Archivio per la Categoria “Politica nazionale”
Quel che dico e faccio come deputato
Comunque vadano le cose, in questi giorni si produrrà una svolta politica. Non mi riferisco solo alle conseguenze del voto, previsto per stasera, relativo alla decadenza da senatore della Repubblica di Silvio Berlusconi, e del previsto passaggio di Forza Italia all’opposizione. Mi riferisco soprattutto a cosa si produrrà nel Partito Democratico col voto dell’8 dicembre.
Il “finish” pronunciato da Matteo Renzi, a metà tra una pubblicità della Dixan e un anatema di Beppe Grillo, racconta più di ogni ragionamento la determinazione di andare a votare nella prossima primavera. Ma quello che è certo è che la svolta di cui c’è bisogno riguarda il lavoro e l’eguaglianza. Il PD dovrebbe fare, né più né meno, quello che la SPD ha fatto in queste ore in Germania. Angela Merkel è stata costretta a delle concessioni di grande rilievo, per poter varare la Grosse Koalition. La prima riguarda l’istituzione del salario minimo, novità assoluta per la Germania e cavallo di battaglia della sinistra in campagna elettorale, che viene fissato a 8,50 euro l’ora a partire dal 2015. L’obiettivo è sostenere i redditi da lavoro più bassi e stimolare i consumi interni, come chiesto a Berlino dalla Commissione europea e da diversi governi Ue, e anche dall’Ocse e dal Fmi. In Germania 5,6 milioni di persone, pari al 17% dei lavoratori dipendenti, guadagna attualmente meno di 8,50 euro l’ora. La seconda vittoria socialdemocratica riguarda i miglioramenti nel trattamento pensionistico dei lavoratori a più basso reddito e la possibilità di andare in pensione a 63 anni anziché a 67 per chi abbia già 45 anni di contributi. Esattamente la direzione di marcia opposta rispetto a quella della legge Fornero, difesa a spada tratta da Matteo Renzi. (continua…)
Commenti disabilitati
L’altra sera, in una trasmissione trash, Matteo Renzi ha annunciato che se diventerà segretario pretenderà disciplina da chi sarà in minoranza. Troppo facile osservare che pretende un comportamento che in questi due anni, appoggiato da poteri mediatici imponenti, Renzi non ha garantito. In televisione, quasi ogni sera, i fan e le adoratrici del Sindaco di Firenze, usano un “noi” che si riferisce non al Partito Democratico ma al Partito personale di Renzi che ha celebrato il suo Congresso senza simboli alla Leopolda. Ancora in queste ore, sul caso Cancellieri, si assiste alla tipica doppiezza, di vecchia scuola dorotea, di tirare il sasso e di ritirare la mano.
Ciò che conta, tuttavia, non è quello che è stato, e quanto il PD abbia passivamente tollerato un vero e proprio partito nel partito. Ma quanto Renzi ora vorrebbe imporre. Obbedienza al Capo e disciplina. Una delle ragioni principali per cui sostengo Gianni Cuperlo, ragione che scaturisce dall’ età e dall’ esperienza, (ne ho viste tante, e ho combattuto a viso aperto le posizioni moderate che si sono imposte prima nei DS e poi col PD, subalterne al credo liberista), è il fatto che sono certo che se Cuperlo diventa segretario il PD, come tutti i partiti socialisti europei, e come i democratici americani -nel quale convivono liberisti e trotskisti, liberal e moderati- sarà un partito plurale. Plurale, non un bazar confuso. Nel quale in Parlamento, salvo i casi di coscienza, si vota in modo comune (a differenza dallo spettacolo vergognoso fornito nei giorni dell’elezione del Presidente della Repubblica) dopo aver discusso e votato nei gruppi parlamentari, e si difende l’orgoglio e l’onore del Partito. Ma nel quale vivrà una sinistra sociale, plurale, organizzata, capace di avanzare proposte e idee concrete, come quelle che hanno fatto vincere a New York City Bill De Blasio, agli antipodi dei tardo-blairiani in salsa nostrana che vogliono colpire le pensioni, contrapporre i giovani agli anziani, liberarsi dai sindacati e dai corpi intermedi, lasciare mano libera al mercato. Questa sinistra sociale, con Cuperlo segretario, collaborerà per imporre una rapida svolta a sinistra del Governo, oppure chiederà’ di girare pagina e di tornare al voto. Ma questa sinistra sociale, è bene che chi invoca preventivamente obbedienza lo sappia, sarà organizzata, forte, visibile anche se Renzi diventa segretario.
Un conto sono gli errori gravi, e anche gravissimi, fatti da una sinistra che ha rinunciato a sé stessa negli anni del pensiero unico liberista. Un altro conto è immaginare che in questo Paese si possa vivere senza un’autonomia politica, culturale, finanziaria della sinistra. Non è che, dopo vent’anni di partito-impresa di Silvio Berlusconi, vogliamo ora aprire altri vent’anni di un partito-impresa di Carlo De Benedetti e del gruppo Repubblica.
Pietro Folena
L’altra sera, in una trasmissione trash, Matteo Renzi ha annunciato che se diventerà segretario pretenderà disciplina da chi sarà in minoranza. Troppo facile osservare che pretende un comportamento che in questi due anni, appoggiato da poteri mediatici imponenti, Renzi non ha garantito. In televisione, quasi ogni sera, i fan e le adoratrici del Sindaco di Firenze, usano un “noi” che si riferisce non al Partito Democratico ma al Partito personale di Renzi che ha celebrato il suo Congresso senza simboli alla Leopolda. Ancora in queste ore, sul caso Cancellieri, si assiste alla tipica doppiezza, di vecchia scuola dorotea, di tirare il sasso e di ritirare la mano. (continua…)
5 Commenti »
E alla fine, come in una favola, il buon Matteo tornò democristiano. Lo scrivo senza spocchia, e con grande rispetto per la storia di un grande partito popolare. L’innovatore, il rivoluzionario, il rottamatore nel voto dei circoli del PD non conquista i ceti urbani e le aree dinamiche: ma ottiene risultati bulgari in aree più tradizionali, accompagnati da un massiccio schieramento di pezzi dei vecchi sistemi di potere per lui. Non parlo solo delle tessere fatte a pacchetti nelle settimane passate: ma di un profumo di anticomunismo, inconfondibile, che fu la leva fondamentale della vittoria del centrodestra nel 94, e che oggi viene agitato nel PD. (continua…)
9 Commenti »
Tutto ci si poteva aspettare, ma non l’ondata di polemiche, da Beppe Fioroni a Pierluigi Castagnetti a Enrico Gasbarra, per l’enfasi con cui da Guglielmo Epifani è stato annunciato il prossimo Congresso del Partito del Socialismo Europeo a Roma, nella prossima primavera. Sinceramente il percorso segnato prima dalla costituzione del Gruppo al Parlamento Europeo dei Socialisti e dei Democratici, e poi dall’apertura operata dalla più antica forza della sinistra europea, la SPD, verso un’alleanza dei progressisti, sembravano rendere del tutto naturale -anche se tardivo e un po’ obtorto collo- l’ingresso a pieno titolo del Partito Democratico nel PSE. Centinaia di circoli si sono espressi ancora in questi giorni, malgrado le ingessature correntizie del Congresso, in questo senso, come proposto da un ordine del giorno presentato dal Laboratorio Politico per la Sinistra e come suggerito dalla Costituente delle Idee che abbiamo promosso con Vannino Chiti, Cesare Damiano, Mimmo Lucà. (continua…)
Commenti disabilitati
Quando mi sono iscritto alla FGCI -non venivo da una famiglia comunista, e i miei fratelli erano più a sinistra del PCI-, ho cercato l’indirizzo sull’elenco telefonico e, col cuore in gola, ho suonato al campanello. Sono entrato in una comunità, una specie di famiglia, che ha accompagnato una parte importante della mia vita. Ci emozionava il Gramsci dell’Ordine Nuovo: “Agitatevi, perché avremo bisogno di tutto il vostro entusiasmo. Organizzatevi, perché avremo bisogno di tutta la vostra forza. Studiate, perché avremo bisogno di tutta la vostra intelligenza”.La mia è l’esperienza di tante di tanti: che sentivano e vivevano l’iscrizione come un atto importante della propria vita, una scelta libera, di parte, impegnativa. Ancora con dolore lacerante ho lasciato la tessera dei DS quando è stata fatta la scelta del PD; così come la tessera del PD, dopo anni vani di ricerca di strade nuove, l’ho fatta non a cuor leggero, pensando che -come oggi può succedere- questo debba diventare il nuovo grande partito della sinistra plurale. (continua…)
7 Commenti »
P { margin-bottom: 0.21cm; direction: ltr; color: rgb(0, 0, 0); widows: 2; orphans: 2; }
Qui di seguito le mie conclusioni al convegno “la Costituente delle idee” del 21 giugno scorso
Se dovessi dire quale è il tratto comune che mette insieme esperienze e storie diverse come quelle che hanno promosso questo incontro, questo tratto è una grande febbre: una preoccupazione gigantesca per il fatto che per la prima volta nella storia della Repubblica noi, che affondiamo le nostre radici nella lotta partigiana, nell’antifascismo, nella Costituzione della Repubblica italiana ( e Dio solo sa quanto va difesa), vediamo proprio il popolo, quel lavoro dell’art.1, che non ha rappresentanza, o non sente di essere pienamente rappresentato dalla politica così come è oggi; e soprattutto dalla forza dei democratici che lì ha la ragione della sua esistenza. Questo è il nostro comune grande cruccio.
Quando tu perdi nei quartieri popolari di tutte le città, quando in quegli stessi quartieri poi non si vota alle amministrative, quando lì l’astensionismo è di gran lunga il primo partito, si apre una ferita profonda nella democrazia. Non sono fatti nuovi, non sono fatti nati solo ora o da imputare solo a responsabilità degli ultimi anni: sono fatti molto profondi. Ma mai lo scollamento è diventato così acuto, così grande, con il rischio che la democrazia sia vissuta come un fatto negativo, con il rischio che il risentimento sociale nei confronti delle classi dirigenti e di chi fa politica e degli intellettuali, sia il tratto dominante di quel che noi poi, con scorciatoie che un po’ giustificano noi stessi, chiamiamo populismo. Dietro a questa parola consolatoria c’è altro: c’è solitudine, c’è disperazione, c’è povertà, c’è disoccupazione, ci sono gli esodati e chi si vede allontanare o sconvolgere all’improvviso tutte le proprie prospettive di vita. E così il mutuo, o il sostegno ai propri figli che devono affermarsi diventano impossibili. Ma andiamo al di là di questa narrazione. (continua…)
Commenti disabilitati
P { margin-bottom: 0.21cm; }
C’è solo da sperare che il gran caldo sciolga il durissimo dibattito sulle regole che agita il Partito Democratico. Sono all’opera stuoli di professionisti dello statuto e di appassionati dei codicilli. Piacerebbe di più vedere all’opera con lo stesso slancio i capicorrente e i capicordata, di vecchie e di nuove generazioni, rock o pop, old o trendy, con l’obiettivo di dare un’anima a questo Partito, un programma fondamentale, un “quid”.
So bene quanto le regole siano importanti, e quanto della loro violazione o del loro stravolgimento si facciano scudo quelli che pensano di avere le idee della forza , ma non hanno la forza delle idee. Ma possibile che in questi giorni, in un’estate tanto difficile per milioni e milioni di italiani, nell’attesa della sentenza della Cassazione per il processo Mediaset, il PD, forza di governo nazionale, nella maggioranza delle Regioni, nella stragrande maggioranza degli Enti Locali, non senta il bisogno di dare un messaggio di speranza e di fiducia agli italiani?
A mio avviso bisognerebbe dire con semplicità, in questo fine luglio, tre cose.
La prima è che il Governo presieduto da Enrico Letta deve cambiare passo sul lavoro, su un’idea di sviluppo “green” legato alla cultura, al turismo, all’agroalimentare, sul sociale, per affrontare in modo attrezzato un autunno che si annuncia duro, malgrado i timidi segni di ripresa raccontati in queste ore da Prometeia. Ci si aspetta che il PD ogni giorno dica lavoro, lavoro, lavoro, rispetto all’ossessione dell’Imu abolita anche ai ricchi che propone la destra.
La seconda cosa che bisognerebbe dire è che questa fase politica straordinaria e, speriamo breve, deve subito mettere in sicurezza la democrazia con una legge elettorale che cancelli il Porcellum; e che mai, e poi mai si può procedere a governare in una condizione obbligata dai problemi interni alla destra. La fine di questo Governo dovrebbe avvenire un minuto dopo il riproporsi di pesanti tentativi di condizionamento, legati prevalentemente alle vicende giudiziarie di Silvio Berlusconi. (continua…)
Commenti disabilitati
P { margin-bottom: 0.21cm; }
La navigazione a vista del Governo Letta prosegue, fra mille ostacoli. Il topolino partorito sul lavoro, forse senza alternative, in assenza di risorse, si accompagna con la sospensione dell’aumento dell’IVA, per tre mesi, nelle ore in cui il Partito Democratico, e poi la maggioranza, sospendono anche l’autorizzazione all’acquisto degli F35. Questo oggi passa il convento.
E’ evidente la sproporzione tra Piazza San Giovanni, sabato scorso, e il vuoto di rappresentanza politica che oggi ha il lavoro nelle sue diverse forme, con le brucianti domande di sicurezza e di garanzie che propone. Così come sono sotto gli occhi di tutti gli strettissimi margini europei e interni di azione della “strana” maggioranza e del Governo. Sui margini europei, vedremo se il vertice europeo produrrà qualche risultato più consistente del previsto. Non nascondo un certo scetticismo. Mi permetto di suggerire ad Enrico Letta di avviare contestualmente una forte iniziativa coordinata dell’Europa meridionale e mediterranea, che ponga il problema alla Germania e ai paesi del Nord Europa di fare nel Mediterraneo un’operazione analoga a quella che dopo l’89 si fece verso l’Est europeo. Un altro ciclo economico italiano di crescita sostenibile è infatti ipotizzabile solo se il motore dello sviluppo in questa parte del mondo sarà a cavallo tra l’Europa, l’Africa e l’Asia. Si tratta di liberare risorse europee e nazionali, oltre i vincoli dell’austerità, per questo progetto che è anche un interesse tedesco e nordeuropeo. (continua…)
1 Commento »
Di seguito la mia relazione al seminario di ieri presso la Direzione del Pd, promosso dal Laboratorio Politico per la Sinistra, da Lavoro e Welfare, da Politica e Società, dai Cristiano Sociali e dalla Fondazione Bruno Buozzi
Con il ballottaggio a Roma e in tutte le altre città non solo si è giocato il destino di comunità territoriali, ma si è verificata la vitalità di un’idea di centrosinistra, in un quadro bipolare, che ha profondamente segnato l’Italia, non solo negli ultimi vent’anni, e che oggi si misura col governo “strano” col centrodestra.
Avviamo oggi una discussione che coinvolge associazioni espressioni di un pluralismo di idee. Già questa è una buona notizia, in un periodo in cui la frammentazione correntizia e micro-correntizia è divenuta patologica. La presentazione di un ordine del giorno all’ultima Direzione, sottoscritto da esponenti di aree diverse, che proponeva prima della scelta del segretario una Costituente delle idee, è un fatto importante. Non abbiamo una visione negativa di una forza plurale, in cui si organizzano tendenze e correnti di pensiero, in forme democratiche e trasparenti. Chi promuove questa discussione, e propone che nei prossimi giorni la proseguiamo in forma pubblica -l’idea è il 21 giugno-, ha sostenuto candidati diversi all’ultimo Congresso e fatto parte di aree differenti, oppure -come chi parla- solo più recentemente si è avvicinato al Partito Democratico, o ancora come tanta sinistra diffusa che, senza essere entrata nel Pd,ma avendolo votato, vorrebbe ora contribuire in prima persona a un corso nuovo.
Vogliamo verificare se esistano le condizioni perché, attorno alle idee di una rottura col paradigma neo-liberista che ha dominato negli ultimi vent’anni, condizionando e talvolta plasmando l’azione delle forze progressiste, e a quelle della centralità del lavoro, di idealità socialiste, ambientaliste e dei beni comuni, di ispirazione cristiano sociale, si possa pensare a un “programma fondamentale” del Partito Democratico, che ne ridefinisca natura, missione, forma organizzata.
Un programma fondamentale e due no
Il riferimento al Congresso rifondativo della SPD a Bad Godesberg non è casuale. Allora la socialdemocrazia tedesca abbandonava dogmi marxisti, ed elaborava una strategia riformistica che la avrebbe portato a grandi successi. Oggi l’operazione che va fatta è rovescia, e non riguarda solo il PD, ma anche le forze politiche progressiste che hanno contribuito alla sua fondazione. Si tratta di abbandonare i dogmi neo-liberisti e la religione del Mercato Assoluto, non per tornare a vecchi orizzonti novecenteschi, ma per immaginare quello che alcuni di noi hanno chiamato un “neo-riformismo”, distinto e distante dal riformismo dell’età neo-liberista. Il tema cruciale che ora si apre è quello del Partito, di cosa sia, nell’era digitale, un grande partito popolare di sinistra nella società.
Il tema oggi è quindi quello del “programma fondamentale” del PD, a partire dalla nostra aggettivazione, democratico, e dal suo contenuto semantico, dalla potenzialità inespressa, in tutti i i campi, di un’idea pienamente democratica, di socializzazione del kratos e della politica. (continua…)
Commenti disabilitati
Enrico Letta, appassionato di Subbuteo (raccontano i giornali), con la sua calma serafica, di antica scuola democristiana, ha compiuto in questi giorni un doppio passo tanto inaspettato quanto spettacolare. Prima si è dichiarato favorevole al presidenzialismo (semi, intero, in salsa italiana: ancora non si capisce), plaudito dalla destra di governo e soprattutto dalla folta e trasversale lobby di Vedrò -la fondazione del premier- presente al Governo. Si è inteso per un attimo quale intendimento profondo abbia Letta, e quale riscrittura della dialettica nel Partito Democratico e nel sistema politico voglia proporre dalla poltrona di Palazzo Chigi.
Poi, e in un certo senso l’uscita è ancora più sorprendente, Letta ha annunciato per la prima volta l’idea che il suo è un Governo per cinque anni, per tutta la legislatura. Ma come? Non era emergenza? Eccezionalità? Convergenza temporanea ed obbligata per fare alcune riforme, fra avversari che presto sarebbero tornati a combattersi, esattamente come in queste ore si sta facendo senza esclusione di colpi fra Ignazio Marino e Gianni Alemanno? No. Avevamo capito male. Se non si faranno le riforme in questi diciotto mesi, Letta si dimetterà, ma se si faranno, il Governo durerà cinque anni. Un incubo. (continua…)
3 Commenti »
|