori della sinistra. Io stesso un paio di settimane fa mi sono lanciato nella costruzione di un gruppo su facebook e quasi magicamente siamo già arrivati a 2100 membri (ti ho anche invitato, così vedi di che si tratta). Questo enorme fermento non mi sembra paragonale con l’esperienza di Sinistra Europea. E’ completamente diverso il contesto. Mi sembra che in gran parte delle persone sia netta l’idea che tutte queste energie non devono portare alla costruzione di un altro partito o partitino, ma alla costruzione DEL partito della sinistra. Se questo partito potrà essere un PD completamente rinnovato oppure un nuovo partito lo capiremo più avanti. Ma intanto possiamo già iniziare a riannodare le fila e lavorare insieme. Mi sembra che la stessa SEL la pensi in questi termini.
PS A me sembra molto probabile che dal governo Letta nasca un nuovo partito centrista. Così leggo gli sforzi (non gli errori) di Napolitano degli ultimi due anni. Anche per questo mi sembra urgente cominciare a rimettere in campo le ragioni della sinistra senza già prefigurare le soluzioni organizzative finali.

Un abbraccio, Pietro Masina.

Questa la mia risposta.

Caro Pietro, grazie per il dialogo così costruttivo. Penso che il futuro del PD sia un problema che interessa tutta la sinistra e tutta l’Italia. Anche chi questo Partito non l’ha votato, o oggi dissente dalle scelte compiute in questi giorni. Se questo partito si dissolvesse o si autodistruggesse il danno sarebbe enorme per i lavoratori, per la società, per la democrazia italiana. Come penso che sia importante per chi nel PD crede in un futuro di sinistra nuova, profondamente connesso al socialismo europeo, dialogare insieme con quel vasto popolo che ha valori di sinistra, e che oggi, anche attraverso la rete, si sta mettendo in moto. La mia contrarietà a ipotesi di federazioni o ammucchiate a sinistra è radicale: abbiamo già dato, con pessimi esiti. Ciò che conta è il profilo socialista e riformista, e l’idea di una sinistra di governo, che rilanci una sfida che in questi anni, come dimostrano gli ultimi eventi, è stata perduta.
Per parte mia sono intenzionato, anche uscendo dal riserbo di questi anni e assumendomi delle responsabilità, a dare una mano perché nel PD si affermi una linea, largamente condivisa nell’elettorato e nella società, di autonomia della sinistra. Il modo in cui in queste ore si è sottoposta la candidatura di Gianni Cuperlo, che incarna a mio giudizio questa prospettiva, a veti e a letture deformanti, la dice lunga sulla battaglia che c’è da fare. Non ho idea di cosa succederà all’Assemblea di sabato. Ma l’esplosione di un meccanismo correntizio degenerato può essere dirompente. Se quei veti prevarranno, sarà necessario che Cuperlo si assuma una responsabilità candidandosi al Congresso, attorno ad una piattaforma volta a aprire le condizioni di un nuovo PD e di una nuova sinistra. In ogni caso a quel Congresso sarà presente una posizione che muovendo dalle componenti più innovative della storia della sinistra italiana -penso alla nostra comune esperienza nella nuova FGCI degli anni 80, importante almeno tanto quella di quei giovani DC che oggi sono al Governo- proponga un altro paradigma, rispetto a quello degli ultimi anni, per il futuro del PD. Anch’io sono pronto a dare un contributo in prima persona a questa battaglia.
Sento, come penso te e tanti altri delle nostre generazioni, la responsabilità di non assistere impotenti all’evaporazione di valori e idee della sinistra e di iniziare, in forme aperte, non leaderistiche, collettive, un nuovo percorso, di costruire una nuova comunità democratica. Un abbraccio a te. Pietro F.

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“Rimoriremo democristiani”, ha titolato Il Manifesto del 30 aprile scorso, parafrasando il celebre editoriale di Luigi Pintor del 1983 (“Non moriremo democristiani”).
Il forte impianto neo-Dc del Governo presieduto da Enrico Letta, solo temperato da alcune presenze di sinistra, e sostanzialmente confermato con la nomina di vice-ministri e di sottosegretari, non può essere una sorpresa. Si tratta della logica conclusione, per alcuni versi ineluttabile, di una lunga marcia verso l’evaporazione della sinistra italiana. Non è qui la sede per dire quando sia cominciata, e quali siano state le sue tappe, succedutesi praticamente senza interruzione. La fine del bipolarismo iniziato nel 1994, con un governo di emergenza di cui non si conoscono né il programma né la durata, fa riemergere, tanto nell’anima ex-dc quanto in quella ex-PCI, una vocazione centrista e moderata che c’entra assai poco coi bisogni profondi della società italiana.
Lo stesso Pierlugi Bersani, che ci ha messo del suo, ha dovuto infine constatare che lo schema politico su cui aveva preparato le elezioni -largamente condiviso dalla base del PD- era minoritario in gruppi parlamentari sulla carta largamente fedeli a lui.
Il tema del “che fare”, quindi, si pone come non mai con bruciante attualità. Non ci vuole poco a comprendere come i diversi cantieri alla sinistra del PD, annunciati in questi giorni, siano destinati a replicare, persino in forme caricaturali, i fallimenti degli anni passati. Avendo preso parte ad uno di questi cantieri -quello della Sinistra Europea- in cui le volontà programmatiche e riformistiche erano palesi, ho ricavato la lezione che il ceto politico autoreferenziale, più si ammanta di “purezza” ideologica di sinistra, più è chiuso e impermeabile alla società.
Mai come oggi il futuro della sinistra italiana si gioca invece nel PD, e nel prossimo Congresso. Questo sarebbe il momento perché tutti coloro che vogliono cominciare una nuova storia entrino nel Partito Democratico, per scuoterlo dal torpore programmatico, dalla vaghezza ideale e dal blocco correntizio e personalistico di questi anni, e per dargli un’anima: gioiremmo per un PD pienamente socialdemocratico, forza del lavoro, partito sociale.
Non è il momento di stracciare la tessera, e neppure di farla per stracciarla. Ma di ingaggiarsi in una battaglia perché cambi lo statuto del PD: e questo non sia più il leggero partito di un leader che non c’è, ma un moderno corpo intermedio, capace di usare la rete, struttura di mutuo soccorso, federazione di Case Democratiche, in grado di difendere e migliorare la vita delle persone, di promuovere la cultura e di formare nuove idee.
Il tema principale non è il Governo. Ma è, in questa fase, un profilo nuovo del PD che, costringendo il Governo a scelte di sinsitra e dettando un’agenda, ritessa (ci vorranno anni) una presenza nella società.
Se davvero nei prossimi giorni si andrà all’elezione di un nuovo segretario che prepara il Congresso -in queste ore si parla di una personalità fresca e capace come Gianni Cuperlo-, occorre immaginare il prossimo Congresso dei democratici non come la resa dei conti dei signori delle tessere e degli orfani di un posto al governo, ma come una Costituente delle idee di una nuova sinistra italiana, socialista ed ecologista, pienamente democratica. Vivremo socialdemocratici.

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